Rising Lion: La nuova faglia del Medio Oriente e l’eco globale a una settimana dal G7
- Postato il 13 giugno 2025
- Esteri
- Di Paese Italia Press
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“Nulla è più funesto alla pace che l’avidità di dominio.”
– Seneca
Il 12 giugno 2025, a meno di una settimana dal G7 a L’Aia, Israele ha lanciato Operation “Rising Lion”, un attacco aereo su larga scala con circa 200 jet contro oltre 100 obiettivi strategici in Iran. Il premier Netanyahu ha definito l’operazione “un atto di autodifesa”, ma l’intervento viene letto da molti come un gesto calcolato e provocatorio teso a ridefinire unilateralmente gli equilibri regionali.
Iran promette una “risposta devastante”
Teheran ha parlato di “guerra aperta”. Khamenei ha promesso una reazione “all’altezza dell’aggressione sionista”, minacciando attacchi simultanei su più fronti, diretti e per procura. I primi lanci di droni Shahed sono stati intercettati, ma il messaggio è chiaro: la spirale è appena iniziata.
Il mondo arabo insorge
- Arabia Saudita e Qatar accusano Israele di aver violato il diritto internazionale in modo palese, chiedendo una risposta araba coordinata.
- Oman denuncia una “strategia israeliana di destabilizzazione permanente”, invocando sanzioni e pressioni diplomatiche.
- Egitto e Giordania, formalmente legati a Tel Aviv da accordi di pace, sono ora in forte imbarazzo. Il Cairo parla apertamente di “atto criminale”, Amman chiede una sessione straordinaria della Lega Araba.
- Emirati: dopo aver coltivato i “Patti di Abramo”, si ritrovano a gestire un’escalation che mina la propria narrativa di equilibrio regionale.
Reazioni internazionali: ipocrisie e crisi diplomatiche
Stati Uniti
La Casa Bianca ha dichiarato di non essere stata informata preventivamente, ma le ambiguità sono evidenti. Il ritiro del personale da Iraq e Golfo conferma il timore di un allargamento.
Marco Rubio ha evitato ogni critica, ma il Senato è diviso: la sinistra democratica accusa Biden di “sudditanza passiva a Tel Aviv”.
Regno Unito
Starmer si è limitato a invocare “contenimento”, ma le opposizioni denunciano “complicità morale con l’aggressione israeliana”.
Cina
Ha bollato l’attacco come “atto unilaterale che minaccia la sicurezza energetica globale” e ha convocato d’urgenza il Consiglio di Sicurezza. Pechino prepara una proposta congiunta con Mosca per sanzioni selettive e una “zona no fly” sul Golfo.
Unione Europea
L’UE è paralizzata: mentre Borrell denuncia una “violazione flagrante del diritto internazionale”, Stati membri come Ungheria e Polonia frenano ogni tentativo di sanzione.
Francia e Germania parlano di “atto d’imprudenza che mette a rischio milioni di vite”, ma non propongono un’alternativa concreta.
Russia
Ha definito l’attacco “un’aggressione deliberata e destabilizzante”, accusando Israele di voler stravolgere l’ordine regionale con atti di guerra preventivi, in totale spregio al diritto internazionale. Lavrov ha evocato un “rischio di conflitto mondiale se gli USA non fermano il proprio alleato”.
ONU
Guterres ha parlato di “fallimento della diplomazia occidentale”, condannando Israele per aver sabotato qualsiasi tentativo di dialogo sul nucleare. Le risoluzioni restano però bloccate dai veti incrociati.
Effetti collaterali immediati
Spazi aerei chiusi su Iran, Iraq, Siria, Libano e Israele. Migliaia di voli annullati.
Borse del Golfo in picchiata. Brent sopra i 100 dollari. Il rischio di un collasso energetico globale torna reale.
Il traffico navale sullo Stretto di Hormuz si è dimezzato in 48 ore.
La voce fuori dal coro – il Manifesto
Il Manifesto accusa l’Occidente di ipocrisia selettiva: silenzioso quando Israele bombarda, indignato solo quando lo fa l’Iran. “Non è un atto difensivo, è una guerra pianificata per ridisegnare la mappa del Medio Oriente,” scrive in un editoriale. “L’Italia tace, l’Europa balbetta, e intanto la diplomazia muore sotto le bombe.”
Israele: strategia lucida o salto nel buio?
Fonti interne al Likud parlano apertamente di “chiudere il dossier iraniano prima che Trump o un’Europa debole tentino nuovi accordi”.
L’obiettivo non è solo il nucleare, ma imporre una nuova egemonia militare in Medio Oriente, sfruttando il vuoto strategico lasciato dagli USA.
Secondo analisti militari, l’attacco è parte di una dottrina post-Occidente, dove Israele intende agire da potenza autonoma, senza più attendere il consenso formale di Washington o Bruxelles.
Scenari futuri: tre ipotesi
- Escalation controllata: colpi reciproci, ma si evita la guerra totale. Cina, Russia e ONU cercano un negoziato multilaterale.
- Guerra allargata: Iran colpisce direttamente Israele, Tel Aviv risponde attaccando anche Libano e Siria. Gli USA, coinvolti loro malgrado, sono trascinati in un conflitto che non vogliono.
- Ridislocazione geopolitica: Israele si impone come unica potenza in grado di garantire “ordine”, trascinando dietro sé parte del mondo arabo. UE e USA restano spettatori impotenti, delegittimati e frammentati.
Con “Rising Lion”, Israele ha oltrepassato ogni linea rossa. L’attacco non è soltanto una rappresaglia: è una dichiarazione di potenza autonoma, un messaggio lanciato a Washington, Pechino, Mosca e Riyad.
L’Occidente è paralizzato: troppo diviso per reagire, troppo compromesso per condannare.
Il G7 a L’Aia potrebbe essere l’ultimo momento utile per una risposta politica coerente. Se fallisce, la crisi potrebbe mutare definitivamente gli equilibri mondiali.
Perché se oggi cade il Medio Oriente, domani nessun ordine globale sarà più possibile senza guerra.

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