Santo Stefano, la chiesa di Colombo e del Balilla circondata da un eterno degrado
- Postato il 15 gennaio 2025
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- Di Genova24
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Genova. C’è un luogo simbolico a Genova, più autentico di altri trasformati in meta di pellegrinaggi turistici, che da tempo immemore giace abbandonato al degrado. È l’antica chiesa di Santo Stefano, dove la tradizione vuole che siano stati battezzati Cristoforo Colombo e Giovanni Battista Perasso (il Balilla eroe della rivolta anti-austriaca del 1746), scampolo di una città scomparsa che evidentemente non interessa più a nessuno.
Finita in una terra di mezzo urbanistica tra via XX Settembre, il Ponte Monumentale e la moderna city dell’ex sestiere di Portoria, la chiesa-abbazia di Santo Stefano offre la sua facciata mutilata a una distesa di graffiti, appena sotto le architetture medievali. Il lastricato è spaccato in più punti e le erbacce crescono indisturbate in fregio alla parete laterale. A fare da cornice sono i locali sventrati e abbandonati sotto corso Podestà, venduti da Spim a una società privata nel 2015, tuttora inagibili finché non verrà risolto il problema delle infiltrazioni nell’ambito del maxi restauro del ponte. All’esterno un mucchio di rifiuti ingombranti e reti da cantiere, lasciate lì da anni.
E pensare che la chiesa di Santo Stefano è tutt’altro che nascosta. Da via XX Settembre è ben riconoscibile sopra il porticato in stile finto gotico a fasce bianconere, con la caratteristica forma mozzata che ha assunto dalla fine dell’Ottocento, quando fu necessario demolire la navata destra per i lavori di ampliamento dell’allora via Giulia. In realtà l’edificio originale, consacrato nel 1217, aveva una sola navata. E quella sinistra, che vediamo tutt’oggi, è stata rifatta durante i pesanti lavori di ricostruzione voluti dal cardinale Giuseppe Siri e seguiti da Carlo Ceschi tra il 1946 e il 1955. I bombardamenti della Seconda guerra mondiale, infatti, avevano gravemente danneggiato la chiesa, compresa la facciata laterale che oggi presenta le opere dei writer anziché iscrizioni medievali.
Nonostante tutte queste peripezie, l’interesse storico e artistico non manca. L’abside è ritenuto un capolavoro di architettura romanica. All’interno ci sono opere di rilievo quali il Martirio di Santo Stefano di Giulio Romano e il Martirio di San Bartolomeo di Giulio Cesare Procaccini. Nella cripta un’epigrafe ricorda il presunto battesimo di Cristoforo Colombo.
“Purtroppo non c’è alcuna prova al riguardo perché all’epoca non esistevano atti di battesimo – spiega lo storico genovese Antonio Musarra, professore associato all’Università La Sapienza -. Si tratta di una leggenda nata probabilmente in età moderna”. Tuttavia sappiamo che la parrocchia di Santo Stefano includeva tutta la zona di Portoria fino al Colle, compreso vico Dritto di Ponticello dove oggi l’ipotetica ricostruzione della casa di Colombo è una delle principali attrazioni turistiche per chi visita la città. E lo stesso vale per Giovanni Battista Perasso, il ragazzo che – secondo una tradizione non suffragata da prove documentali – scagliò la prima pietra il 5 dicembre 1746, atto che sancì l’inizio della fine dell’occupazione asburgica a Genova. A ricordarlo è anche la quarta strofa dell’inno di Mameli: “I bimbi d’Italia si chiaman Balilla“.
Oggi la chiesa è frequentata dalla comunità cattolica di rito bizantino-ucraino che la utilizza per la liturgia domenicale. Ma per la maggior parte del tempo rimane chiusa, nonostante la bellezza genuinamente scarna del suo interno, fatto di nuda pietra, travate in legno e lastre d’ardesia. Nulla di paragonabile a ciò che avviene fuori, sintomo di una città che spesso – ancora – ignora i suoi tesori.