Salis, sindaco di Genova, sdogana il belino (dopo Grillo): il robot mosca ve lo può mangiare
- Postato il 9 novembre 2025
- Politica
- Di Blitz
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Silvia Salis, sindaco di Genova, sdogana il belino e altre parolacce, dopo Grillo il turpiloquio genovese torna a fare notizia.
Momento storico nella sala Rossa del Comune di Genova, in quel gioiello che è Palazzo Tursi, nella strada dei Re, nella via Aurea.
Parla la nuova sindaca da sei mesi, Silvia Salis, eletta a valanga nel giugno scorso, dominante la scena da quel giorno un po’ in tutte le salse della sinistra in rimonta sugli otto anni del buccismo, spinto dal suo predecessore, manager rude e operativo, sempre di spada e poco di fioretto.
Parla questa bella signora, o ancora ragazza, di 40 anni appena compiuti, bionda, madre, ex atleta olimpica, ex vice presidente del Coni, già abituata ad ogni ribalta mediatica e non, non solo quelle “interne” genovesi, ma la Leopolda di Renzi.
Onnipresente Salis

“Otto e mezzo”, il talk della inesorabile Lilly Gruber, il vertice dei sindaci civici, la commemorazione dei martiri partigiani di Sant’Anna di Stazzema nello spezzino…..
Ma questa volta il luogo è sacro da un punto di vista istituzionale, là dove sedettero i vecchi e storici sindaci della Liberazione, Vannuccio Faralli, Giovanni Tarello, Gelasio Adamoli, che la sala magari non era ancora rossa di colore, ma di politica si.
Quando parlava e dirigeva l’assemblea solo il sindaco, prima della grande riforma della elezione diretta.
E anche il discorso sul quale la sindaca prende la parola è delicato, difficile, inedito. Si parla dell’educazione sentimentale, sessuale, affettiva di cui bisogna preoccuparsi perché i cittadini giovani entrino nell’età adulta preparati in modo corretto e non deviati da informazioni scorrette, trasbordanti, invasive, prodotte prevalentemente dalla valanga dei social, dalla libertà senza condizioni dell’accesso a Internet, da nessun limite di educazione cui la famiglia, la società in generale non riescono più in moltissimi casi a provvedere.
E come parla di questo Salis con il suo piglio sempre diretto e deciso, senza sorrisi e sottintesi, come fa per ogni argomento? Usa il metodo più diretto che ci sia, esemplificando a quali conseguenze porta quella mancata educazione nel tempo e nel suo personale caso di sindaca e sopratutto donna.
“Mi hanno scritto senza remore sui social, con soggetti ben individuati nel profilo, padri di famiglia ritratti con i figli, che sono una grande puttana”.
Parole crude in Consiglio Comunale
Dice proprio così, spiegando che invece di attaccarla perché “incapace”, siccome è una donna si usa un altro termine molto più violento.
Lo avrebbero usato se fosse stato un sindaco-maschio? No di certo. E aggiunge: “Mi hanno scritto che per calmarmi avevo bisogno di un po’ di belino”.
Usa proprio la parola dialettale che, troncata dell’ultima vocale, è l’interiezione oramai divenuta internazionale, che, anche nelle sue varianti edulcorate di bella di e nell’antica, connota i genovesi, ma che indica anche nel modo più diretto l’organo maschile.
E aggiunge quello che le hanno scritto quando è andata a inaugurare la stagione operistica del teatro Carlo Felice: “Ci sarà andata perché è esperta nel suono del flauto”.
Un doppio senso pesantissimo, che non lascia dubbi e che la sindaca rievoca con una indignazione fredda e finalizzata a raggiungere lo scopo di questo “scoperchiamento” lessicale mai visto in queste aule. Ecco a cosa porta la diseducazione sessuale, affettiva, sentimentale.
A far passare negli anni un linguaggio così insultante, violento, gratuito, che si può usare liberamente a qualsiasi età, diretto a obiettivi facili da colpire, che una volta forse erano irraggiungibili a questo livello.
