Rawls, Nozick e la battaglia novecentesca sulla teoria liberale. Fra utopia e anarchia
- Postato il 20 dicembre 2025
- Di Il Foglio
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Rawls, Nozick e la battaglia novecentesca sulla teoria liberale. Fra utopia e anarchia
La teoria liberale novecentesca passa attraverso alcuni snodi cruciali. Tra questi – forse il più significativo per molti: a torto o a ragione, giudichi il lettore – vi è il dibattito aperto da "Una teoria della giustizia" (1971) di John Rawls. Di lì a poco avrebbe risposto Robert Nozick (1938-2002). Uscito tre anni dopo e da poco ripubblicato dal Saggiatore, "Anarchia, Stato e utopia" prende sul serio le tesi liberal – chiamatele, se preferite, socialdemocratiche: Giovanni Sartori ne diede la definizione probabilmente più gustosa – di Rawls, così come quelle dell’anarchismo (individualistico, beninteso).
Nel corso del primo Novecento, Ludwig von Mises aveva riaffermato con forza i princìpi del liberalismo. Egli avrebbe poi influenzato, tra gli altri, Friedrich von Hayek, il cui pensiero rimase nell’alveo del liberalismo classico, ma anche Murray Rothbard, che invece tentò di portare alle estreme conseguenze la teoria liberale immaginando una realtà senza coercizione, cioè senza stato. Anche se Nozick viene spesso ricondotto sotto l’etichetta del libertarismo, come pure Hayek, egli rimase a tutti gli effetti un epigono del liberalismo classico. Nel volume a cui rimane legato il suo nome non teorizzò infatti alcuna realtà anarco-capitalista. Non è un caso che un libro curato da Nicola Iannello e pubblicato un decennio fa dall’Istituto Bruno Leoni abbia puntualizzato come si sarebbe potuto meglio descrivere come "Nessuna anarchia, poco Stato e molta utopia".
Se la prima parte dedicata alla nascita dello stato appare astratta e irrealistica, come lo è il ragionamento sulla “posizione originaria”, il “velo d’ignoranza” e le figure de-umanizzate di cui parla Rawls, e la terza discute della possibile struttura dell’utopia, è piuttosto la seconda a costituire il nerbo (e l’importanza) del pensiero nozickiano. L’idea del filosofo è che esistano diritti individuali naturali intangibili da chicchessia e che l’unico tipo di Stato ammissibile abbia un’area minima di azione. Per Nozick, il dispositivo statale deve vestire i panni, come per la teoria liberale classica, del “guardiano notturno”. Il che significa che gli individui possono godere liberamente della proprietà purché il processo attraverso il quale l’assetto distributivo si determina non sia originato da interventi lesivi dei diritti individuali (principi di giustizia di carattere storico). I princìpi di giustizia distributiva basati su un modello, cioè quelli ideati da Rawls, diventano invece ben presto re-distributivi, nel senso cioè che forniscono una giustificazione arbitraria e potenzialmente illimitata dell’intervento statale. Lo stato minimo è dunque l’unico che “ci tratta come individui inviolabili, che agli altri non è lecito usare in certi modi come mezzi, o arnesi o strumenti o risorse”.
E’ forse la storia ad aver dimostrato come l’idea di uno stato limitato si riveli una pia illusione. Hayek, del resto, notò con disincanto come le stesse costituzioni volte a contenere l’invadenza del potere politico e tutelare la libertà individuale si siano dimostrate fallimentari. Pensate come cinture di castità dello stato la cui chiave, però, è a disposizione dei detentori delle stesse leve del potere…
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