Riapre con una nuova filosofia la Kunsthalle Bern? Intervista alla direttrice iLiana Fokianaki
- Postato il 3 luglio 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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“La Kunsthalle Bern è un’istituzione con una storia incredibile e sono onorata di farne parte ora. Naturalmente, ogni volta che un nuovo direttore arriva in un luogo, porta con sé una nuova visione e una nuova direzione che desidera intraprendere”. Così la curatrice, scrittrice, teorica, educatrice ed ex giornalista greca iLiana Fokianaki, classe 1980, racconta il futuro dell’istituzione che guida dal 2023 a Berna, capitale della Svizzera situata nel Cantone bilingue del paese, diviso tra francese e tedesco. Fondata nel 1918 la Kunsthalle è stata interessata da un progetto di rinnovamento che riguardato l’intero edificio e l’uscita, con il progetto di studio ALIAS, riaprendo con nuove istanze anche culturali. Ci siamo fatti raccontare da Fokianaki che cosa accadrà.

Intervista a iLiana Fokianaki
Come saranno i prossimi anni della Kunsthalle Bern?
Per i prossimi sei anni, il nostro obiettivo è lavorare per creare un’istituzione accessibile ed un programma che dia spazio a dimensioni collettive di cura in cui possano emergere nuove idee per la giustizia sociale ed ecologica. “Semi” che germoglieranno nel 2025, spiegando perché facciamo ciò che facciamo, come lo facciamo e per chi. Immaginando un’istituzione permeabile che sfugga ai confini delle nostre mura, stiamo anche programmando eventi nel giardino sul retro, un luogo che storicamente ha fatto parte del programma della Kunsthalle.
Cosa può dirci dei lavori di ristrutturazione e del nuovo design dell’uscita progettata da ALIAS? Sono state adottate soluzioni innovative, anche in termini di basso impatto e sostenibilità?
ALIAS è stato incaricato di creare una nuova uscita, ma anche un ingresso, sul retro dell’edificio. Durante le ricerche sull’edificio, ha trovato uno schizzo del 1917 della Kunsthalle Bern che raffigurava un ingresso progettato ma mai realizzato per il giardino posteriore. L’idea era presente da sempre e si è deciso di riproporla, progettando un’uscita di sicurezza che conducesse direttamente all’esterno. Il design della porta in vetro non solo rispetta gli standard di sicurezza e diventa più sicuro per le persone diversamente abili, ma è in linea con la trasformazione dell’istituzione verso una maggiore accessibilità e assenza di barriere architettoniche. In termini di sostenibilità, l’istituzione stessa sta rivalutando la propria spesa complessiva e ha già iniziato a esaminare il consumo energetico, l’impronta di carbonio e così via.

Tre nuove mostre alla Kunsthalle. Può dirci qualcosa su ciascuna di esse?
Affrontano questioni scottanti che collegano il passato al presente, mettono insieme ingiustizie sociali ed ecologiche di ieri e di oggi e testimoniano la necessità di pensare in modo diverso per il nostro futuro, così da poter vivere insieme. La retrospettiva dedicata a Melvin Edwards, ad esempio, affronta la storia della razza, del lavoro e della violenza – concetti interconnessi e in dialogo con importanti momenti storici: la schiavitù e la segregazione negli Stati Uniti, il movimento per i diritti civili, il panafricanismo e il continuo dialogo tra la diaspora culturale africana, gli artisti afroamericani e gli artisti del continente africano.
C’è anche la prima mostra personale di Tuli Mekondjo in Svizzera…
Sì, è una nuova commissione incentrata sui “bambini artigianali”, quelli che nell’etnografia occidentale sono noti come “bambole della fertilità” (oggetti che venivano regalati alle bambine per propiziarne la fertilità, ndr.). Per la mostra, l’artista crea un’installazione che fa riferimento ai bambini artigianali perduti, conservati nei musei in Svizzera e Germania. L’opera riflette sul periodo del dominio coloniale in Namibia e su come gli oggetti culturali, utilizzati nella vita quotidiana, venissero sottratti al loro contesto locale da missionari, etnografi e viaggiatori che li saccheggiavano, li scambiavano o li acquistavano per le loro collezioni. Il Plantationocene, come epoca, non solo ha privato le persone del loro lavoro, ma le ha anche private di aspetti della loro cultura e della memoria.
E la terza mostra?
È dedictaa a Tschabalala Self e fa parte di una nuova serie di mostre intitolata RESPONSES che invita artisti contemporanei affermati a partecipare al nostro programma. La serie opererà come un gesto e un confronto tra artisti di diverse generazioni. L’opera di Self entra in un dialogo più ampio con i temi che plasmano anche le pratiche di Melvin Edwards e Tuli Mekondjo.

Quale ruolo immagina per la Kusnthalle di Berna nei prossimi anni?
Quello che ha sempre avuto, ovvero presentare mostre innovative che lasceranno il segno in egual misura, sia per i colleghi e gli esperti del settore, sia per il pubblico. Con l’inaugurazione del nostro edificio ci siamo sbarazzati della vecchia “pelle” e abbiamo proposto un programma che pur mantenendo la sua sede a Berna parla al mondo e del mondo – uno sviluppo necessario per esistere oggi e continuare a proporre mostre importanti e rilevanti. Ci chiediamo, come possiamo raggiungere una coesistenza “permaculturale” basata su simbiosi, equità, distribuzione delle risorse e, in definitiva, giustizia ecologica e sociale?
Cosa può dirci sui progetti futuri?
Il prossimo ciclo di mostre inizia a settembre con due mostre personali di Sung Tieu (che rappresenta la Germania con Henrike Naumann alla Biennale di Venezia del 2026) e Gala Porras-Kim (rappresentata da Sprüth Magers, attualmente in mostra nel loro spazio londinese). Tieu presenterà una nuova commissione, mentre Porras-Kim presenterà una nuova iterazione di un progetto esistente. Entrambi i progetti affrontano il tema dell’estrazione e dell’esaurimento dei pori naturali e affrontano gli squilibri tra chi lavora per le aziende che accumulano queste risorse e chi ne beneficia. Tendiamo ad accompagnare le mostre con un programma pubblico pertinente alle tematiche sviluppate e solitamente organizziamo anche incontri con gli artisti.
Instaurerete collaborazioni con istituzioni culturali internazionali?
Stiamo già collaborando per la mostra di Melvin Edwards con il Fridericianum di Kassel e il Palais de Tokyo di Parigi e sono previste molte altre collaborazioni per i prossimi due anni con istituzioni in Cina, Brasile, Italia e altri luoghi. È molto importante collaborare con colleghi e istituzioni che condividono la nostra stessa visione per poter supportare le pratiche artistiche in modo più solido. È sempre stato il mio modo di lavorare: connettere davvero le prospettive locali con quelle globali per ampliare il nostro raggio d’azione. Credo che l’unico modo per parlare d’arte sia che le persone si connettano con essa, e spesso queste continue collaborazioni internazionali offrono una prospettiva diversa, il che è sempre gradito.
Niccolò Lucarelli
L’articolo "Riapre con una nuova filosofia la Kunsthalle Bern? Intervista alla direttrice iLiana Fokianaki " è apparso per la prima volta su Artribune®.