Sampdoria in C, l’ex blucerchiato e mister del Savona Grandoni: “La Samp è un patrimonio, si riparta da chi sa di calcio”

  • Postato il 15 maggio 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Grandoni Samp (Savona)

Genova. Ogni giorno che passa, con difficoltà, il mondo blucerchiato cerca di metabolizzare la retrocessione in Serie C. È la prima nella storia della Sampdoria, il che rende tutto questo ancora più un disastro. In tanti finiscono sul banco degli imputati: giocatori, allenatori (quattro in una stagione) e la società, ritenuta la prima responsabile del fallimento sportivo di questa annata da dimenticare. Anzi, probabilmente occorre tenerla a mente per evitare di ritornare a compiere i medesimi errori che andrebbero a complicare ulteriormente la risalita nel grande calcio italiano. Su questo e tanti altri punti si focalizza il pensiero di Alessandro Grandoni. In blucerchiato per sei stagioni (dal 1998 al 2004 con in mezzo una breve parentesi al Torino), l’ex allenatore del Savona e attuale Responsabile Tecnico del Settore Giovanile della Sestrese ha rilasciato un’intervista sull’attuale situazione da incubo della Samp.

Come commenta un ex Doria la prima retrocessione in Serie C della storia del club?

Ahimè, abbiamo assistito a un evento storico che, se si parlasse di scuola, finirebbe nei libri scolastici. La Sampdoria non era mai retrocessa in Serie C, non aveva mai partecipato a quel campionato. Queste figure verranno ricordate anche per questo triste primato. C’è sgomento, tristezza, rabbia. Non è successo all’improvviso. I segnali c’erano, tanti, e facevano capire che l’atmosfera non era quella che merita una piazza come Genova, come la Samp. La verità è che la proprietà, il presidente, la società — li includo tutti — non hanno capito dove sono finiti. La Samp è un patrimonio del calcio. Essere alla guida di una società così storica, blasonata, passionale non è per tutti. E non parlo della parte economica, non è solo questione di mettere soldi. Parlo di empatia, gestione, capacità di interpretare il contesto. Il calcio è una materia difficile e non tutte le piazze sono uguali. Quando si decide di acquistare la Sampdoria, bisogna sapere bene dove si va. A gennaio in una conferenza stampa durante il mercato di riparazione, in un momento delicato per la squadra, la società era già sotto pressione e la tifoseria cominciava a chiedere la testa di diversi, Accardi su tutti. E il presidente cosa dice? Nessuno glielo chiede, ma afferma che anche se si dovesse retrocedere in Serie C, la società è pronta, non sarebbe un problema. Aggiunge persino che il progetto non finisce. Io me lo ricordo. Quello è stato l’inizio della fine. La drammaticità sta tutta lì: non sapevano dove erano capitati. E la cosa ancora più drammatica è ciò che succederà da ora in poi.

Ora con la Serie C cambieranno tantissimi scenari

Ora inizia un’altra storia. Bisogna distinguere tra la parte tecnica, cioè il nuovo campionato di Serie C, il nuovo allenatore, la squadra, e ciò che succederà a livello gestionale. La vera domanda è: chi guiderà questa risalita? Perché l’unica certezza, al momento, è il popolo blucerchiato. Solo loro. Rubando una frase storica di Paolo Mantovani: “I tifosi hanno perso la finale di Coppa dei Campioni a Wembley e hanno cantato. È andato via Vialli e hanno cantato.” Fino a quando i tifosi canteranno, ci sarà sempre un futuro. Lo hanno dimostrato anche in queste ultime due partite in casa: 30.000 spettatori con Cittadella e poi con la Salernitana. Tra tre mesi probabilmente ci saranno 15.000 abbonati. Perché è così. Questa è l’unica certezza. Seguo il calcio, tutte le categorie. In Serie C c’è la Ternana, la squadra della mia città, e so quanto è difficile uscirne. Nel Girone A ha vinto il Padova, dopo un derby lungo tutta la stagione con il Vicenza. Il Vicenza ha una proprietà fortissima a livello economico, la famiglia Rosso (Diesel), ma sono due anni che cercano di uscire dalla Serie C e non ce la fanno. Perché non è facile da punto di vista tecnico anche se fai le cose bene. La programmazione da oggi che è la chiave, ma che spaventa.

Cosa dovrebbe fare l’attuale società?

