Sandokan, tutte le curiosità che (forse) non conosci sulla prima e seconda stagione
- Postato il 19 dicembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Sandokan, tutte le curiosità che (forse) non conosci sulla prima e seconda stagione

Sandokan: tutti i retroscena e le curiosità sui dettagli scenografici, sui costumi, sulla musica, sugli effetti visivi e sulla costruzione dei personaggi.
Non è ancora calato il sipario su Sandokan e già la leggenda ruggisce più forte che mai. La serie evento dell’anno ha conquistato il pubblico non solo con la sua trama avvincente, ma anche grazie alla cura maniacale dei dettagli scenografici, dei costumi, della musica e degli effetti visivi. In questo articolo sveleremo curiosità e scelte creative dietro le quinte, dall’ambientazione dei set alle tigri digitali, fino alla costruzione dei personaggi e della colonna sonora.
Sono passati pochi giorni dalla conclusione della miniserie, eppure sui social la Tigre della Malesia continua a farsi sentire tra nostalgia precoce, analisi maniacali, frame rallentati e ricondivisi, e una domanda rimbalza ovunque: «Quando inizieranno le riprese della nuova stagione?». Con il 28,4% di share e 4,65 milioni di spettatori, Sandokan non è solo uno spettacolo televisivo: è un fenomeno capace di oltrepassare lo schermo. E non è un caso.
Non si tratta di un remake, né di un tributo reverenziale, né di un’operazione nostalgica: la serie prende un’icona già impressa nell’immaginario collettivo e la proietta nel nostro presente, ricordandoci che l’eroismo non coincide con la vittoria, ma con la scelta di restare fedeli a sé stessi quando tutto spinge al compromesso. In un’epoca affamata di eroi rapidi e rassicuranti, Sandokan 2025 osa qualcosa di più rischioso: un protagonista che dubita, cade e paga. Non celebra la vittoria, ma il prezzo della libertà.
La produzione internazionale
Dal genio visionario di Sergio Sollima e dalle pagine infuocate di Emilio Salgari prende vita una produzione internazionale ambiziosa e monumentale. Diretto da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo, e prodotto da Lux Vide con Rai Fiction e il sostegno della Calabria Film Commission, Sandokan 2025 fonde due forze apparentemente inconciliabili — spettacolo e intimità — in un linguaggio narrativo completamente nuovo. Il contributo creativo di Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri, insieme alla supervisione produttiva di Luca Bernabei e alle scenografie di Luca Merlini, ha reso possibile un equilibrio perfetto tra epica e profondità emotiva. Dopo il grande debutto su Rai 1, la serie approderà anche su Disney+, confermando la sua vocazione globale e il richiamo universale della leggenda.
Il mondo di Sandokan
Nel Borneo del 1841, in un mondo sull’orlo della frattura coloniale, la Storia non irrompe con fragore: si insinua. E Sandokan, suo malgrado, ne diventa il punto di rottura. Non nasce eroe: nasce pirata, fuggiasco, figlio del mare e del caos.
Le battaglie esplodono con potenza primordiale, ma subito dopo lasciano spazio ai silenzi del mare, a sguardi che pesano più di una spada. Il clangore dei conflitti non soffoca mai il respiro dei personaggi. Ogni sequenza d’azione è costruita come un atto rituale, ogni pausa come una confessione non detta. La regia alterna il furore degli scontri alla sospensione del tempo, lasciando che lo sguardo si posi sui volti, sulle ferite, sull’attesa. È in questo raro equilibrio tra spettacolo e intimità che Sandokan trova la sua forza più autentica: non nell’eccesso, ma nella misura; non nel fragore fine a se stesso, ma nell’eco che resta.

Curiosità sulla sceneggiatura
Alessandro Sermoneta, sceneggiatore della serie, ha recentemente svelato sui social tre curiosità che gettano luce su Sandokan e sul lavoro dietro le quinte.
L’esperienza diretta nella giungla
«Ho potuto fare quello che Salgari non ha mai fatto», racconta Sermoneta. Mentre l’autore genovese scriveva confinato nel suo studio, lui è volato nel Borneo, entrando in contatto diretto con la cultura dei Dayak. Ha girato un documentario con loro, assorbendo miti, tradizioni e storie che avrebbero poi animato la serie, conferendole autenticità e profondità.
Un lavoro lungo e stratificato
Il percorso creativo è iniziato quattro anni fa, quando Sermoneta ha scritto il soggetto, il romanzo da cui poi è nata la serie. Successivamente è stato chiamato a trasporlo in sceneggiatura, un processo che ha richiesto un anno e mezzo di lavoro aggiuntivo, tra riscritture, approfondimenti storici e costruzione dei personaggi.
Marianna al centro della rivoluzione
«Il cuore della storia è Marianna», sottolinea Sermoneta. Non solo coprotagonista: è lei a innescare i cambiamenti, a scuotere Sandokan e gli eventi che lo circondano. La sua presenza non è accessoria: è motore, specchio e catalizzatore, capace di trasformare il destino dei protagonisti e dell’intero racconto.

