“Pma anche per le donne single”, consegnate in Senato 43mila firme per modificare la legge: “Oggi io non sarei nata”
- Postato il 19 settembre 2025
- Diritti
- Di Il Fatto Quotidiano
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“La procreazione assistita deve essere un diritto anche per le donne singole”: l’Associazione Luca Coscioni ha consegnato in Senato 43mila firme raccolte a sostegno della campagna “Pma per tutte”- Così cittadine e cittadini chiedono al Parlamento di modificare la legge 40/2004, secondo i firmatari “ancora responsabile di gravi discriminazioni nell’accesso alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) nei confronti di donne singole e coppie dello stesso sesso”. La normativa italiana, infatti non permette la pma per donne single o coppie dello stesso sesso, costringendo centinaia di donne, ogni anno, a recarsi all’estero “con costi elevati e disuguaglianze” legate alle diverse possibilità economiche.
Le firme, fa sapere l’associazione, saranno poi depositate anche alla Camera, per sollecitare così una proposta di legge. L’appello è chiaro, spiegano Filomena Gallo e Francesca Re, Segretaria nazionale e Coordinatrice della campagna PMA per tutte dell’Associazione Luca Coscioni, “chiediamo di modificare l’articolo 5 della legge 40, ed eliminare una discriminazione che priva migliaia di persone di diritti fondamentali”. La palla, ora, passa in mano al Parlamento, ma l’associazione promette comunque battaglia nelle aule giudiziarie “come nel caso di Evita finito in Corte costituzionale, che ha ha rilevato che non vi sono ostacoli costituzionali alla cancellazione del divieto”.
A depositare le firme anche Maria Giulia D’Amico, nata 31 anni fa in Italia da una madre singola proprio grazie alla Pma, prima che la legge entrasse in vigore. “Oggi io non sarei nata. La procreazione assistita deve essere un diritto anche per le donne singole. Lotto anche per mia madre, che non c’è più, ma che mi ha dato moltissimo – spiega – Io sono la prova vivente che questa possibilità non toglie nulla a nessuno, ma regala vita e amore. Ho avuto un’infanzia normale: non mi sono mai sentita privata di qualcosa o messa al mondo per atti di egoismo, come spesso si sente dire. Mi sono sempre sentita accolta. Oggi, invece, sono le istituzioni a farmi sentire un’eccezione, non permessa. Questa è una discriminazione non solo economica, ma anche sociale, perché in Italia non è consentito e quindi, quando torni dall’estero, vivi il senso di colpa per aver fatto una cosa considerata sbagliata”.
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