Quattro mosse che il governo dovrebbe attuare per mitigare denatalità ed emigrazione

  • Postato il 23 ottobre 2025
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Non bisogna essere degli economisti lungimiranti o dei sociologi visionari, due figure per altro inesistenti tra i dilettanti del governo Meloni, per capire che la denatalità in Italia, di cui si parla in questi giorni dopo la pubblicazione degli ultimi dati, è un fiume in piena epocale nel quadro di una crisi demografica che non si può fermare con mezzucci tipo bonus una tantum o provvedimenti ad hoc, di cui si è riempita recentemente la bocca il Presidente del Consiglio, ma che avrebbe la necessità di una politica economica strutturale in grado di affrontare senza veti ideologici sovranisti almeno quattro temi cardine:

– la politica salariale;
– la gestione intelligente dell’emigrazione;
– la crescente povertà che colpisce anche chi ha un posto di lavoro;
– non ultima, una politica sulla casa (assente da decenni), che sia in grado di calmierare la folle corsa al rialzo del mercato degli affitti soprattutto nelle grandi città. Un fenomeno che come si sa penalizza soprattutto i giovani, sempre più dipendenti dalle famiglie di origine o addirittura dai nonni pensionati.

Quattro pilastri mancanti e deficitari nei programmi del centro destra che sarebbero vitali per provare a fermare la crisi demografica italiana, a rafforzare la scarsa sostenibilità del sistema pensionistico e a fermare il fenomeno molto trascurato delle migrazioni per l’estero, “con 191.000 espatri totali nel 2024 (+20,5% rispetto al 2023). Non soltanto quindi la fuga dei cervelli ma la fuga di parti della popolazione. Un dato particolarmente critico infatti è che ben 156.000 di questi emigranti sono cittadini italiani, con un aumento del 36,5%.

Il fenomeno dunque in Italia, come si può intuire facilmente, è assai allarmante. Ce lo raccontano le cifre ufficiali. Il numero di nati residenti nel 2024 è sceso sotto la soglia critica delle 370.000 unità (esattamente 369.944), registrando una contrazione del 2,6% rispetto all’anno precedente. Questa tendenza si inserisce in un declino quasi ventennale: dal 2008, anno in cui si registrarono oltre 576.000 nati vivi, la perdita complessiva supera le 200.000 nascite, pari a un crollo del 36%.

Malgrado queste cifre, la cecità del governo è palese quando si rifiuta di affrontare alla radice la politica salariale – ad esempio con l’introduzione del salario minimo – o quando insiste nel trattare il fenomeno migratorio come un’invasione e non come una possibile risorsa. Eppure i dati ufficiali ci dicono che per l’Italia, dove il deficit riproduttivo è più acuto, l’unico fattore che contrasta il declino demografico totale è il saldo migratorio netto.

La migrazione, in questo contesto, non è un semplice supplemento o un correttivo di breve termine, ma l’unico motore di crescita della popolazione in grado di evitare un drastico spopolamento che alla lunga si ripercuote sugli equilibri futuri del sistema pensionistico e dunque sulle generazioni future.

C’è da osservare che il governo attuale ma anche i governi precedenti, assai deboli nella politica sull’immigrazione, pare che abbiano perso un tram importante. I dati più recenti ci dicono che la popolazione straniera residente in Italia è in crescita e continua a mitigare, sebbene non riesca a invertire, la traiettoria complessiva di declino demografico e l’invecchiamento della popolazione. Senza il saldo migratorio positivo, il calo sarebbe molto più marcato. Questo perché si registra anche una tendenza alla denatalità tra le famiglie straniere residenti.

Il contributo dei nati da genitori stranieri al totale delle nascite è in calo. Questo fenomeno è in parte dovuto all’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di molti immigrati (che li rende “italiani” nelle statistiche), e in parte all’integrazione nel tessuto sociale, che porta anche le donne straniere ad adottare le abitudini riproduttive delle donne italiane. Ma il dato più preoccupante riguarda la politica, incapace di fare fronte a questo evento epocale.

Fino a quando il fenomeno dell’immigrazione verrà affrontato in chiave ideologica come un fenomeno emergenziale e non di lungo periodo non ci saranno programmi in grado di risolverlo. Basta osservare la politica del governo Meloni con la scelta folle dell’Albania o le politiche passate di Matteo Salvini per capire che quella strada sarà lastricata di fallimenti e fonte di conflitti razziali.

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Il Fatto Quotidiano

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