Insomma è una lezione “forte” che scuote un po’ l’aula abituata magari a diversi colpi oratori e che assiste al disvelamento di parole mai pronunciate e usate per dare forza a un discorso “politico”: spingere a una riforma che guidi quell’educazione che interessa anche la civica amministrazione in quanto responsabile di come crescono i suoi cittadini.
Ovviamente la botta delle parolacce ha il suo bell’effetto nell’aula e fuori, perché coalizza quasi tutto il fronte politico femminile, compresa quasi tutta l’opposizione di destra, che si schiera con la sindaca e solidarizza riconoscendo l’efficacia delle sue esemplificazioni così esplicite.
Salvo qualche eccezione di chi sostiene che la riforma sulla educazione affettiva e sentimentale era stata lanciata dal centro destra e ora l’inarrestabile Salis se ne è appropiata. Nostalgie di chi ha perso le ultime elezioni e ancora non si rassegna.
Ora il problema è se questo “show” delle parolacce avrà una conseguenza pratica nello spingere le riforme della delicatissima materia, imponendo nelle scuole o altrove corsi di formazione o se resterà lì, alla provocazione dura e secca della sindaca Salis.
D’altra parte questa giovane signora, di bell’aspetto sta usando a tutto campo la sua figura e in questo caso anche la sua lingua per affrontare i temi da lei scelti per governare la città complessa di Genova.
Un giorno partecipa in tuta da atleta alla ginnastica degli anziani nel campo sportivo di Villa Gentile, dove è nata e cresciuta e si piega e corre per lanciare i corsi per gli over 65.
Un altro giorno scala il Forte Puin, una montagna impervia dove si inaugurano i lavori conclusi per valorizzare le fortificazioni genovesi.
Quasi ogni giorno piomba con la scorta degli assessori interessati nei Municipi a stabilire gli interventi per le urgenze della città “decentrata”, che la politica avrebbe un po’ abbandonato per lanciare le grandi opere, che hanno disseminato Genova di cantieri, alcuni in marcia, altri fermi.
Il giorno della Ricorrenza dei Morti posta la sua immagine con in braccio il suo bimbo sulla tomba dell’amato padre, deceduto poco tempo fa.
Il carnet degli impegni è pieno ogni giorno anche perché poi ci sono gli incontri istituzionali e le cerimonie dove la sindaca deve essere presente.
E poi sopra tutto le emergenze cavalcanti al galoppo, che la nuova politica amministrativa del centro sinistra ha portato alla luce anche molto drasticamente: il presunto colossale buco di bilancio dell’AMT, la crisi dello smaltimento dei rifiuti, con l’impellenza di decidere la costruzione di un termovalorizzatore, perché la montagna della “rumenta”, per tornare al dialetto genovese, sta travalicando e rischia di sommergere la discarica storica di Genova a Scarpino.
E poi c’è oramai il tempo scaduto dell’acciaio. con il destino incerto di Cornigliano, la acciaieria-madre, che oramai ignora se la produzione legata a Taranto e ai suoi prodotti semilavorati si interrompe per sempre e viene sostituita da altre forniture, se il progetto del governo Meloni di impiantare anche a Genova un forno elettrico è reale o una fuffa.
Insomma balla il destino dell’industria a Genova. E balla anche l’industria 4.0, visto che il governo Meloni ha tagliato 10 milioni di finanziamenti all’ IIT, il grande centro di ricerca piazzato a Genova e che sforna tra l’altro i robot più moderni, mettendo a rischio il posto di 300 ricercatori di tutte le nazionalità.
Una botta tremenda che mobilita tutto l’arco ligure e non solo e che minaccia il fronte più moderno dello sviluppo genovese. Anche per questo Salis scende in campo subito perché, tanto per ripetere una delle sue parole “proibite” e un celebre detto genovese: “Non siamo mica qui a farci mangiare il belino dalle mosche.” Questo non lo ha detto la Salis, ma la vecchia coscienza popolare.
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