Ma a questo punto, la società dovrebbe avere la dignità di ammettere: “Abbiamo provato in buona fede, abbiamo sbagliato, ce ne andiamo.” Devono rendersi conto di cosa hanno fatto. Da come si sono mossi, dalla comunicazione sbagliata, dalla mancanza di empatia con la tifoseria, si è visto chiaramente che non avevano un piano. L’operazione “famiglia”, con Mancini, Evani, Lombardo, Invernizzi, riportati in società per dare un volto rassicurante, è nata dalla disperazione. Il presidente era con le spalle al muro. Ha provato tutto. Ma da oggi…cosa succede da oggi? È vero, hanno investito dei soldi. Ma hanno un deficit di 40 milioni di euro. È un dato pubblico, ormai lo sanno tutti. E in Serie C ci sono paletti diversi, situazioni molto più complicate. La Samp ha fatto il “triplete” della retrocessione: Prima Squadra, Femminile e Primavera. E non dimentichiamo il danno al settore giovanile. La prossima stagione le giovanili non faranno più i campionati nazionali di Serie A e B, ma quelli di Serie C, quindi un livello inferiore. Questo rischia di allontanare anche i giovani più promettenti. E questo è un danno enorme.

Come si suddividono le responsabilità di questo disastro sportivo?

La società ha grandi responsabilità. A livello di giocatori, più che allenatori. Quattro allenatori cambiati. I calciatori non hanno mai dato la sensazione di capire il pericolo. Anche ieri, contro la Juve Stabia, il primo tempo sembrava la classica partita di fine stagione. Una partita da squadra che il giorno dopo parte per le Maldive. Eppure, a livello individuale, nessuno di loro vale l’ultimo posto in Serie B. Ma messi insieme, senza carattere, diventano fragili. Anche contro la Salernitana, si sono viste scene di complicità con gli avversari, sorrisi, abbracci. Nessuno chiede di giocare con la bava alla bocca, ma almeno di lottare. Perché se non vincevi quella partita, eri retrocesso con due turni d’anticipo. Ieri, Altare, il capitano, ha chiesto il cambio dopo 15 minuti. Mi auguro che non si sia fatto male, naturalmente, non vorrei assolutamente essere frainteso. Ma in quel gesto c’è molto simbolismo: io sono il capitano della Samp in questo momento, ci penso mille volte prima di chiedere il cambio. Ripeto, magari si è fatto male sul serio, e allora amen. Ma il segnale è chiaro. Non ci si può permettere di fare una squadra con 15 giocatori in prestito. Oggi si disperano, si coprono il volto con la maglia, ma domani chiamano il procuratore per pensare a programmare la loro prossima stagione. È così che funziona il calcio. La cosa più importante è capire chi guiderà la ripartenza? Attilio Lombardo ha la maglia blucerchiata cucita addosso, così come Evani e Invernizzi. Quelle erano lacrime vere, non di coccodrillo. Io ho avuto anche il piacere di conoscerlo quando è tornato alla Samp. Deve ritornare l’amore per la maglia ma serve, soprattutto, gente che conosca la categoria e non abbia timore per affrontare questa “palude” della Serie C. Anche perché non si può pensare di porsi l’obiettivo con frasi tipo “arrivare ai playoff” o “fare un bel campionato”. Sedersi su quella panchina è un onore ma anche una grande responsabilità. Non so se si debba ripartire da Evani ma non perché lui non sia bravo, assolutamente, ma perché serve qualcuno che conosca al meglio la Serie C. Ma chi tirerà i fili dietro le quinte? A chi affideranno la parte tecnica? Questi sono i grandi enigmi.

Ora come deve ripartire?

Bisogna ripartire da figure competenti, che conoscano la Serie C. Ogni campionato va affrontato con chi conosce la categoria. Mourinho, Guardiola, Ancelotti — tutti grandi allenatori — avrebbero difficoltà in Serie C. Perché non la conoscono. Faccio alcuni nomi così: servono persone come Calabro, allenatore della Carrarese, che ha vinto tre o quattro campionati. o Toscano, oggi al Catania, che ne ha vinti quattro. Gente che conosce le difficoltà vere della Serie C. Non si può sbagliare sulle figure chiave: direttore generale, direttore sportivo e allenatore. Io ho vissuto il passaggio di proprietà da Enrico Mantovani alla famiglia Garrone. Un anno brutto, rischiammo la retrocessione anche allora, quindi capisco cosa voglia dire giocare in questa piazza anche per non retrocedere. Ci salvammo e pochi mesi dopo la nuova proprietà disse: “Marotta direttore, Novellino allenatore. Fate voi la squadra. Marotta era già il miglior direttore d’Italia, Novellino aveva vinto più volte la Serie B. Poi hanno investito, hanno fatto una squadra forte. Ma il punto è questo: bisogna affidarsi a chi sa di calcio. La società dovrebbe farsi da parte. Ma lo faranno? Hanno sempre ragionato come manager, ma nel calcio non basta. Secondo me non accadrà, ma comunque chi ci sarà a capo della società deve affidarsi a figure importanti competenti in materia.

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Il Vostro Giornale

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