Tutte le curiosità sulla scenografia di Sandokan: la nostra intervista a Luca Merlini
Sandokan ha trasformato l’Italia in un mondo esotico, ricreando il Borneo e Singapore in luoghi sorprendentemente suggestivi. La Calabria, con Le Castella, (Isola di Capo Rizzuto in provincia di Crotone), Laghi La Vota Gizzeria (Catanzaro), Grotticelle (Ricadi), Tropea (Vibo Valentia) e Lamezia Terme (Catanzaro), ha offerto scenari spettacolari, così come il Lazio, tra Albano Laziale e Tivoli, e la Toscana con il suggestivo Castello di Sammezzano. Scene chiave sono state girate anche in studio a Formello (Roma) e sull’Isola di Réunion, combinando location naturali e set controllati per creare un’avventura visivamente mozzafiato.
Realizzare Sandokan non significava solo costruire set: significava dare vita a un mondo intero, far respirare la giungla, il mare e i segreti della Tigre della Malesia in ogni dettaglio scenografico. Luca Merlini, scenografo della serie, ci ha svelato in che modo ha trasformato la sfida tecnica in arte, scegliendo soluzioni che rendessero ogni spazio narrativo un protagonista a sé stante. Dai boschi bruciati che raccontano la lotta dei Dayak alle navi modulari che solcano mari digitali, ogni elemento scenografico non serve solo a impressionare lo spettatore: racconta, trasmette tensione, evoca storia e leggenda.
La scenografia di Sandokan non è mai semplice sfondo: è il cuore pulsante di un’epopea, un organismo vivo in cui ogni dettaglio — dal legno lamellare alle luci LED, dalla polena scolpita a forma di drago ai set trasformabili del consolato e del bordello di Labuan — amplifica il mito e il fascino senza tempo della Tigre della Malesia. Ogni inquadratura, ogni scena, respira di questa cura maniacale: qui il mondo non è ricostruito, ma evocato, pronto a trasportare lo spettatore in un’avventura che vive tra storia, leggenda e magia cinematografica.

Il miracolo delle location calabresi e l’intuizione delle scenografie doppie
Girare in Calabria ha richiesto creatività estrema. «Le sfide erano enormi», racconta Merlini. «Dovevamo far fruttare al massimo ogni risorsa, creando strutture versatili capaci di trasformarsi in più scenografie. Il consolato poteva diventare prigione o infermeria, le carceri si trasformavano in bordello di Labuan». Per risolvere i problemi tecnici e garantire durata, il team ha scelto il legno lamellare, poco comune in produzioni televisive, che ha permesso alle capriate, trattate e dipinte, di diventare parte integrante della scenografia e rimanere intatte negli anni.
Non solo architetture: anche il paesaggio naturale ha parlato. «Abbiamo girato in un bosco di palme bruciato, vicino a un vivaio. Il sottobosco era devastato da un incendio, perfetto per rappresentare il territorio dei Dayak, costretti dagli inglesi a lasciare la foresta in fiamme. Incredibilmente, abbiamo trovato un set naturale già pronto. Oltre al bosco, ci sono state spiagge mozzafiato, ma alcune riprese sono state rimandate alla prossima stagione».

Le navi: tra realtà e magia virtuale
La ricostruzione delle imbarcazioni ha rappresentato una sfida ancora più ambiziosa. La barca di Sandokan era modulare, utilizzata anche per l’imbarcazione del sultano del Brunei, con stive trasformabili e usate su entrambe le navi. Una piccola parte del vascello inglese è stata realizzata in scala, scannerizzata e trasformata in modelli 3D per le navigazioni in campo largo.
Merlini racconta: «La nave è stata ricostruita per intero, posizionata in teatro, ma le stive sono state separate. I personaggi scendevano dalla tuga e magicamente finivano dentro la stiva. La nave “navigava” immersa in un fondale LED, con mari e cieli generati artificialmente. L’ispirazione per la polena ci è stata chiesta da Jan Michelini: volevamo un volto aggressivo, e ci siamo ispirati al manico di un coltello malese, il kriss, che ha la fisionomia di un drago».
Tutta la progettazione, dall’ideazione alla costruzione, è stata un lavoro di squadra millimetrico. «Abbiamo iniziato a disegnare a ottobre-novembre e ad aprile giravamo», racconta Merlini. Emanuele Pellegrino ha seguito la progettazione esecutiva e la direzione artistica della parte navale, mentre Francesco Sereni, concept artist, ha permesso di visualizzare la barca in mare e trasformare i disegni in strutture reali.

