Serena Rossi si prepara a stregare la Calabria con “SereNata a Napoli”
- Postato il 4 agosto 2025
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Serena Rossi si prepara a stregare la Calabria con “SereNata a Napoli”
Serena Rossi si prepara a stregare la Calabria con “SereNata a Napoli”, in scena il 5 agosto al Parco Archeologico Nazionale di Scolacium, a Roccelletta di Borgia. In un’intervista carica di emozione, l’artista ci ha raccontato Napoli – la sua Napoli – come si narra un amore eterno, capace di brillare anche nelle notti più oscure; una città che sa farsi musica, sogno e destino.
ROCCELLETTA DI BORGIA (CATANZARO) – Dopo aver toccato il cuore del Belpaese con una tournée primaverile da tutto esaurito, “SereNata a Napoli”, prodotto da Agata Produzioni e Savà Produzioni Creative, si prepara a stregare anche la Calabria. Martedì 5 agosto (ore 22), il Parco Archeologico Nazionale di Scolacium, a Roccelletta di Borgia (Catanzaro), diventerà teatro di un incantesimo: Serena Rossi, con la sua voce vellutata e l’anima colma di amore per la sua terra, offrirà al pubblico un viaggio lirico e struggente nell’anima di Napoli. Una vera e propria dichiarazione d’amore sospesa tra leggenda e memoria, tra il profumo dei vicoli e l’eco del mare. Serena Rossi si fa portavoce di una creatura indomita che canta, ride, piange con grande intensità. Sul palco, parole e note si intrecceranno come due amanti al chiaro di luna.
Con la regia di Maria Cristina Redini, l’artista sarà accompagnata da sei musicisti, guidati dal maestro Valeriano Chiaravalle, per dipingere sotto il bagliore delle stelle una Napoli che non si narra con la cronaca, ma si svela nella poesia; una città che non si spiega, si sente. Dagli antichi miti della sirena Partenope alle nenie che continuano a cullare intere generazioni, dai suoni delle feste popolari alle preghiere sussurrate nei vicoli, ogni brano è una finestra aperta sull’essenza di un popolo.
Promosso da L’Altro Teatro e Armonie d’Arte Festival, lo spettacolo si preannuncia come un abbraccio melodioso, una promessa sussurrata e una preghiera intonata sotto il cielo d’estate. A pochi giorni dalla tappa calabrese, abbiamo intervistato Serena Rossi. Con una voce carica di emozione, ci ha raccontato Napoli – la sua Napoli – come si narra un amore eterno, capace di brillare anche nelle notti più oscure; una città che sa farsi musica, sogno e destino.
Serena Rossi, “SereNata a Napoli” è il primo spettacolo teatrale ideato da lei: cosa l’ha spinta a compiere questo passo proprio adesso?
«Era un progetto che avevo nel cuore da anni, ma rimandavo perché sentivo che non era mai il momento giusto. Ero impegnata con il cinema e la televisione, e tutto sembrava andare in un’altra direzione. Quando abbiamo aperto una società di produzione con Davide, le persone intorno a me mi dicevano che questo sarebbe stato il momento perfetto per portare uno spettacolo a teatro. Così ho detto ai ragazzi: ce l’ho. Finalmente, era arrivato il momento di realizzarlo. È iniziato tutto circa un anno fa: abbiamo iniziato a buttare giù le idee, fantasticare e lavorare. Anche se ero impegnata in altri progetti, il mio cuore era sempre concentrato sul desiderio di raccontare la mia città, la sua musica, la sua storia. Doveva succedere!».
“SereNata a Napoli”: un gioco di parole tra il suo nome, la serenata e il suo legame con la città partenopea. Ci racconta come è nato questo titolo?
«L’idea della “N” maiuscola all’interno di Serenata è venuta dalla nostra coproduttrice. Cercavamo un escamotage narrativo, perché non volevamo fare un semplice concerto, ma raccontare una storia con un filo conduttore. Così abbiamo identificato Napoli con la sirena Partenope, quella che si lasciò morire d’amore perché Ulisse non ricambiava i suoi sentimenti. Noi proviamo a risvegliare questa sirena per farle capire che non vale la pena morire d’amore, tanto meno per Ulisse. E lo facciamo attraverso una serenata – e io mi chiamo Serena, quindi tornava tutto perfettamente.
