Sesta generazione, ecco perché lo Scaf rischia di fare la fine dell’Eurofighter

  • Postato il 8 luglio 2025
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Certi programmi non ingranano, fanno dei giri immensi e poi si arenano lo stesso. Questo appare il destino dello Scaf (Système de combat aérien du futur), il programma franco-tedesco-spagnolo per sviluppare un sistema di combattimento aereo di sesta generazione. Dassault Aviation (prime contractor dello Scaf per la Francia) ha rivelato, per bocca del suo ceo, Eric Trappier, che la governance del programma continua a rappresentare un problema. Stavolta, il pomo della discordia è rappresentato dal primo pilastro del programma, vale a dire il progetto core del caccia Ngf (New generation fighter) che costituirà il nucleo del sistema di sistemi.

Dassault, cui è stato riconosciuto il ruolo di capofila in questo segmento del programma, lamenta di non riuscire a esercitare una vera leadership progettuale. Colpa, a suo dire, di una governance troppo vincolante, in cui ogni decisione tecnica finisce impantanata in logiche di equilibrio politico tra le tre nazioni coinvolte. Nelle parole di Trappier, “non siamo padroni del nostro progetto. Abbiamo un consorzio che blocca molte decisioni”.

Della cordata dell’Ngf fanno parte anche Airbus Deutschland e Airbus España che, pur essendo ufficialmente due entità distinte, rappresentano in realtà le componenti tedesca e spagnola di un unico gruppo industriale. Questa particolarità conferisce ad Airbus un peso complessivo significativo all’interno del programma, ma al contempo genera dinamiche complesse nel processo decisionale.

Il ceo di Dassault ha infatti voluto sottolineare che il problema non è la mancanza di fondi, ma proprio la struttura del progetto: “Se non possiamo guidare l’Ngf, non possiamo andare avanti. Non è un problema di soldi, ma di governance”. Lo stesso Trappier non esclude che, a questo punto, il progetto possa addirittura fermarsi se non si trovano soluzioni condivise. “Il rischio c’è, è reale,” ha detto, “se non riusciamo a sbloccare questa situazione, non vedo come potremo procedere oltre”.

Di qui la puntata in avanti di Dassault, che adesso mira a gestire l’80% del pilastro Ngf. Come ha spiegato Trappier, “Dassault Aviation vorrebbe gestire l’80% dell’Ngf, perché è il cuore del programma, mentre il resto sarebbe condiviso tra Airbus e gli altri partner”. 

Le reazioni dei partner

Reazioni energiche da parte dei partner, in particolare da Berlino, che esprime una chiara resistenza a qualsiasi revisione che possa ridurre la sua quota o il proprio controllo sul progetto. Il deputato socialdemocratico, nonché membro della commissione Difesa, al Bundestag Christoph Schmid ha dichiarato: “Se questa richiesta venisse accolta, rinunceremmo a troppa indipendenza e sovranità, e finiremmo per finanziare un progetto francese con fondi tedeschi”. 

La tensione sarebbe salita a un livello tale che Thomas Pretzl, presidente del comitato aziendale di Airbus Defence and Space in Germania, è arrivato a mettere in dubbio la stessa leadership di Dassault nel progetto. “Una partnership si basa sulla cooperazione, non sulla concorrenza”, ha affermato. “Ci sono partner più interessanti e adatti in Europa”, ha poi aggiunto, senza però indicare quali.

Scaf rallenta, Gcap avanza

Mentre lo Scaf va incontro all’ennesimo impasse, il concorrente anglo-italo-nipponico Gcap non potrebbe godere di salute migliore. La formula paritaria stipulata tra BAE Systems, Leonardo e Mitsubishi heavy industries (che prevede una ripartizione al 33% per ogni partner) ha permesso infatti di evitare sin dall’inizio l’emergere di rivalità interne al programma, nonché di stabilire una timeline chiara dei lavori. In più, la costituzione della joint venture Edgewing ha permesso di inquadrare un unico soggetto responsabile per la fase progettuale, contribuendo ulteriormente ad evitare che dinamiche analoghe a quelle dello Scaf rallentino lo sviluppo del Gcap.

Sempre il ceo di Dassault Aviation ha ammesso di non aver ancora discusso con i partner circa un nuovo modello di collaborazione più funzionale. Eppure, basterebbe volgere lo sguardo oltralpe per avere un esempio di cooperazione che impara dalle criticità del passato. Quello che già comincia a essere chiamato “Modello Gcap”, forse proprio in virtù della sua semplicità, potrebbe presto rappresentare un punto di riferimento per tutti gli attori industriali continentali, che peraltro proprio in questi mesi hanno capito la necessità di un maggiore coordinamento a livello europeo. Forse, il vero problema per Parigi è proprio l’idea di condividere equamente oneri e onori. D’altronde, non sarebbe la prima volta che il protagonismo francese si mette di traverso in un programma multinazionale. Che lo Scaf sia destinato (almeno dal lato francese) a fare la fine dell’Eurofighter?

Autore
Formiche

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