Ponte Morandi, l’ex direttore generale di Aspi contro Mion: “Forse è in malafede, non è vero nulla”

  • Postato il 25 marzo 2025
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zona rossa ponte morandi

Genova. “Io non ho mai partecipato alla riunione di induction del 2010 di cui ha parlato Gianni Mion e comunque in quella riunione nessuno disse che ci autocertificavamo la sicurezza”. L’ex direttore generale di Autostrade Riccardo Mollo, imputato nel processo per il crollo del ponte Morandi, scarica in aula Gianni Mion, ex ad della holding dei Benetton Edizione ed ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia.

“Sono stato chiamato in causa a sproposito. Non è vero nulla di quanto detto“. Per chiarire quanto successo oggi in aula occorre tornare alla testimonianza del 2023 di Mion: in quella occasione l’ex manager disse che in una riunione del 2010 “emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo, all’epoca direttore generale di Aspi, mi rispose ‘Ce la autocertifichiamo’. Quella risposta – aggiunse Mion – mi terrorizzò”.

E Mollo ha risposto che a quella riunione non era presente. “C’ero invece in un’induction successiva, a cui forse Mion fa riferimento sbagliando la data. Si disse che la società stava assegnando il 22,7 per cento in più di ispezioni. E venne chiesto “come ci stiamo organizzando?”. Io risposi che c’erano due modi: o dotarsi di una società terza, controllata, con contratto di servizio (cosa che stavamo facendo) oppure l’altro modo, scelto da Anas e Ferrovie, era quello di autocontrollarsi, autocertificarsi. Non ho detto ‘ce lo autocertifichiamo’. Forse Mion ha capito male, se non era in malafede“.

All’udienza di oggi hanno anche fatto dichiarazioni spontanee Michele Donferri Mitelli, che si era già sottoposto all’esame. E ha ribadito più volte “non ho mai taroccato i dati. I pm hanno lasciato indietro qualche pezzo, io nel 1995 ho lasciato invece un sistema di monitoraggio attivo”.

L’ultimo a parlare è stato Roberto Ferrazza, ex provveditore alle opere pubbliche. “Noi il nostro ruolo lo abbiamo svolto con lealtà, disciplina e competenza tecnica – ha detto -. Ma non possiamo essere schiacciati alle stesse figure dei progettisti e verificatori solo perché avevamo in mano il progetto del retrofitting. Noi non avevamo nessuna attività di controllo del ponte, ma nemmeno di tutto ciò che lo ha preceduto. Tutto questo non era nostro compito, non potevamo saperlo. Nonostante questo ci siamo impegnati allo spasimo per fare approfondimento totale. Io non sentito nessuno dire che abbiamo scritto sciocchezze ma anzi ho trovato scritto che quel progetto, se eseguito per tempo, avrebbe evitato crollo”.

Dopo l’udienza il suo avvocato Fabio Viglione ha ribadito che Ferrazza “ha chiarito in modo analitico passaggi fondamentali di tipo normativo e fattuale che consentono di ritenere completamente sconfessate le ipotesi d’accusa relative alla sua posizione e a quella del Cta del Provveditorato”.

Domani l’ultimo giorno di dichiarazioni spontanee. Dopo la rinuncia di due imputati l’unico a parlare in aula sarà l’ex numero uno di Aspi Giovanni Castellucci. Poi il processo si avvierà alla fase finale, con la requisitoria dei pm.

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Genova24

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