Posidonia sbiancata, moria di mitili e mucillagine: il Mediterraneo è diventato un hotspot climatico
- Postato il 22 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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di Marevivo
Il Mediterraneo è sempre più caldo. A giugno ha già raggiunto picchi di 5°C al di sopra delle temperature medie stagionali. Da culla di civiltà e scrigno di biodiversità, oggi è diventato un vero “hotspot climatico”, dove gli effetti estremi del climate change si manifestano con particolare intensità. L’ultimo rapporto IPCC e i dati Copernicus mostrano che il Mediterraneo si sta scaldando più della media globale: +0,4°C per decennio negli ultimi 40 anni, contro +0,2°C globale. Essendo un bacino semi‑chiuso accumula calore e mostra segni crescenti di stress. L’intera regione si scalda il 20% più velocemente. Pensiamo a cosa significhi per noi avere 41°C di febbre: lo stesso accade al mare e alle specie che lo abitano.
Oceani e mari trattengono il 90% del calore in eccesso e assorbono il 30% della CO₂ prodotta dall’uomo, ma per continuare a farlo devono restare in salute. Il nostro consumo di combustibili fossili e un’economia lineare che spreca risorse e spinge al consumo stanno alimentando ondate di calore sempre più intense, acidificazione del mare con una conseguente drastica perdita di biodiversità. Purtroppo sembra un allarme totalmente ignorato.
Lo scorso anno si è avuta una stagione estiva senza precedenti, racconta il Prof. Roberto Danovaro, ordinario di Ecologia all’Università Politecnica delle Marche: “L’estate del 2024 è stata quella dei record, non ha solo registrato temperature altissime, ma le ha raggiunte già da fine giugno. Abbiamo toccato i 31°C nelle acque superficiali costiere, un livello drammatico anche per gli ambienti tropicali. Queste temperature si sono protratte per sei settimane consecutive, un tempo biologicamente lunghissimo, che ha portato a morie massive di cozze selvatiche lungo il Conero e a un inedito sbiancamento della Posidonia oceanica a Lampedusa, uno spettacolo incredibile, perché le foglie di colore verde intenso diventano trasparenti, come una sorta di foglio di cristallo. Un fenomeno visibile in modo estensivo nei primi metri”.
Anche nel 2025 i dati relativi al Mediterraneo sono tutt’altro che incoraggianti: “In questo momento stiamo già registrando temperature superficiali oltre i 26°C, il valore massimo che decenni fa si raggiungeva solo a fine luglio, per raggiungere poi circa 27°C nel mese di agosto. Se l’alta pressione dovesse mantenersi stabile, c’è il rischio di superare di nuovo la soglia critica dei 30°C, oltre la quale specie chiave come cozze, ricci ed echinodermi non sopravvivono a esposizioni prolungate”, prosegue il Prof. Danovaro.
Se quest’estate non arriveranno perturbazioni a raffrescare e rimescolare strati superficiali e profondi, potremmo assistere a una nuova intensa ondata di calore marino. Queste heat waves confermano i modelli scientifici che mostrano un aumento di frequenza, intensità e durata: quasi assenti prima del 1990, poi ogni 5 anni nei primi 2000, poi ogni 4, 3, 2, e adesso che compaiono quasi ogni estate.
Nell’Adriatico ai picchi di temperatura si è aggiunta la mucillagine, con segni ancora evidenti quest’anno. “Un caso piuttosto preoccupante è quello del Banco di Santa Croce, nel Golfo di Napoli, che non aveva mai visto la presenza di mucillagini, ma quest’anno ne registra una presenza importante che copre le gorgonie rischiando di compromettere la loro salute fino alla morte”, spiega Danovaro. Si tratta di un fenomeno allarmante, la cui origine ancora non è stata accertata dai ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche che ne stanno studiando le origini per comprenderne l’effetto.
La vulnerabilità dell’ecosistema marino è aggravata anche dal danneggiamento degli habitat: ancoraggi selvaggi che strappano la Posidonia, pesca a strascico che distrugge i fondali riducendo la capacità di stoccare carbonio, i rifiuti che soffocano i fondali. “Sono tutte ferite che lasciano l’habitat più esposto al calore e agli stress climatici. È lo stesso fenomeno che accade nella foresta amazzonica frammentata dalle azioni dell’uomo. Nei mari, dove la Posidonia è integra resiste meglio, dov’è frammentata il caldo fa più danni”, conclude Danovaro.
A questo si aggiunge l’overtourism: depuratori sovraccarichi lungo le coste, nutrienti che alimentano “bloom algali” anomali e mucillagini, con effetti devastanti sulla salute del mare e di conseguenza su turismo e blue economy.
Gli scienziati concordano: la soluzione di lungo termine deve essere un’azione globale, con l’applicazione rigorosa dell’Accordo di Parigi per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. Ma servono anche azioni immediate e concrete, come piani nazionali di ancoraggio con boe, per proteggere Posidonia e coralli; depuratori efficienti e adeguati ai flussi turistici; lo stop alla pesca a strascico indiscriminata. Sono tutti interventi realizzabili, che richiedono però volontà politica e investimenti mirati. Ciascuno può fare la sua parte e i cittadini devono pretendere che chi amministra la cosa pubblica metta in campo azioni che tutelino il nostro habitat.
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