Effetti visivi: quando la Tigre prende vita
Realizzare Sandokan 2025 significava portare l’epopea sullo schermo, ma anche rendere credibile il cuore pulsante della leggenda: la Tigre della Malesia. Carlo Semeria, CG Supervisor della società Edi, specializzata in effetti visivi per cinema e serie televisive, ha svelato sui social i segreti dietro la creazione delle tigri digitali.
«Abbiamo preso come riferimento tigri vere», racconta Semeria, «realizzando uno sculpting dettagliato di tutta l’anatomia, dallo scheletro ai muscoli». Nicolò Granese, responsabile del modeling, spiega il passaggio successivo: «Lo scheletro viene implementato con il sistema muscolare: i muscoli sono attaccati al modello 3D e poi animati. L’asset deve essere realistico, credibile in ogni movimento».
Ma la sfida non si ferma alla struttura: il dipartimento di Look-dev e Groom entra in gioco per far sì che la tigre digitale appaia viva sullo schermo. Pelliccia, materiali e texture vengono ricreati con precisione fisica, così che l’animale reagisca alla luce, al vento e all’ambiente circostante come se fosse reale. Il risultato è spettacolare: ogni zampa, ogni muscolo, ogni sguardo trasmette potenza, agilità e intelligenza. Le tigri di Sandokan 2025 non sono semplici creature digitali: sono personaggi a tutti gli effetti, animati con la stessa intensità emotiva degli attori in carne e ossa, pronte a dominare la giungla, la scena e l’immaginario dello spettatore.
Il cobra: tra animatronica e effetti visivi
In Sandokan 2025 ogni creatura ha un ruolo narrativo e simbolico, e il cobra ne è l’esempio perfetto. Durante le riprese, sul set è stato utilizzato un pupazzo animatronico, realizzato fisicamente per garantire realismo e presenza scenica. La società di produzione ha poi ricevuto una scansione tridimensionale del modello, che è stata lavorata e trasformata nell’asset digitale finale. La complessità non si limitava alla forma: è stato creato un rig facciale avanzato, che permetteva di controllare ogni elemento della bocca e dei movimenti sottili, rendendo l’animale credibile e minaccioso.
Una delle sfide più grandi era l’interazione con l’ambiente: il combattimento del cobra si svolgeva su un terreno ricco di foglie, pietre e terra. Ogni passaggio del rettile doveva influenzare fisicamente gli elementi circostanti, con movimenti realistici del suolo e della vegetazione, senza mai perdere coerenza visiva. Il risultato finale è una creatura che unisce fisicità e digitale, presente e credibile in scena: un cobra che non è solo minaccia, ma vero protagonista della tensione e del mito di Sandokan 2025.

I costumi
In Sandokan 2025 i costumi non sono semplici abiti: sono estensione dei personaggi, raccontano storia, cultura e personalità attraverso ogni piega, ogni cucitura, ogni decorazione. A firmarli sono Angelo Poretti e Monica Saracchini, che hanno trasformato stoffa e idee in autentici strumenti narrativi.
Marianna debutta in società con un abito che fonde Ottocento e contemporaneità. La concezione del costume passa attraverso un percorso rigoroso: dal bozzetto, alla foto del cartamodello, alla prova imbastita, fino alla prova finale sull’attrice e alla messa in scena. Nella mostra “Sandokan in Calabria – I luoghi della serie”, visitabile a Lamezia Terme fino al 27 gennaio, è possibile seguire ogni fase di questa trasformazione, scoprendo come un abito prenda vita sul set. Due balli scandiscono la storia attraverso i vestiti: quello in bianco, elegante e tradizionale, in società; e il ballo in rosso a Singapore, il “ballo dell’amore”, dove il colore della passione diventa protagonista tanto quanto la musica e i gesti dei personaggi.