È un gioco di parole e di musica che attraversa pagine dolorose, come quelle della guerra e dell’emigrazione, e momenti folkloristici come le feste popolari. Ho voluto creare delle montagne russe emotive, per sorprendere sempre lo spettatore senza abituarlo a un’unica emozione, ma voltare pagina di continuo: farlo ridere, poi piangere. Il ritmo è incalzante, sia nella scrittura che nella scelta musicale. Dopo un’intera notte a cantare, dovremmo riuscire a svegliare questa sirena».
Napoli è femmina, sirena, Partenope: perché questa figura mitologica la rappresenta così tanto?
«È misteriosa e orgogliosa, proprio come me».
Serena Rossi, qual è l’immagine di Napoli che desidera regalare a chi assisterà al suo spettacolo?
«Voglio offrire un’immagine sincera, innamorata, ironica. Racconto la mia verità. Mi emoziona quando il pubblico mi confessa che, pur avendo ascoltato molte volte queste canzoni, non si era mai soffermato davvero sul testo. Per esempio, mi dicono di aver capito cosa c’è dietro “Reginella” o la “Tammurriata Nera”. Ci sono anche tanti aneddoti. Con grande amore, ironizzo sull’eccessiva drammaticità del napoletano. Siamo molto teatrali nelle nostre emozioni, nel bene e nel male».
Nello spettacolo racconti e musica sono “stretti come amanti”. Come ha costruito questo intreccio?
«Ho scelto tematiche che, a mio parere, sono imprescindibili per raccontare Napoli, disponendole anche in ordine storico. Da lì abbiamo selezionato le canzoni che potessero accompagnare ogni tema: l’emigrazione e la necessità disperata di lasciare la propria casa; la festa, con i suoi eccessi e il modo unico di viverla a Napoli; una pagina più oscura legata alla malavita; il periodo della Seconda Guerra Mondiale e la successiva rinascita, segnata da iniziative di solidarietà come i treni della felicità».
Serena Rossi, qual è la canzone della sua infanzia che non poteva mancare in questa serenata?
«“Santa Lucia Luntana”, una canzone che parla degli emigrati e che ho amato sin da bambina, grazie alla stupenda versione di Massimo Ranieri. Io e mia sorella siamo da sempre sue grandi fan».
Qual è l’emozione più forte che spera di far provare al pubblico?
«Spero di far provare tante emozioni, tutte diverse e una dietro l’altra. Questa è la mia sfida!»
Un aneddoto che l’ha colpita durante la tournée?
«Continuo a meravigliarmi ogni sera, quando vedo 2.700 persone che hanno acquistato il biglietto, si sono preparate, sono partite in auto e sono arrivate a teatro, anche in location difficilmente raggiungibili. Mi sorprende tutto questo amore che mi arriva e che, a fine spettacolo, si traduce in parole bellissime. Le persone si rivolgono a me con affetto, come se fossi una loro amica. Il mio pubblico non ha paura di mostrare i propri sentimenti, si sente accolto e libero di farlo, anche grazie all’empatia che emerge dai personaggi che interpreto».
Serena Rossi, ha qualche rito scaramantico prima di salire sul palco?
«Assolutamente sì! Inizio a truccarmi verso le 19.30 e alle 20.30 riscaldo la voce. A un quarto d’ora dall’inizio metto il microfono. Prima di entrare in scena non manca mai “merda, merda, merda”. Poi inizio a urlare come una pazza “Andiamo a fare l’amore!”, perché per me fare teatro è come fare l’amore».
Un consiglio ai giovani?
«Lavorare sodo, senza rincorrere il successo. Concentrarsi su sé stessi, farsi domande, crescere con consapevolezza. E farlo solo se c’è una passione autentica. È un cammino lungo, ma se si semina bene, con pazienza e solidità, si può costruire qualcosa di grande».
Dopo “SereNata”, quali sono i suoi prossimi progetti?
«A ottobre tornerò sul set per una nuova serie, di cui per ora non posso svelare nulla. Poi, tornerò a teatro. Ho già diversi progetti in cantiere».
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Serena Rossi si prepara a stregare la Calabria con “SereNata a Napoli”