Rattazzi contro i complottisti su Mattei
- Postato il 17 maggio 2025
- Di Panorama
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Per molti italiani, la morte di Enrico Mattei è il risultato di un attentato orchestrato da poteri forti: il presidente dell’Eni morì il 27 ottobre 1962 quando il suo aereo precipitò nei pressi di Bascapè, poco prima di atterrare a Milano Linate. Una tragedia che, visto il personaggio coinvolto, suscitò molti dubbi e venne subito attribuita – senza prove definitive – a un presunto sabotaggio voluto dalle grandi compagnie petrolifere internazionali, le cosiddette “Sette sorelle”, allora acerrime nemiche della politica energetica indipendente promossa da Mattei.
La ricostruzione tecnica e l’aereo gemello
Eppure, a oltre sessant’anni di distanza, non esiste alcuna evidenza giudiziaria, tecnica o scientifica che confermi l’ipotesi dell’attentato. Lo ha ribadito con forza sabato 17 maggio Lupo Rattazzi, imprenditore, fondatore di Air Europe, vicepresidente di Neos ma soprattutto pilota esperto, durante una conferenza tenuta al museo Volandia, nei pressi di Malpensa. Tema dell’incontro: la presentazione del jet gemello dell’aereo su cui volava Mattei, il Morane-Saulnier MS-760 Paris I-SNAP, restaurato con i colori originali e recuperato dallo stesso Rattazzi insieme a una preziosa documentazione tecnica. Il velivolo è stato donato al museo con l’intento di conservare una memoria storica verificabile e contrastare l’ondata di teorie complottiste che da decenni alimentano dubbi infondati.
Nel corso dell’evento, Rattazzi ha ricostruito minuziosamente le ultime ore del volo, ricordando che quel 27 ottobre 1962 su Milano imperversava un forte temporale. Il bireattore Morane-Saulnier Paris, partito da Catania e diretto a Linate, si schiantò in località Bascapè. A bordo, oltre a Mattei, c’erano il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista americano William McHale: nessuno sopravvisse. L’aereo, concepito in origine come addestratore militare e solo successivamente riconvertito a uso civile, non era particolarmente adatto a voli notturni in condizioni meteorologiche avverse.
Le indagini ufficiali, svolte tra il 1963 e il 1966 da due organi distinti – la commissione tecnica del Ministero della Difesa e la Procura della Repubblica di Pavia – giunsero a conclusioni sovrapponibili: nessun segno di sabotaggio o esplosione, ma piuttosto un incidente dovuto alla perdita di controllo del velivolo in volo. L’inchiesta tecnica accertò che il jet era precipitato integro, senza tracce di ordigni, e sottolineò la necessità di introdurre maggiori controlli per i piloti dell’aviazione civile, soprattutto per il volo strumentale. Dal canto suo, l’inchiesta penale, chiusa nel 1966, evidenziò anche elementi legati alla possibile stanchezza del pilota e alla complessità del volo in condizioni critiche. Il sostituto procuratore Edgardo Santachiara, nel chiedere l’archiviazione, parlò di «prova certa e assoluta» dell’assenza di ipotesi delittuose.
Dalle teorie del complotto alle archiviazioni giudiziarie
Nonostante ciò, l’idea dell’attentato ha continuato a circolare. Il 27 luglio 1993, il pentito di mafia Gaetano Iannì dichiarò alla Procura di Caltanissetta che un ordigno era stato piazzato sull’aereo in seguito a un presunto accordo tra Cosa nostra e ambienti statunitensi. Le sue affermazioni riaprirono il caso nel 1994, ma gran parte del relitto era ormai scomparsa e molti dei protagonisti delle prime indagini non erano più in vita. Il pubblico ministero Vincenzo Caliaindagò su discrepanze nelle testimonianze e sulla possibilità che una piccola carica esplosiva, piazzata a Catania, avesse inibito il funzionamento del carrello, portando all’incidente.
Tuttavia, le indagini successive non hanno portato a elementi concreti. Come ha ricordato Rattazzi nella sua conferenza, la teoria della bomba collegata agli organi del carrello appare debole e poco plausibile, soprattutto in assenza di tracce fisiche di esplosivo e senza alcuna evidenza della presenza di un secondo jet Eni a Catania, che sarebbe stato necessario per la manovra. Anche le condizioni meteo, considerate “discrete” da alcuni per rafforzare l’ipotesi dell’attentato, furono in realtà molto difficili, come testimoniato da più fonti dell’epoca.
Nel 2003 la Procura richiese una nuova archiviazione. Il GIP Fabio Lambertucci, nel disporla, fu netto: non solo mancavano prove degli autori di un possibile reato, ma era assente «qualsiasi prova sufficiente» che un reato fosse stato effettivamente commesso. Nonostante ciò, la narrativa del complotto continua a esercitare fascino: perché, come ha notato lo stesso Rattazzi, il sospetto di un omicidio eccita l’opinione pubblica, specialmente quando la vittima è una figura di potere.
Oggi, grazie alla mostra allestita a Volandia, i visitatori possono osservare da vicino l’aereo gemello e approfondire, attraverso documenti e dati verificabili, ciò che accadde davvero in quella notte d’autunno del 1962. Una lezione importante, secondo Rattazzi, contro il dilagare delle semplificazioni e delle verità presunte: perché la storia, come il volo, ha bisogno di strumenti precisi.