Sandokan, i Dayak e i pirati: riciclo, creatività e dettagli tribali
Il tessuto dell’abito pirata di Sandokan è interamente ricamato e si ispira ai motivi tribali dei Dayak, mentre la cintura d’argento diventa simbolo di potere: una corazza, una corona, un emblema della sua identità di guerriero e guida. Ogni dettaglio, ogni ornamento, ogni cucitura contribuisce a rendere Sandokan e i personaggi della serie immediatamente riconoscibili e intrisi di storia.
I costumi dei Dayak nascono da un’idea di sostenibilità e inventiva: materiali di riciclo come sottopentole o mollette da bucato diventano decorazioni preziose, capaci di raccontare cultura e storia. La stessa filosofia è stata applicata ai pirati: l’abito del pirata Sarkan include un giacchino di jeans rattoppato, arricchito con pezzi di pelle, borchie e inserti metallici.

Le colonne sonore: musica tra memoria e avventura
Se la narrazione di Sandokan 2025 conquista per immagini e azione, la colonna sonora ne diventa l’anima nascosta, capace di guidare emozioni e atmosfere. A raccontarla ci sono i compositori e i musicisti che hanno lavorato a stretto contatto con la regia, trasformando ogni nota in un ponte tra passato e presente. Sui social, Enrico Gabrieli spiega come Singa-pur — tema dedicato alla città — significhi letteralmente “Città del Leone”. «Una città che sembra un grande centro commerciale a cielo aperto, figlia di secoli di colonizzazione», racconta Gabrieli. La particolarità? Sandokan si muove tra vicoli e scorci che già evocano la Singapore contemporanea, come se Salgari, da lontano, avesse previsto la città che sarebbe diventata.
La sigla
Il tema originale dei Fratelli De Angelis torna in più momenti, come elemento di continuità tra le scene, spiegano Tommaso Colliva e il team creativo, ricordando sempre al pubblico il filo conduttore della storia che stiamo seguendo. La sigla stessa si evolve nel 2025, spostando il piano d’appoggio per riflettere un cambiamento chiave: uno dei protagonisti principali non è più solo Sandokan, ma Marianna.

Anche la sigla si rinnova: nel 2025, la musica si sposta di piano perché uno dei protagonisti principali non è più soltanto Sandokan, ma anche Marianna. Per rappresentare questa evoluzione, il tema originale è stato reinterpretato, con due voci che si alternano e dialogano tra loro: una affidata a Succì, l’altra a Elisa Zoot. Gabrieli ha registrato l’urlo di Sandokan in fase di preproduzione, trovando una via di mezzo tra il maschile e il femminile, simbolo della complessità del personaggio.
Enrico Gabrieli ha lavorato con grande attenzione al dettaglio sonoro: l’urlo di Sandokan, registrato in fase di preproduzione, è una via di mezzo tra maschile e femminile, a simboleggiare la nuova dimensione del personaggio e la fusione di forza e sensibilità.
Il tema di Marianna, spiegano Massimo Martellotta e Gabrieli, nasce dallo strumento: il pianoforte. Marianna è un’inglese cresciuta nel Sudest asiatico, e il tema musicale riflette questa doppia identità. La parte emotiva, più delicata, richiama l’infanzia e il mondo da cui proviene; la parte più avventurosa, invece, anticipa la sua voglia di esplorare e mettersi in gioco. Il brano funziona sia in versione solista, al pianoforte, sia orchestrale, adattandosi perfettamente a diverse sfumature narrative.
Infine, Fabio Rondanini svela un dettaglio interessante della produzione: gran parte della musica è stata realizzata da remoto, tra città diverse. «In un pomeriggio, senza vedersi, siamo riusciti a portare a termine un’idea», racconta. Batteria e arrangiamenti sono partiti sul PC e conclusi nella sua casa, dimostrando come la tecnologia possa trasformare distanza e collaborazione in un vantaggio creativo. In Sandokan, quindi, ogni nota non è mai casuale: è un filo invisibile che unisce memoria, emozione e avventura, accompagnando il pubblico dentro un mondo che è tanto mito quanto realtà.

