Pillole di salute: grassi Omega3 o Omega6? Non sempre sono antinfiammatori

  • Postato il 1 luglio 2025
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Per anni abbiamo considerato i grassi insaturi – soprattutto gli omega-3 e omega-6 – come veri alleati della salute, noti per le loro proprietà antinfiammatorie e per la capacità di abbassare il colesterolo LDL, il cosiddetto “colesterolo cattivo”. Ma una nuova e ampia ricerca internazionale solleva dubbi interessanti: è davvero così semplice? O esiste un lato meno noto di questi nutrienti?

Una nuova analisi pubblicata sull’International Journal of Epidemiology suggerisce che questi grassi, pur considerati “buoni”, potrebbero aumentare alcuni marcatori infiammatori nel sangue. Un risultato sorprendente, soprattutto per quanto riguarda gli omega-3, tradizionalmente legati a effetti protettivi sul sistema immunitario e cardiovascolare.

Il paradosso degli omega-3 e omega-6: quando i “buoni” infiammano

Gli acidi grassi polinsaturi (PUFA), come gli omega-3 e omega-6, si trovano in alimenti largamente raccomandati nelle diete salutari: pesce azzurro, frutta secca, semi, avocado, olio d’oliva. Tuttavia, lo studio condotto su due ampi campioni – il progetto ALSPAC e la UK Biobank, con oltre 15.000 partecipanti – ha individuato un’associazione tra questi grassi e un aumento dei livelli di GlycA, un biomarcatore infiammatorio legato al rischio cardiovascolare.

La ricerca ha valutato tre indicatori chiave dell’infiammazione:

  • Proteina C-reattiva (CRP)
  • Interleuchina-6 (IL-6)
  • Glicoproteine acetilate (GlycA)

Mentre CRP e IL-6 hanno mostrato risultati più neutri, GlycA è aumentato in concomitanza con livelli più elevati di omega-3 e omega-6 nel sangue.

Cosa significa tutto questo?

La scoperta ha stupito anche gli esperti. Il dott. Thomas M. Holland, medico-scienziato presso il RUSH Institute for Healthy Aging (Chicago), ha commentato:

“È sorprendente vedere come livelli elevati di omega-3 siano collegati a un marcatore infiammatorio come il GlycA. Abbiamo sempre associato questi grassi a una funzione immunitaria modulatrice, ma questo studio invita a riconsiderare il quadro.”

Attenzione però: i ricercatori sottolineano che l’infiammazione è un processo estremamente complesso. Un solo biomarcatore non racconta l’intera storia. Non è detto, quindi, che un aumento del GlycA significhi necessariamente un effetto negativo sulla salute.

Il vero colpevole? Il rapporto sbilanciato tra omega-6 e omega-3

Uno dei dati più significativi emersi dallo studio riguarda l’equilibrio tra omega-6 e omega-3 nella dieta. Oggi, nelle abitudini alimentari occidentali, questo rapporto è profondamente squilibrato: 15:1 o addirittura 20:1, a favore degli omega-6, quando in passato si aggirava intorno a 4:1.

Un eccesso di omega-6 – spesso introdotti attraverso oli vegetali raffinati e alimenti industriali – può creare un terreno pro-infiammatorio nell’organismo. Anche se gli omega-3 sono presenti, non riescono a bilanciare gli effetti degli omega-6 quando il rapporto è troppo elevato.

Daisy Crick, autrice principale dello studio e ricercatrice presso l’Università del Queensland (Australia), ha dichiarato:

“Non si tratta solo della quantità di omega-3 che assumiamo, ma del bilanciamento generale con gli omega-6. Il nostro studio suggerisce che migliorare questo rapporto può essere più utile di aumentare semplicemente gli omega-3.”

Le implicazioni per la nostra salute quotidiana

Allora, dobbiamo bandire pesce, noci e avocado dalla tavola? Assolutamente no. Lo studio non intende demonizzare i grassi insaturi, ma chiede una riflessione più profonda sul loro ruolo.

Il messaggio chiave è chiaro:
Non basta introdurre omega-3 nella dieta, bisogna ridurre gli omega-6 in eccesso.
Una dieta equilibrata è sempre la via più efficace per mantenere un’infiammazione sotto controllo.
La qualità del cibo conta più della moda alimentare: molti oli vegetali industriali, pur contenendo grassi insaturi, possono non essere benefici se consumati in eccesso o se sbilanciano il rapporto tra PUFA.

Dove troviamo gli omega-3 e come usarli con buon senso

Gli omega-3 restano nutrienti preziosi, soprattutto se inseriti in un contesto alimentare equilibrato e variegato. Fonti naturali da privilegiare:

  • Pesce azzurro (salmone, sgombro, sardine)
  • Semi di lino, chia, canapa
  • Noci
  • Alghe marine (per chi segue una dieta vegana)

Evitare invece l’abuso di prodotti ultraprocessati o ricchi di oli di mais, soia o girasole raffinati, che possono alterare l’equilibrio omega-6/omega-3.

Una relazione da approfondire

Come evidenziato dai ricercatori, servono ulteriori studi per comprendere appieno il ruolo degli omega-3 e omega-6 sull’infiammazione. I tre marcatori usati nello studio rappresentano solo una piccola parte della complessità immunitaria umana.

È possibile, ad esempio, che gli omega-3 abbiano comunque effetti benefici su altri meccanismi – come la risoluzione dell’infiammazione acuta o la protezione neuronale – che non sono stati valutati in questo lavoro.

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Blitz

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