Se Meloni diventa “moderata”, il Pd si veste di destra: ora vengano allo scoperto

  • Postato il 30 luglio 2025
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di Giovanni Muraca

L’ha dipinto plasticamente Giacomo Salvini nel suo articolo sul Fatto Quotidiano di qualche giorno fa di come sta nascendo una “Nuova Giorgia”. Una premier che si scolla completamente dal suo passato. Non più la “Giorgia” che amava i suoi trascorsi “neri” o quella che omaggiava Putin: un cambio di pelle che la porta a dipingere la sua figura collocata in un futuro forse più “moderato”.

Sarà che il Time – nota testata britannica – l’ha messa davanti allo specchio dedicandole un articolo dal titolo “Where Giorgia Meloni is leading Europe” (dove Giorgia Meloni sta portando l’Europa) in cui la leader del primo partito d’Italia si è dovuta confrontare. “Non sono omofoba, non sono razzista, non sono fascista (…) Non sono tutto quello che dicono”. C’è forse una nuova Fiuggi suggellata dalla Union Jack?

Uscendo dalla “questione” londinese, tornando a casa nostra, si scopre che il Presidente del Senato, On. Ignazio La Russa, dopo l’aggressione di una coppia di israeliani all’autogrill di Lainate, conferma quanto tutto il mondo – ora – sta dicendo: un cessate il fuoco a Gaza. Argomento che trova la quasi totalità della maggioranza – e non solo – d’accordo e che finalmente, forse, si arriverà a chiamare il massacro in atto col proprio nome. Se da una parte Giorgia Meloni grazie al Time si è illuminata sulla via britannica, dall’altra assistiamo a uno spettacolo raccapricciante a firma Pd.

Come già detto da molte autorevoli firme del giornalismo, le elezioni europee sono state per Elly Schlein un modo per venire allo scoperto.
Tolta la sua inutile auto-candidatura (per non essere poi mai presente al Parlamento), anche i suoi compagni di viaggio ora sono divenuti “europarlamentari” dopo le carriere che hanno svolto come governatori una volta esauriti i loro mandati. L’Europa… Quella “cosa” che fino a qualche tempo fa tutto il partito di veltroniana memoria si stracciava le vesti cavalcando il “Manifesto di Ventotene”, quell’argomento di cui la nuova segretaria è fortemente sostenitrice tanto da farla diventare una sorta di “parcheggio” nel frattempo che si trovino nuovi incarichi agli eletti (vedi l’ex sindaco di Pesaro – Michele Ricci – che, salvo cambiamenti, sarà candidato alle prossime regionali delle Marche).

Non ci vogliamo chiedere se il tanto menzionato manifesto contenesse anche una sezione “parcheggio” o che i soldi dei contribuenti finanziassero le “Piazze per l’Europa”, rimaniamo in superficie guardando ciò che accade.

E quello che accade, è proprio l’ultimo sfregio a un continuo e sistematico massacro che, il 24 luglio 2025, ha visto muoversi 60 parlamentari europei scrivere a Kaja Kallas, alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, di prendere azioni concrete contro Israele. E qui l’occulto trova luce. Si vocifera che a non firmare l’appello siano state le quinte colonne renziane nei nomi di: Stefano Bonaccini, Giorgio Gori, Pina Picierno, Dario Nardella, lo stesso Matteo Ricci, Nicola Zingaretti, Irene Tinagli e Sandro Ruotolo.

Se da un canto Bonaccini – probabilmente per noi complottari – debba ancora digerire l’elezione di Elly Schlein alla segreteria (la quale oramai è solo appannaggio del primo), dall’altro, lo stesso Ricci dovrà risolvere la sua “arrabbiatura” per l’indagine in corso. Un’ “allergia” alle indagini che, anche col caso “Sala”, si respira anche da parte del centrosinistra.

Che il Pd non attenda tanto a fare una seconda e definitiva “Livorno 1921” indirizzando coloro che militavano al centro, a destinazione e terminare questo filone di messaggi contraddittori che aumentano l’astensione. E lo faccia velocemente perché l’opzione “Salis” che aleggia nell’aria viste le sue ultime dichiarazioni, si fa sempre più concreta. C’è però un problema: se l’esperienza ci ha insegnato qualcosa nel nostro paese è che fare nomi prima del tempo non porta bene, anzi, rischia di diventare un ramoscello di ulivo che si brucia per autocombustione. Meglio uscire allo scoperto alla fine.

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Il Fatto Quotidiano

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