Sfrattati dal Tav. Viaggio nei boschi e nelle case di Vicenza che dovranno lasciare il posto ai cantieri. Gli attivisti: “Dramma ecologico e umano”

  • Postato il 5 luglio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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I boschi di Ca’ Alte e Lanerossi rischiano di sparire per sempre. I due polmoni verdi di Vicenza dovranno lasciare il posto ai cantieri dovranno lasciare il posto ai cantieri del secondo lotto della linea ferroviaria Verona-Padova. Ma prima dovranno essere sgomberate. Già, perché un anno fa un gruppo di cittadini le ha occupate per provare a difenderle dal Tav. “Sei chilometri di ferrovia, ma anche trenta chilometri di nuove strade all’incirca – spiega Marco, militante del centro sociale Bocciodromo, anch’esso a rischio sgombero – per questo non si può parlare solo di un progetto ferroviario ma di una cementificazione della città”.

I cantieri della grande opera dovranno sorgeranno su un’area di 177mila metri quadri, pari a 25 stadi da calcio. “Saranno abbattute 50metri quadri metri di aree verdi” spiegano le attiviste e gli attivisti dell’assemblea “I Boschi che resistono”. A rischio sono infatti due dei più importanti polmoni verdi della città. Il bosco Ca’ Alte e il bosco Lanerossi. “Questi boschi sono importanti perché ogni anno sequestrano dall’atmosfera 32 chili di polveri sottili, producono più di tre tonnellate di ossigeno e tolgono più di una tonnellata di anidride carbonica – spiega una delle attiviste – senza considerare che senza questi boschi, avremo un aumento del calore in tutta quest’area”.

E così un anno fa un gruppo di cittadine e cittadini ha deciso di togliere le reti della pre cantierizzazione per restituire i boschi alla città. Una comunità eterogenea: pensionati, militanti dei centri sociali, studentesse. In tanti sono pronti a difendere gli alberi dalle ruspe. “Non lo faccio per me ma per i miei nipoti e per il loro futuro. Spero di lasciare loro un mondo migliore” racconta una pensionata. In tanti proveranno a resistere allo sgombero nei prossimi giorni. Ognuno come può, ognuno secondo le proprie possibilità. E c’è chi è pronto a salire sugli alberi per “provare a resistere il più a lungo possibile. “Siamo prontissimi a difendere i boschi anche alla nostra età, perché qui è una devastazione che durerà per decenni – racconta Susi – siamo di fronte a un dramma non solo ecologico, ma anche umano”.

Non solo alberi, anche numerosi palazzi dovranno essere distrutti per lasciare posto ai cantieri del Tav. Duecento famiglie “sfrattate dal Tav” che in questi mesi stanno lasciando le loro case. Basta salire le scale dei palazzi che saranno abbattuti per rendersene conto. Nell’androne regna il silenzio. Le porte sono chiuse con il nastro adesivo. L’ascensore è fuori servizio. “È una cosa scandalosa perché vivevamo tranquilli, pagavamo l’affitto ma dall’oggi al domani abbiamo ricevuto la lettera che ci diceva che dovevamo andarcene” ricorda Abderrahim che abita in una delle palazzine che saranno abbattute. Ma non è facile trovare una sistemazione alternativa in una città dove i prezzi delle case sono alti a causa anche della presenza di un alto numero di americani che gravitano attorno alla base militare. “Oggi un operaio con uno stipendio da 1600 euro, ma anche 2000 euro, con famiglia fa fatica a trovare un’alternativa” racconta Abderrahim. La legge sugli espropri tutela infatti i proprietari di casa ma non gli affittuari che sono costretti a tornare a cercare in un mercato degli affitti sempre più difficile, anche per il ceto medio. Ma a Vicenza, dopo mesi di lotte e trattative con le istituzioni condotte dal sindacato Adl Cobas, si è riusciti a trovare una soluzione alternativa. “Fin da subito abbiamo detto che nessuno sarebbe dovuto lasciare la casa senza avere un tetto dove stare” spiega al Fatto.it Teo Molin Fop, di Adl Cobas Vicenza. Ma il timore per il futuro rimane. “Nei prossimi anni, secondo il progetto, dovranno essere abbattuti molti più edifici nella zona est verso Padova per completare la grande opera – riflette Molin Fop – rischiamo di trovarci in una situazione abitativa di proporzioni più grandi. E questa è la dimostrazione che queste grandi opere non portano solo disagi ambientali, ma anche sociali”.

Un allarme che sembra essere condiviso anche dalle centinaia di persone che martedì 1 luglio hanno marciato per le vie di Vicenza. “I boschi sono sotto sgombero, la settimana prossima arrivano le ruspe per i cantieri – hanno detto gli attivisti – difendiamoli tutti insieme con la dignità di una città che vuole la democrazia e vuole essere ascoltata”.

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Il Fatto Quotidiano

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