Piaghe, cavallette, occhio per occhio e cammelli nelle crune degli aghi: Haim Baharier smonta a teatro tutte le fake news sulla Bibbia

  • Postato il 11 marzo 2025
  • Cultura
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La Terra promessa? Mai promessa a nessuno. Il sacrificio di Isacco? Mai morto nessuno, semmai un montone. L’Antico Testamento? Non è né antico né testamento, a meno di non considerare il protagonista del Libro un anziano in fin di vita che detta le sue ultime volontà… Queste e altre fake news bibliche – create e alimentate da traduzioni imprecise, interpretazioni fallaci o perfide mistificazioni – affronta, commenta e smonta il maestro Haim Baharier domenica 16 marzo al Teatro Franco Parenti di Milano (ore 11; ingresso previa prenotazione), in una lectio dal titolo provocatorio: “Voi ebrei, figli di un Dio crudele e vendicativo”, quel Dio erroneamente scambiato per un Signore geloso, ghiotto di olocausti (alias sacrifici), allevatore di cavallette e fabbricante di piaghe. Che “piaghe”, in verità, non sono.

Tradurre è un po’ tradire, d’accordo, ma le baggianate – ancorché assurte a classico della letteratura – vanno costantemente smascherate, decostruite e rimesse al loro posto, soprattutto in questi anni pericolosi, irrazionali e violenti. “Quando il maestro torna a parlarci, è tempo di domande – si legge nel programma –. Esibiti e perfino rivendicati, i mai sopiti pregiudizi antisemiti conoscono oggi un’inquietante recrudescenza che deve essere interrogata nelle sue radici. Letture distorte di alcuni testi della Bibbia ebraica rappresentano lo sfondo di queste drammatiche e tristi manipolazioni”. Le ultime cene odierne, ad esempio, a tema libero su Israele e Palestina, finiscono spesso in rissa teologica: “Ma tu hai letto la Bibbia tremenda? È piena di massacri, stupri, guerre, delitti… a causa di Dio, o col suo beneplacito”. Il Dio, s’intende, della Torà ebraica – per gli amici cristiani “Pentateuco” –, mica quello della Buona novella di Gesù. Ma così le argomentazioni sono alla frutta, e il dessert ha un pessimo retrogusto antigiudaico.

Mai morto, al contrario rinverdito dalla guerra in Medioriente, l’antisemitismo vampirizza ancora l’immaginario collettivo, nutrendosi di tragici quanto millenari stereotipi, come l’“Esodo” che invero è un’uscita dalla schiavitù, come i “comandamenti” che sono “solo” parole, o come l’infame “legge del taglione” scambiata per vendetta letterale dell’“occhio per occhio” quando invece si tratta di risarcimento, in denaro perlopiù, proporzionato all’offesa. Fino all’esortazione dell’“ama il prossimo tuo come te stesso” spacciata per rivoluzione evangelica laddove è una citazione del Levitico, dal cattivissimo e sanguinario Antico Testamento, dunque.

Con sapienza e intuito, Baharier, “attraverso alcuni esempi convincenti di passi della Torà, dà voce alla lettura su cui da più di due millenni si costruisce la tradizione di Israele”: nato a Parigi nel 1947 da ebrei polacchi reduci da Auschwitz e milanese dagli anni Settanta, il maestro è stato allievo di Emmanuel Lévinas e Léon Askenazi, diventando a sua volta ermeneuta, biblista e talmudista. Psicoanalista e autore di libri sul pensiero ebraico, l’intellettuale insegna tuttora Torà e Talmud, incantando il pubblico meneghino e no: può passare quasi un’ora intera di lezione a descrivere il settimo braccio della menorà (il candelabro), o a illustrare le condizioni del meteo durante l’uscita dall’Egitto, o a spiegare la cottura dell’agnello di Pesach… Proprio come quell’altro professore, alla Cornell University di New York, che s’intratteneva per ore e ore sulla disposizione delle cuccette in una carrozza del treno notturno Mosca-San Pietroburgo nell’Ottocento: la lectio era su Anna Karenina di Lev Tolstoj e il nome del prof. – un immigrato – Vladimir Nabokov.

Leggere, commentare, interpretare è un lavoro d’archeologia: uno scavo nella terra tra cadaveri, mostriciattoli e altri vermetti. Un mestiere faticoso e polveroso: non tanto alla ricerca dell’Arca perduta, come Indiana Jones e i suoi seguaci, quanto alla dissepoltura di verità sgradite ai più. “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago” eccetera, disse uno, salvo poi scoprire che il cammello non era un cammello, ma una corda molto spessa. Forse un errore di traduzione, ma questa è un’altra storia. E c’è chi la chiama Nuovo Testamento.

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Il Fatto Quotidiano

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