I personaggi di Sandokan: la leggenda prende vita
Cinque anni. Cinque anni di allenamenti, studi, sacrifici, infortuni, immersione in nuove lingue e una vita intera reinventata. Questo è il tempo che Can Yaman ha dedicato per diventare Sandokan, non solo interpretarlo. Non un ruolo qualsiasi, ma un mito, un pirata che incarna ribellione, giustizia e destino. «Sono venuto in Italia per lui», confessa Yaman. «Non conoscevo Sandokan, in Turchia non è noto. Ho avuto il tempo di contemplare, visualizzare, riflettere… di diventare Sandokan».
In occasione della Festa del Cinema di Roma, premiato con il riconoscimento Lazio Terra di Cinema, ha confessato: «Se avessi interpretato Sandokan cinque anni fa – osserva Can Yaman – probabilmente sarebbe stato un disastro: non ero pronto, sarebbe stato tutto troppo affrettato. Per quanto riguarda il «primo» Sandokan, purtroppo non ho avuto il piacere né l’onore di incontrare Kabir Bedi. Magari un giorno accadrà. In ogni caso, il mio Sandokan è diverso: un personaggio nuovo, con un’anima propria, lontano da quello della serie di cinquant’anni fa».
Nel suo sguardo brucia la fiamma dell’uomo libero, un Robin Hood dei mari che combatte per amore, per la madre, per il popolo. È un eroe complesso: deve nascondere la sua vera identità — indiano in un mondo che lo considera inferiore — eppure la sua moralità e il suo carisma rendono ogni azione potente, ogni gesto significativo. Anche i nemici, perfino il villain, nascondono umanità, e il pubblico non può fare a meno di tifare per loro.

Il cast
Accanto a Can Yaman, un cast che vibra di energia. Alessandro Preziosi è Yanez de Gomera, fratello d’anima e compagno d’avventure, con cui nasce una complicità quasi tribale. Alanah Bloor reinventa Marianna: non più fanciulla da salvare, ma donna ribelle, fiera, capace di guardare il mondo negli occhi e scegliere libertà, amore e sorellanza.
E poi c’è Ed Westwick, Lord Brooke, elegante e glaciale, unico personaggio storico tra pirati e leggende, la cui presenza aggiunge tensione e mistero. Un cast internazionale di volti, accenti e carismi — John Hannah, Mark Grosy, Sergej Onopko, Gilberto Gliozzi, Madelaine Price — amplia l’epopea. Emilio Salgari, sognatore e osservatore del mondo, prende vita sullo schermo per la prima volta recitando in inglese, con sul collo un tatuaggio che parla di sé prima ancora delle parole: “Dreamer”. Un piccolo simbolo che racchiude tutta la sua visione, la sua capacità di guardare oltre l’orizzonte e trasformare i sogni in avventura.

I registi: un ponte tra epoche
Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo hanno concepito questa nuova Sandokan come un ponte tra due epoche. «Non abbiamo voluto imitare, ma reinventare», spiegano. «Abbiamo raccolto il testimone della serie di cinquant’anni fa e lo abbiamo immerso nel mondo di oggi». Nella nostra intervista esclusiva Michelini aggiunge: «Quello che mi porto dietro è il lavoro di squadra. 250 persone della troupe, compresa la Calabria Film Commission, hanno dato vita a un mondo incredibile. Il cast e la troupe hanno costruito gruppo, creato sinergia: senza questo spirito, la serie non sarebbe la stessa».
Sandokan oggi: mito e valori
In questa nuova epopea televisiva, le vele si tendono al vento dell’avventura, ma il mare è quello della contemporaneità. Libertà, uguaglianza, amore per la natura e rispetto delle culture diventano il cuore pulsante della storia. Tra giungle rigogliose e tempeste del cuore, Sandokan torna a ruggire, non solo come eroe, ma come simbolo universale. Da Kabir Bedi a Can Yaman, il mito attraversa mezzo secolo e resta intatto nella sua potenza.

Seconda stagione: nuovi orizzonti
La seconda stagione di Sandokan si farà, lo avevano svelato ai nostri microfoni in esclusiva il regista Jan Maria Michelini, lo scenografo Luca Merlini e il presidente della Calabria Film Commission Anton Giulio Grande. Le riprese inizieranno subito dopo l’inverno. Presumibilmente a maggio 2026 e l’uscita è prevista nel 2027. In Sandokan 2 l’amore tra il pirata e Marianna sarà messo a dura prova. Ci sarà un’altra grande figura femminile che entrerà nella storia. All’orizzonte, due anni di lavoro tra scrittura, produzione e scenografie, un impegno titanico per dare vita a un capitolo che promette di essere ancora più avvincente, epico e emozionante. La tigre è pronta a ruggire ancora, e il pubblico aspetta, trepidante, la prossima avventura.
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Sandokan, tutte le curiosità che (forse) non conosci sulla prima e seconda stagione