Scoperte rocce misteriose su Marte, potrebbero custodire segni di vita microbica passata

  • Postato il 10 settembre 2025
  • Scienza
  • Di Blitz
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Un annuncio epocale è arrivato dalla NASA: il rover Perseverance, attivo dal 2020 sulla superficie marziana, ha individuato nel cratere Jezero delle formazioni rocciose dalla morfologia inusuale. Questi affioramenti, battezzati in maniera informale “leopard spots” (macchie di leopardo) e “poppy seeds” (semi di papavero), sono stati osservati nel 2024 in un antico letto fluviale, un luogo che miliardi di anni fa ospitava un lago.

Le rocce in questione appartengono a una categoria chiamata mudstone, sedimenti risalenti a circa 3,5 miliardi di anni fa. La loro peculiarità non è tanto l’aspetto esterno, quanto la composizione chimica. Secondo gli scienziati, queste strutture mostrano concentrazioni di minerali che potrebbero essere interpretate come tracce di antiche attività biologiche, in particolare microbiche.

Nonostante non sia possibile escludere un’origine puramente geologica, le caratteristiche soddisfano i criteri NASA per essere considerate “potenziali biofirme”: indizi che, senza fornire una prova definitiva, giustificano ulteriori indagini. Per confermare l’ipotesi biologica, tuttavia, sarà necessario riportare i campioni sulla Terra, dove potranno essere analizzati con strumenti di laboratorio di gran lunga più precisi rispetto a quelli trasportabili su un rover.

Biofirme: indizi di vita oltre la Terra

Il termine “biofirma” indica qualsiasi segnale che possa essere ricondotto all’esistenza passata o presente di vita. Può trattarsi di composti organici, minerali modificati da attività microbiche o strutture sedimentarie che ricordano processi biologici. Nella storia dell’esplorazione planetaria ci sono già stati annunci simili: basti pensare alla presunta fosfina su Venere o ad alcune molecole complesse rinvenute in meteoriti marziani, ipotesi poi ridimensionate.

Ciò che rende diversa la scoperta di Perseverance è il contesto geologico in cui è avvenuta. Jezero era un ambiente lacustre, ricco di acqua liquida e minerali argillosi: una combinazione che sulla Terra è considerata un “archivio naturale” della vita microbica. Le rocce esaminate contengono ferro, fosforo, zolfo e soprattutto carbonio organico, elementi centrali per i processi vitali come li conosciamo.

Non tutti concordano che si tratti di biofirme vere e proprie: la geochimica può produrre strutture molto simili. Ma come ha dichiarato Sean Duffy, amministratore facente funzioni della NASA, “questa è la prova più vicina mai ottenuta alla scoperta della vita su Marte”.

foto su marte
Scoperte rocce misteriose su Marte, potrebbero custodire segni di vita microbica passata (foto ANSA) – Blitz quotidiano

Scoperte precedenti e contributi italiani

Il lavoro di Perseverance non si limita a questa singola rivelazione. Già nel 2022 e nel 2024 il rover aveva raccolto indizi promettenti, come nel caso della roccia “Cheyava Falls”, che conteneva minerali suggestivi di antiche interazioni acqua-roccia. Inoltre, lo strumento Sherloc, anch’esso a bordo del rover, ha identificato idrocarburi policiclici aromatici (PAHs), molecole organiche che possono derivare da attività biologiche, ma che possono anche formarsi per vie puramente geochimiche.

Un ruolo importante in queste ricerche lo hanno avuto anche scienziati italiani. Teresa Fornaro dell’INAF ha coordinato uno studio pubblicato su Nature Astronomy che ha confermato la presenza di PAHs nei solfati del cratere Jezero. La comunità scientifica italiana, quindi, partecipa in prima linea all’interpretazione dei dati raccolti dal rover, contribuendo alla comprensione del potenziale astrobiologico del Pianeta Rosso.

Queste indagini si inseriscono in un contesto più ampio: da decenni la NASA e altre agenzie spaziali cercano prove di vita oltre la Terra, esplorando non solo Marte ma anche le lune ghiacciate di Giove e Saturno, come Europa ed Encelado, che custodiscono oceani sotterranei e molecole organiche complesse.

La sfida del ritorno dei campioni sulla Terra

Il passo successivo, cruciale, sarà il Mars Sample Return, cioè la missione che dovrà riportare i campioni sulla Terra. Solo qui, con tecniche avanzatissime, sarà possibile distinguere con certezza un’origine biologica da una puramente geologica. Tuttavia, il progetto è costoso e politicamente delicato.

L’amministrazione statunitense ha infatti ipotizzato tagli significativi al budget NASA, e c’è il timore che altre potenze, come la Cina con la missione Tianwen-3, possano precedere gli Stati Uniti nel riportare campioni marziani entro il 2028.

 

 

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