Questione sociale e pace sono collegate: lo sa bene il nuovo Papa

  • Postato il 10 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La decisione del successore di Papa Francesco di adottare il nome di Leone XIV appare densa di implicazioni importanti. Infatti Leone XIII è passato alla storia soprattutto per la sua enciclica Rerum Novarum che inaugurò 134 anni fa la cosiddetta dottrina sociale della Chiesa. Da ultimo Paoa Francesco ha rilanciato con forza la tematica dei diritti dei popoli, collegandola alla questione della devastazione ambientale (“Laudato si’”) a quella della fratellanza universale (“Fratelli tutti”), e ovviamente a quella della pace, oggi sempre più fortemente in pericolo per effetto delle scelte riarmiste e guerrafondaie delle spudorate élites occidentali che continuano a preparare la guerra mentre, da Meloni a Von der Leyen, omaggiano ipocritamente il vecchio e il nuovo pontefice.

Questione sociale e questione della pace sono del resto fra loro direttamente e strettamente collegate. Ogni euro buttato in armamenti viene sottratto alle esigenze dei popoli. La parola d’ordine che meglio esprime questo nesso è quella “Abbassate le armi, alzate i salari”, lanciata e coerentemente sostenuta dall’Unione sindacale di base, mentre gli altri sindacati, a cominciare dalla stessa Cgil, restano relegati in un ruolo fortemente subalterno alle tendenze guerrafondaie, anche per effetto dell’enorme peso dei settori atlantisti e armamentisti del Pd.

Davvero scandaloso è in effetti il crescente asservimento di gran parte della politica agli interessi del complesso militare-industriale italiano e internazionale. L’apporto di quest’ultimo in termini occupazionali è trascurabile, ma è invece fortissimo l’impatto dei soldi sporchi della mafia finanziaria legata agli armamenti che corrompe i politici e punta sulla guerra per salvaguardare il predominio occidentale sul mondo, che è fortunatamente sempre più fragile.
Il nostro vero dramma è che non esistono oggi in Italia forze in grado di porre con la dovuta nettezza e capacità di coinvolgimento di massa la questione fondamentale, che è costituita dall’irriducibile alternativa tra vita e morte. Tra affermazione dei diritti dei lavoratori e dei popoli da un lato e catastrofe bellica e ambientale dall’altro.

Il capitalismo occidentale è alla frutta, come si può agevolmente evincere dai sconclusionati deliri di Trump e dalla sorda e tenace volontà di guerra della von der Leyen, Stamer, Macron. Ma non ci sono ancora nel seno stesso dell’Occidente forze alternative in grado di porre il problema del superamento del capitalismo mortifero. Per questo il dilemma storico fra socialismo e barbarie appare oggi, quantomeno ad Occidente, propendere decisamente per la barbarie che ci attende e che è già in atto, nella Palestina martoriata dai genocidi israeliani e nel massacro senza senso che continua in Ucraina, dove la protervia guerrafondaia di Johnson & C. ha già mietuto centinaia di migliaia di giovani vite sia russe che ucraine.

L’oscena Europa delle classi dominanti è in prima fila nel promuovere la barbarie armando, insieme agli Stati Uniti, la mano genocida del nazisionista Netanyahu e prolungando con nuovi invii di armi l’agonia del regime di Zelensky, che presto sarà inevitabilmente spazzato via dalla legittima rabbia del popolo ucraino. Rovesciare le oscene classi dominanti europee che si rifiutano anche solo di discutere questi temi, come dimostrato dal silenzio del Parlamento europeo sul genocidio dei palestinesi, costituisce quindi un imperativo pressante e categorico. Ma per fare questo occorre ritrovare la connessione politica e sentimentale colle classi oppresse, che formano l’immensa maggioranza della società, ma che sono oggi più che mai disgregate, sfiduciate e disperate. Occorre, per ritrovare tale connessione, partire dai diritti, a cominciare da quelli elementari alla vita e al salario.

Opportunamente il Fatto, commentando l’elezione di Leone XIV, ha rievocato quei passaggi dell’enciclica Rerum Novarum che pongono il tema della giusta retribuzione in termini estremamente netti, affermando tra l’altro che “defraudare della giusta mercede grida vendetta al cospetto di Dio”. Ma questo Dio dei lavoratori è stato da tempo abbandonato dalla sedicente sinistra politica e sindacale, ben rappresentata ai vertici di Leonardo e che gongola soddisfatta se la ministra autolaureata Calderone la convoca per discutere della guerra degli omicidi sul lavoro che miete ogni giorno nuove vittime.

I referendum dell’8 e 9 giugno possono rappresentare un’occasione per invertire la rotta della subalternità e superare l’asfittico e suicida orizzonte del collaborazionismo di classe. A condizione di assumere, come proposto dal Comitato popolare che si è costituito in materia, l’obiettivo della lotta allo sfruttamento come cornice dei vari quesiti cui occorre rispondere sì, collegando abolizione del famigerato Jobs Act di renziana memoria, la lotta contro i licenziamenti illegittimi, la precarietà, gli omicidi sul lavoro e per il diritto alla cittadinanza, fortemente sentito dalle persone di origine straniera che costituiscono parte sempre più importante della classe lavoratrice italiana.

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Il Fatto Quotidiano

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