Riarmo e Gaza, Meloni prova a uscire dall’angolo
- Postato il 14 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Riarmo e Gaza, Meloni prova a uscire dall’angolo
Attesa per le risposte di di Meloni nel “premier time” dopo il forfait di sabato a Kiev; Sul tavolo il riarmo, Gaza ma anche le inefficienze del sistema sanitario e il quadro economico allarmante
È quasi un mese, dalla morte di papa Francesco che le “rovinò” l’effetto Washington con annesso ruolo ponte, che Giorgia Meloni sta ferma, più o meno silente, in un angolo, prospettiva lunga per vedere cosa succede. È una sua scelta. Legittima. Le potrebbe costare cara. O anche indifferente e nel breve periodo premiante. Tutto dipende da quello che succede in questa D-week, in questa settimana che potrebbe risultare storica oppure solo l’ennesimo bluff.
Dipende da quello che che succederà in Turchia domani, se Putin sarà o meno al tavolo con Zelensky come avrebbe annunciato. I condizionali sono irritanti in un articolo di cronaca. Ma da qualche mese Trump ci costringe a cronache marziane dove tutto è possibile.
Anche la nostra premier in questi mesi è stata costantemente spiazzata dalle mosse di Washington. Sabato scorso a Kiev, ad esempio: Meloni non è andata a Kiev insieme a Macron, Starmer, Tusk e altri leader europei un po’ perchè mai vorrebbe dar seguito a qualche iniziativa francese e poi perchè voleva capire come Trump si sarebbe espresso su quella missione europea il giorno dopo che Xi si faceva riprendere sulla Piazza Rossa accanto a Putin per il giorno della Vittoria. Ma una leadership si misura anche quando davanti a tante opzioni sa fare la scelta necessaria.
Meloni ha scelto di restare ferma, anche sabato scorso, e ha sbagliato. La sua assenza dalla foto di Kiev è stata notata, anche da Trump, in fondo è Washington che spinge i Volenterosi per un maggior impegno europeo nel sistema di garanzie, cioè militare, in Ucraina. E per questo probabilmente ieri, nel bilaterale Italia-Grecia a Roma, Meloni ha sfruttato l’occasione per ribadire e rivendicare la piena e storica solidarietà con l’Ucraina, condividere in pieno la strategia di Zelensky (e Trump) che adesso lasciano in mano a Putin l’esito della trattativa.
C’è anche un altro motivo che spinge la premier a stare ferma nell’angolo e questo motivo si chiama Salvini. Se si dovesse verificare la tanto auspicata tregua, anche l’Italia dovrà fare la sua parte e non solo con la ricostruzione ma anche con un dispositivo militare. Entro un mese poi dovrà cadere il bluff sulle spese militari, ovvero da dove arrivano i dieci miliardi necessari per arrivare al 2%. E poi gli altri per arrivare al 3%. Così come dovrà cadere il bluff sul maggior deficit (fino all’1,5% del pil) reso possibile dal piano europeo se si parla di difesa e sicurezza (intese secondo i parametri Nato).
Come che sia, il premier time di oggi alla Camera (ore 16) non ci voleva proprio. Perchè costringe Meloni a dare risposte che avrebbe preferito non dare. A prendere posizioni che non vorrebbe prendere. Ad uscire da quel non-luogo di silenzi e distanze che le dà la sensazione di sentirsi protetta. La settimana dopo, ad esempio, sarebbe stato molto meglio. Tutto più chiaro. Forse. Chissà.
Dunque oggi sapremo. Le opposizioni hanno presentato le rispettive interrogazioni. Lo stesso hanno fatto i gruppi di maggioranza. Nel bouquet del centrosinistra ci sono temi come la situazione umanitaria a Gaza, il riconoscimento dello Stato di Palestina e la fine della guerra in Medioriente, tutti temi che proprio in queste ore, con la visita di Trump nei paesi arabi, potrebbero prendere una strada o l’altra. Poi le riforme economiche da mettere in campo, il piano di riarmo europeo da sostituire con un piano di investimenti per il rilancio. Infine lo smantellamento, nei fatti, della sanità pubblica e la necessità di immettere risorse nel sistema. The best of the day saranno il faccia a a faccia tra la premier e la segretaria del Pd Elly Schlein e poi con Conte.
Così come al Senato il duello avviene ormai quasi sempre con Renzi e poi a turno con Pd o M5s. La leader dem denuncerà come «il Servizio Sanitario Nazionale è prossimo al punto di non ritorno: liste di attesa infinite, il personale allo stremo sottoposto a turni massacranti e in fuga verso l’estero e il privato; mancano 65000 infermieri e 30000 medici; crescenti diseguaglianze territoriali e un aumento della mobilità sanitaria tra Sud e Nord». Un quadro drammatico in cui la spesa sanitaria resta al 6,4% del Pil dove il prodotto interno lordo è decrescente, fino al 2028.
I 5 Stelle torneranno sul tema del riarmo e chiederanno alla premier di «non proseguire nel sostegno al piano di riarmo europeo ReArm Europe/Readiness 2030» e di «sostituirlo con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che favorisca la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell’Unione». Alleanza Verdi e Sinistra porranno la questione della situazione a Gaza su cui il governo è più imbarazzato che silente.
Elena Boschi di Italia Viva chiederà conto al governo delle riforme economiche visto che «gli ultimi dati Istat e il quadro macroeconomico nazionale descrivono una situazione allarmante» e che «il contesto, fortemente condizionato dal rischio di una guerra commerciale globale e dall’imposizione di dazi statunitensi sui prodotti italiani risulta aggravato dall’inerzia del governo». Per evitare risposte evasive, Iv chiederà alla premier «quali siano le tre principali riforme in ambito economico che il governo intende adottare per fronteggiare l’attuale congiuntura economica».
Interessante notare come un gruppo di maggioranza, Noi Moderati, interrogherà il governo su sanità e liste di attesa.
Fratelli d’Italia chiederà conto delle politiche contro il disagio giovanile. E non è detto che sarà un assist.
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