Separazione tra giudici e pm, sorteggio del Csm e Alta Corte disciplinare: cosa c’è nella riforma approvata in Parlamento

  • Postato il 30 ottobre 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, sorteggio dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura e istituzione di un’Alta Corte disciplinare, che sanzionerà i magistrati per i loro illeciti professionali al posto dello stesso Csm. Sono i tre pilastri della riforma costituzionale della giustizia, varata dal governo il 29 maggio del 2024 e approvata in via definitiva in Parlamento un anno e quattro mesi più tardi, con due letture successive alla Camera e al Senato, senza modificare nemmeno una virgola rispetto al testo uscito dal Consiglio dei ministri. Non avendo raggiunto la maggioranza dei due terzi alla seconda votazione, per entrare in vigore il ddl dovrà passare per un referendum confermativo, che si terrà la prossima primavera.

Separazione delle carriere e dei Csm – Il principio delle “distinte carriere” di giudici e pm viene introdotto in Costituzione (all’articolo 102) ma resta in gran parte sulla carta: saranno le norme sull’ordinamento giudiziario a doverlo regolare nei dettagli quando e se la riforma sarà legge, ad esempio specificando se il concorso resterà unico o si sdoppierà. Fin d’ora, invece, si prevede lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura: gli organi di autogoverno diventeranno due, uno per le toghe giudicanti e uno per quelle requirenti, entrambi presieduti, come ora, dal presidente della Repubblica. Ne faranno parte rispettivamente il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione, attualmente membri di diritto dell’unico Csm. Il numero dei componenti non è stabilito, ma la proporzione tra i membri “togati” e “laici” resterà identica: due terzi di magistrati, un terzo di professori o avvocati scelti dal Parlamento.

Sorteggio dei togati del Csm – A essere rivoluzionato, invece, è il metodo di selezione dei futuri Csm: i componenti magistrati, infatti, non saranno più eletti dai colleghi ma selezionati tramite sorteggio all’interno di una platea ristretta, ancora da definire (si parla delle toghe con almeno vent’anni di carriera alle spalle). La soluzione del sorteggio è storicamente invocata da una parte della politica (e anche da alcuni magistrati) per neutralizzare il potere delle correnti, i “partiti” della magistratura, venuto a galla con lo scandalo Palamara. In teoria la riforma prevede il sorteggio anche per i laici, ma si tratta di poco più che un’illusione: l’estrazione infatti avverrà nell’ambito di un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune “entro sei mesi dall’insediamento”. Di questo elenco però non si specifica la consistenza numerica, che potrà essere di poco superiore (addirittura identica) al numero di posti da coprire. Di fatto quindi la politica – a differenza della magistratura – continuerà a scegliere in qualche modo i propri rappresentanti al Csm.

Alta Corte disciplinare – La funzione disciplinare nei confronti dei magistrati passa dal Csm a un nuovo organismo, l’”Alta corte disciplinare“, composta da 15 giudici, sei laici e nove togati. Tra i primi, tre saranno nominati dal presidente della Repubblica tra accademici e avvocati d’esperienza, altri tre “estratti a sorte” da un elenco compilato dal Parlamento secondo lo stesso metodo previsto per i due consigli (quindi, di fatti, nominati). I giudici disciplinari togati, invece, saranno “sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti’anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità“, cioè di giudici o pm della Corte di Cassazione. I componenti dell’Alta corte durano in carica quattro anni (come quelli del Csm) e il loro incarico non può essere rinnovato. Un punto centrale della nuova disciplina riguarda i ricorsi: mentre ora le decisioni della Sezione disciplinare del Csm possono essere impugnate di fronte alle Sezioni unite della Cassazione (quindi a un giudice ordinario) contro le sentenze dell’Alta corte dovrà essere fatto appello alla stessa Alta corte, che deciderà in secondo grado con una composizione differente, “senza la partecipazione dei componenti” che hanno deciso in primo grado.

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