Pioppicoltura intensiva lungo i fiumi: un grave impatto sulla biodiversità superstite

  • Postato il 30 giugno 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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di Giovanni Barcheri

Si fa presto a parlare di “green” e “sostenibilità” ma i due concetti difficilmente possono essere banalmente ricondotti alle economie di mercato.

Se sui testi di ecologia si legge che “lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”, l’espressione oggi è entrata nel linguaggio dei mass media e ha assunto significati in gran parte diversi, soprattutto per l’uso inappropriato per tornaconto di politici e imprese; qui si dovrebbe piuttosto parlare di “greenwashing”, tradotto con il “di verde, solamente una pennellata”.

Nel suo libro Fundamentals of Ecology, Odum definisce l’Ecologia come la scienza che si occupa dei sistemi naturali e pure l’ecosistema include tutti gli organismi che vivono insieme in una data area interagenti con l’ambiente fisico. Non si può prescindere dai concetti di biotopo, biocenosi, habitat e nicchia ecologica. Con un articolo, pubblicato di recente sul Corriere del Ticino, è stata sollevata la questione della distruzione della natura in Svizzera laddove una poco “green” ma nei fatti sempre molto economy porta in ogni caso alla distruzione degli ecosistemi naturali. E qui?

Non per fare alcun vanto, però va ricordato che in Italia abbiamo il primato della biodiversità rispetto a qualsiasi altro Paese del Vecchio Continente; ciò dipende dal sovrapporsi di tre macroregioni biogeografiche (continentale, alpina e mediterranea) con condizioni locali uniche che permettono il mantenimento di numerosi endemismi e varietà specifiche straordinarie e ineguagliabili. Per inciso, la volontà dell’attuale governo italiano di votare No in sede europea al regolamento di Ripristino della Natura (Nature Restoration) è stata molto triste perché indica a mio giudizio totale disinteresse oltre che ideologia contraria e dettata da ignoranza sul suddetto primato del nostro Paese.

Un grave impatto sulla biodiversità superstite, soprattutto nel bacino padano, di cui non si parla ancora abbastanza ma nei fatti è molto simile a quanto da tempo avviene con la distruzione della foresta amazzonica ad opera dei coltivi intensivi di biomasse: gli impianti dei pioppeti a schiera lungo i principali fiumi del bacino padano con il pretesto di contribuire all’assorbimento della CO2, e quindi ritenuti fonti energetiche rinnovabili, nella realtà cancellano gli ultimi lembi della foresta planiziale che una volta copriva l’intera Pianura padana ma oggi largamente rimpiazzata da coltivi intensivi, urbanizzazione, industrializzazione, infrastrutture ecc. Oltretutto i pioppi ibridi canadesi non fotosintetizzano neppure da settembre ad aprile, richiedono ingenti trattamenti con pesticidi e spesso arature con rilascio dal suolo di CO2.

Chiaramente non metto sotto accusa i casi, che sono pochi, di coltivi di pioppi al posto delle colture intensive tradizionali in quanto più redditizie. Però diverse Regioni del bacino padano, beneficiando di fondi europei destinati alla Conservazione della Natura, mettono a disposizione incentivi alla pioppicoltura intensiva nelle aree golenali dei fiumi (anche in aree molto sensibili dei Parchi) e cedono in concessione pluridecennale aree demaniali ai frontisti coltivatori per impiantare pioppi a schiera; è facile osservare dai ponti sui principali fiumi la perdita di biodiversità, la distruzione di ecosistemi naturali e l’occupazione indebita di aree di esondazione.

Anche a seguito della recente possibile retromarcia della Commissione Ue nel contrasto al greenwashing, il futuro potrebbe essere simile al finale de La Fattoria degli animali di Orwell, dove i maiali oramai si confondono con l’uomo e l’uomo con i maiali. La “Sostenibilità” oramai viene già equivocata solo con il mero sostegno immediato ai mercati e alle finanze.

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