Quella scritta davanti all’ex zuccherificio di Lamezia
- Postato il 5 agosto 2025
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Il Quotidiano del Sud
Quella scritta davanti all’ex zuccherificio di Lamezia
“LA RAZZA umana ha fallito” c’è scritto all’ingresso dell’ex Zuccherificio di Lamezia Terme, bruciato ancora una volta l’altra notte. Le fiamme si vedevano dal treno, il fumo arrivava sui Frecciarossa, gli Intercity e i regionali pieni di turisti: la stazione di Lamezia è a poche centinaia di metri, l’aeroporto a un paio di chilometri e, fatto quasi unico in Italia, si raggiunge con un biglietto del bus.
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La città è al centro della Calabria e qualche sociologo illuminato la pensava capoluogo di regione intorno al ’70: non sarebbe stata nemmeno una cattiva idea. Ma diciamolo sottovoce, perché c’è ancora qualche politico fermo al Novecento.
Lo stabilimento si trova in un punto strategico della città: non lontano dalle tante attività economiche e di servizi che sono nate intorno allo scalo. In teoria non accessibile, in pratica simbolo assoluto del degrado della regione. È un’area immensa, piena di amianto e di rifiuti, teatro di fattacci di cronaca nera: varie violenze sessuali, un omicidio. Una prima bonifica dell’eternit ai tempi della giunta Speranza, un’altra cinque anni dopo. Negli anni, la letteratura dei sogni e delle proposte è stata molto varia. L’abbattimento o la conservazione in quanto mirabile esempio di archeologia industriale, la trasformazione in Hub intermodale o in area verde per i cittadini.
Intanto la natura si sta prendendo i suoi spazi, ricopre con i rovi i resti delle sale, lambisce gli enormi silos arrugginiti, che somigliano a quelli della Liquichimica di Saline, altro monumento calabrese al degrado industriale. Ci sono per fortuna delle palme che resistono alla violenza dell’uomo, e quella scritta che nessuno ha mai provato a cancellare: prendiamola come un segno di resistenza. Ma il sito del comitato “Nonbuttiamolozuccherificio” non pubblica più articoli dal 2011, la rassegnazione sembra essersi impadronita della cittadinanza.
Lamezia non ha un solo baricentro, ma non possiamo dimenticare che la zona è il punto di incontro e di passaggio di operatori economici, cittadini, visitatori, ricca di alberghi e B&b. L’area dell’ex Zuccherificio appartiene ancora agli eredi dei proprietari che la chiusero nei primi anni ’60. Lo stabilimento, aperto alla fine degli anni ’30, era specializzato nella lavorazione della barbabietola, il posto di lavoro per seicento operai. I ricordi dei nonni lo descrivono come un punto d’incontro e di sviluppo al centro di Sant’Eufemia, fondamentale per la sua economia, con le spedizioni via ferrovia.
Lamezia sta perdendo la memoria di tutto questo, restano le associazioni a certificare una realtà insopportabile. La Soprintendenza ha posto il vincolo, almeno sull’edificio principale. Siamo quindi di fronte a un ingorgo perfetto che provoca un danno prima di tutto ai cittadini che vivono nella zona. Ma in qualche modo anche all’intera Calabria, perché si trova in un’area centralissima, appare ogni giorno a migliaia di passeggeri e fa letteralmente orrore. L’ultima proposta della società proprietaria è datata 2019 e aveva un suo perché: usare una parte dell’area per allargare il piazzale della stazione centrale. Poi, il buio. Ricordate Medellin? Era la città del narcotrafficante Pablo Escobar e della cocaina. Giancarlo Mazzanti, un architetto di origine italiana ha raccontato alcuni interventi sociali in una città con un passato assai problematico. Ha detto: pensare a luoghi di incontro, a spazi non più silenziati e abbandonati, è un progetto contro la paura. Lamezia non è Medellin, ma la riconquista dell’ex Zuccherificio sarebbe un obiettivo epocale per il neo-sindaco, per il presidente della Regione. In questo tripudio di Pnrr e Grandi Opere annunciate, il gigante scrostato lametino potrebbe avere un po’ di fortuna. Qualcosa di concreto, ogni tanto.
Il Quotidiano del Sud.
Quella scritta davanti all’ex zuccherificio di Lamezia