“Quando mi hanno chiamato per il Nobel non ho risposto, ho visto il numero svedese e pensavo fosse spam. L’ho spento e sono tornata a dormire”: la confessione di Mary Brunkow
- Postato il 7 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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La telefonata più importante della vita di uno scienziato arriva quasi sempre nel cuore della notte, da un numero sconosciuto con prefisso svedese. Ma per Mary Brunkow, premiata con il Premio Nobel per la Medicina 2025, quella telefonata ha rischiato di perdersi nell’etere, scambiata per una fastidiosa chiamata spam. “Mi ha squillato il telefono e ho visto un numero dalla Svezia. Ho pensato: beh, è solo spam o qualcosa del genere. Così ho disattivato il telefono e sono tornata a dormire”. È il racconto esilarante che la scienziata ha fatto ad Adam Smith, direttore scientifico di “Nobel Prize Outreach”, nella consueta intervista che segue l’annuncio. A salvare la situazione è stato il marito. “Poi ho sentito che stava parlando con qualcuno”, ha continuato, descrivendo la scena surreale alle 4:30 del mattino: “Ora sono seduta al tavolo da pranzo. Siamo io, mio marito e il cane. Il cane è un po’ confuso su quello che sta succedendo”. L’emozione prevalente, ha confessato, è lo choc. Non si aspettava “per niente” di vincere e non ha ancora pienamente realizzato l’accaduto.
Il premio Nobel è stato assegnato a lei e al collega Fred Ramsdell per aver identificato Foxp3, la molecola “master” che programma geneticamente le cellule T regolatorie, i “guardiani” del nostro corpo che hanno il compito di sopprimere la risposta immunitaria ed evitare che attacchi l’organismo stesso. Una scoperta fondamentale che ha aperto la strada a nuove terapie per le malattie autoimmuni. Un risultato che Brunkow definisce frutto di una “sfacchinata molecolare”. Spiega come il punto di partenza sia stato il “potere della genetica”: lo studio di una mutazione in un topo che causava gravi difetti immunitari, poi collegata a una rarissima malattia umana nei bambini. Da lì, un lavoro certosino per isolare la “piccolissima alterazione genetica” responsabile di un “cambiamento così profondo”.
Con grande umiltà, la scienziata sottolinea che la sua non è stata una vittoria individuale: “È stato uno straordinario lavoro di squadra”, ha ribadito. “Ci vogliono un sacco di cervelli diversi, che lavorino tutti insieme. Questo è certo”. E rivela un dettaglio sorprendente sulla sua carriera: “È incredibile quanto sia cambiata la scienza. La mia carriera è cambiata parecchio da quando è stato fatto quel lavoro. Non sono nemmeno più in quel campo, ma è stato un onore aver preso parte a quel lavoro iniziale e ho seguito tutti gli sviluppi che sono arrivati dopo quelle scoperte basilari”.
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