Percorsi seriali, Maschi Veri: una massa di stereotipi tra banalità e occasioni sprecate
- Postato il 24 agosto 2025
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Il Quotidiano del Sud
Percorsi seriali, Maschi Veri: una massa di stereotipi tra banalità e occasioni sprecate
Percorsi seriali, su Netflix arriva la serie italiana che muove i passi dalla spagnola Machos Alfa ma Maschi veri si rivela una occasione sprecata tra stereotipi e banalità
Ci aspettavamo di meglio? Non lo so, anche perché non è che la “sorgente spagnola” fosse qualcosa di molto riuscito, ma questo è davvero poco. “Maschi Veri”, adattamento italiano della serie spagnola “Machos Alfa” (2022), è arrivato su Netflix con la promessa di decostruire la mascolinità tossica attraverso la commedia. Nonostante un cast notevole (Sermonti, Lastrico, Martari, Montanari) e una tematica attualissima, la serie inciampa in numerosi limiti: superficialità narrativa, adesione acritica agli stereotipi, e una regia che preferisce la sicurezza del format alla ricerca di un’identità originale.
Il risultato è un prodotto che, pur divertendo in singoli frammenti, fallisce nel trasformare la provocazione in riflessione profonda. Ed è davvero un gran peccato. Soprattutto perché ci si trova di fronte ad un esercizio di adattamento pedissequo con zero originalità, una sorta di fotocopia senza anima. Vediamo perché. La serie replica fedelmente l’originale spagnolo, limitandosi a cambiare location (Roma) e nomi dei personaggi. Ogni scena, battuta e sviluppo narrativo è un calco di “Machos Alfa, senza alcun tentativo di contestualizzazione nella realtà italiana. Hanno giustamente notato alcuni recensori e parte del pubblico sui social: «Ha senso vedere una serie “doppione” di qualcosa già visto? Nessuno».”
La sceneggiatura (Furio Andreotti, Giulia Calenda, Ugo Ripamonti) evita qualsiasi innovazione, rifugiandosi in strutture narrative prevedibili e senza prendersi nessun rischio creativo, sembra quasi vedere un prodotto girato dalla troupe di Boris (quanto ci manca!). La crisi dei quattro protagonisti (licenziamento per sessismo, tradimenti, coppie aperte) è raccontata con meccanismi già visti in sitcom come Friends o Modern Family, ma senza la loro freschezza.
Il risultato al livello comico è incoerente viaggiando fra battute scontate e spesso didascaliche. La serie oscilla tra gag farsesche (es. il viagra di Luigi, i disastri su Tinder di Mattia) e toni moraleggianti, senza trovare un equilibrio. Le battute, scontate e vecchie sul “politicamente corretto” (es. “Oggi non si può dire nulla!”) sono ripetute fino a diventare cliché, svuotando la critica sociale di qualsiasi potenza, se mei ne avessero avuto qualcuna. Sembra di evocare quelle terribili e forzate “risate a denti stretti” della vecchia settimana enigmistica, ma davvero come in preda ad una paresi! L’uso di situazioni imbarazzanti per generare ilarità (es. Riccardo che scopre i genitori in una relazione a tre) rischia di normalizzare comportamenti tossici invece di smontarli.
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La serie non distingue mai chiaramente tra ironia e complicità. Oltre i cosiddetti Maschi Veri ci sono anche i personaggi femminili, che francamente da protagoniste sembrano più macchiette, scimmiottando l’illusione dell’empowerment. Sebbene le donne abbiano ruoli attivi (Daniela è un’influencer ed Ilenia propone una relazione aperta), la loro caratterizzazione è spesso superficiale. Tiziana (Thony) che tradisce con un personal trainer, o Chiara (Nicole Grimaudo) come ex moglie iper-controllante, scivolano nella caricatura.
Le dinamiche di coppia ripropongono binari obsoleti: le donne sono “isteriche” quando rivendicano autonomia, o “calcolatrici” quando gestiscono il potere (es. Daniela che mantiene Massimo). Manca una reale esplorazione delle loro motivazioni psicologiche – un giro su Tik Tok mostra sicuramente qualcosa di più divertente realizzata da stand up comedian donne. Quello che risulta abbastanza evidente è che il tema importante della decostruzione della mascolinità tossica è solamente un claim. E neanche riuscito benissimo. All’interno della narrazione c’è anche questa parodia, abbastanza inutile di un corso anti-mascolinità tossica, che fa da fil rouge.
Il percorso di “decostruzione della mascolinità”, guidato dal personaggio di Corrado Fortuna, è trattato come una serie di sketch comici. Le lezioni si riducono a luoghi comuni (“Gli uomini non piangono!”) senza approfondire radici culturali o soluzioni concrete. I protagonisti non evolvono. Massimo (Matteo Martari) resta un narcisista, Riccardo (Montanari) un fedifrago patologico.
La serie giustifica i loro comportamenti come “fragilità“, senza mostrare una reale presa di responsabilità. Le conversazioni sembrano discorsi da TED Talk travestiti da battute (es. monologhi su “il maschilismo è ovunque!”). Manca la spontaneità dei rapporti umani, sostituita da un didascalismo che appesantisce il ritmo.
Lo stile visivo è abbastanza piatto, con la regia (Oleotto e Lamartire) che opta per inquadrature convenzionali e colori saturi da sitcom, senza osare linguaggi innovativi. Le location sono generiche (uffici, case borghesi, circoli di padel), perdendo l’occasione di usare Roma come scenario narrativo. Tutto da buttare? Non proprio. Però sa moltissimo di occasione sprecata aveva un cast competente, qualche spunto di riflessione sparsi ed anche delle guest star, Ilary Blasy e Selvaggia Lucarelli, ben usate.
Lastrico e Martari salvano scene imbarazzanti con timing comico efficace. Martari, in particolare, rende il sessismo di Massimo grottesco anziché ripugnante. Alcune scene colgono nel segno, come il contrasto tra Mattia e la figlia adolescente fluida (Alice Lupparelli), simbolo di un gap generazionale incolmabile. Mentre serie come Sex Education o Fleabag hanno usato la commedia per esplorare le relazioni di genere con coraggio, questa produzione si accontenta di sfiorare il tema, preferendo la sicurezza commerciale all’ambizione artistica.
Il titolo è un’antifrasi involontaria: questi uomini non sono “veri”, sono caricature senza spessore. In finale Maschi Veri dimostra che ridere del patriarcato non equivale a smontarlo: a volte, è solo un modo per non affrontarne il peso. Comunque rinnovata per una seconda stagione.
Il Quotidiano del Sud.
Percorsi seriali, Maschi Veri: una massa di stereotipi tra banalità e occasioni sprecate