Processo Itrec di Rotondella, chiesti 13 rinvii a giudizio

  • Postato il 16 marzo 2025
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Processo Itrec di Rotondella, chiesti 13 rinvii a giudizio

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Sono 13 le richieste di rinvio a giudizio nel processo sui veleni nella falda sotto l’Itrec l”impianto nucleare di Rotondella tra gli imputati anche Sogin spa, che sta smantellando la struttura


POTENZA – Rinviare a giudizio 13 persone più la società Sogin spa per accuse che vanno dal traffico illecito di rifiuti al disastro ambientale, passando per l’inquinamento il falso. In relazione alla gestione dei veleni scoperti nella falda sotto il sito nucleare in dismissione dell’Itrec di Rotondella, all’interno del centro di ricerche Enea Trisaia. È questa la richiesta al centro dell’udienza preliminare in partenza giovedì mattina a Potenza.

PROCESSO ITREC DI ROTONDELLA, GLI IMPUTATI

Di fronte al gup Salvatore Pignata dovranno comparire due rappresentanti legali del sito Sogin di Rotondella: il siciliano Edoardo Petagna e il policorese Vincenzo Stigliano, più il gestore del piano di caratterizzazione del sito, il materano Giuseppe Pastore. Quindi: il rotondellese Salvatore Gaetano Bruno, ex direttore tecnico dell’Itrec, il materano Vito Salvatore Valentino e il tricaricese Enrico De Capua, ex ed attuale dirigente dell’Ufficio ambiente della Provincia di Matera, il cosentino Giuseppe Spagna e il milanese Marco Giulio Maria Citterio, già direttori del centro ricerche Enea, altri due dirigenti della Sogin spa come il livornese Marco Del Lucchese e la romana Elena Burone, il rotondellese Giambattista Labattaglia, già responsabile della gestione del centro Enea, il cosentino Alessandro Dodaro, direttore del dipartimento fusione nucleare e tecnologie per la sicurezza dell’Enea, e il dirigente dell’ufficio suolo e rifiuti dell’Arpab di Matera, Gaetano Santarsia.

Rispetto ai 16 destinatari dell’avviso di chiusura delle indagini risultano stralciate le posizioni di due dipendenti della provincia di Matera, Vito Malvasi e Marilena Vizziello, e di un geometra del comune di Rotondella, Francesco Mele.

LE ACCUSE

L’accusa di falso ipotizzata nei loro confronti, infatti, risulta ormai caduta in prescrizione.
La tesi della Direzione distrettuale antimafia di Potenza è che alcuni indagati, dirigenti di Sogin: «avrebbero appreso già nel 2014, grazie alle analisi da loro stessi condotte, della grave contaminazione da tricloroetilene e cromo esavalente delle acque di falda sottostanti il loro sito e avrebbero effettuato le prescritte comunicazioni agli enti competenti solo nel 2015».

In seguito alla chiusura delle indagini l’ex procuratore capo potentino, Francesco Curcio, aveva spiegato in una nota che le condotte dei dirigenti Sogin non solo avrebbero determinato «un ritardo nell’applicazione delle procedure di messa in sicurezza del sito», ma anche lo sversamento nel Mar Jonio «senza alcun trattamento» delle «acque di falda contaminate che venivano emunte dai loro sistemi di sicurezza».

Tra le contestazioni c’è anche l’omesso controllo da parte della Provincia di Matera e del Comune di Rotondella su un’istanza, «corredata da atti che secondo la ricostruzione degli inquirenti conterrebbero dati non veritieri», che nel 2018 ha permesso a Sogin di «scaricare illecitamente» le acque «industriali» oltre che «meteoriche e di dilavamento (…) direttamente nel fiume Sinni (pur provenendo, le stesse, da un impianto interessato da contaminazione)».

Un’ulteriore contestazione riguarda la «frequente disattivazione», da parte di un dirigente Enea, delle pompe della barriera idraulica appositamente predisposta per contenere la propagazione delle acque di falda contaminate». Condotte, queste ultime, che «sarebbero state poste in essere al fine, verosimilmente, di abbattere i costi energetici e di gestione dei rifiuti liquidi che sarebbero stati prodotti».

PROCESSO ITREC DI ROTONDELLA, L’IPOTESI DI DISASTRO

L’ipotesi di disastro, invece, fa riferimento alla «compromissione» e al «deterioramento non reversibile in maniera naturale» delle acque sotterranee a causa della propagazione della contaminazione di sostanze cancerogene.
«Il ritardo nella realizzazione della attività di messa in sicurezza del sito unite alle ulteriori condotte sopra descritte – concludeva Curcio – determinava (…) una migrazione della contaminazione delle acque di falda sottostanti l’area Enea Sogin oltre il loro perimetro superando la strada statale 106».

Sogin ed Enea si sono sempre dichiarati estranei agli sversamenti di sostanze pericolose che hanno provocato la contaminazione della falda, e che potrebbero essere collegati ad ad altre attività presenti, in passato, nella zona.
Martedì scorso dalla Regione hanno annunciato la revoca dell’ordinanza col divieto di coltivazioni nelle zone limitrofe all’impianto Itrec. Confermato, invece, il «divieto di divieto di emungimento delle acque sotterranee a scopo irriguo ed idropotabile» in vigore dal 2017 a causa proprio della contaminazione delle stesse da tricloroetilene e cromo esavalente.

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