Pedagogia dell’Antimafia, al via percorso di studi di UniCal e Liceo classico Pitagora di Crotone

  • Postato il 19 febbraio 2025
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Pedagogia dell’Antimafia, al via percorso di studi di UniCal e Liceo classico Pitagora di Crotone

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Nuovo ciclo di pedagogia antimafia avviato a Crotone da UniCal e Liceo Pitagora. Ecco i contributi degli studenti


“La scuola della Costituzione. Per un nuovo umanesimo dei diritti” è il nuovo progetto didattico del corso universitario di Pedagogia dell’Antimafia, attivo presso il Dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria, e del Liceo classico Pitagora di Crotone. Gli incontri hanno avuto inizio il 18 febbraio e si concluderanno il prossimo 5 aprile. L’obiettivo del percorso di studio, che prevede incontri con magistrati, operatori del Terzo settore, giornalisti, è investigare nuovi paradigmi pedagogici per costruire efficaci linguaggi di didattica del cambiamento sociale coniugando la memoria con la riflessione pedagogica sui percorsi attuali di resistenza alle mafie e individuando nuove rotte per l’impegno civile e la cittadinanza attiva. 

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La storia. Tra lacrime e sorrisi, così un ex detenuto si è rimesso a camminare al Museo di Pitagora di Crotone

«Piano piano, come un bambino, mi sono rimesso a camminare». Sono queste le parole toccanti con cui Giovanni Bifezzi inizia il racconto di una vita che ricomincia, anche grazie alle opportunità offerte dal Consorzio Jobel. Cinquantacinque anni, arrestato dalla polizia di Rosarno nel 2010, oggi è guardiano del Parco Pitagora di Crotone. Racconta ai ragazzi del team Insid3out del Liceo Pitagora che redimersi è possibile. Ha scontato la sua pena nel carcere di Palmi. Nel ricordare quegli anni «privi di luce, perché in carcere anche i tuoi occhi si abituano al buio» si commuove.

E allora capisci che l’uomo non è più il suo reato, che è l’uomo che va ascoltato, con il suo percorso di colpa e di superamento dell’errore, attraverso la riappropriazione della propria responsabilità personale. Giovanni, tra lacrime e sorrisi, rammenta il forte e sincero sentimento che lo ha spronato a riprendersi una vita: l’amore incondizionato per una figlia che è il centro di un’esistenza. La sua. Nel luglio 2012 ha terminato di scontare la pena. Poi, il reinserimento sociale grazie a chi gli ha offerto una seconda possibilità chiamata lavoro, il Consorzio Jobel.

Tenersi occupato, sentirsi responsabile di qualcosa gli ha permesso di ritrovare una tranquillità interiore senza la quale non sarebbe riuscito a restare fuori. «Se qualcuno non avesse creduto in me, forse, avrei sbagliato di nuovo. Ed io, invece, volevo una vita che fosse mia», ripete.  Insiste sull’importanza per i giovani, che si ritrovano in situazioni simili a quella che egli stesso ha affrontato, di trovare uno scopo nella vita, di fare della famiglia l’elemento fondamentale della propria esistenza. «Non è facile uscire dal carcere, ricorda. Un mio compagno, dopo aver trascorso gran parte della sua vita dietro quattro sbarre, una volta uscito, rimase sconvolto da quanto la realtà fosse cambiata.Non riconosceva i palazzi che vedeva fuori dalla soglia del carcere. Non voleva uscire. È morto qualche settimana dopo. Non sapeva come ricominciare».

Da anni, Giovanni fa il guardiano a Parco Pitagora, un parco creato proprio da quanti sono considerati invisibili nella nostra società, come gli ex detenuti. Squilla il telefono. Il suo volto si illumina. Sorride. È la figlia. Deve andare a prendere il nipote in piscina. È un nonno felice. Brulica di vita questo parco, oggi. Qui, dove la vita ricomincia.

Claudia Magli

Sara Perri

Studentesse III sez.B, Liceo classico “Pitagora”, Crotone

I dati. Cosenza e Crotone le province in cui aumentano i reati “spia”

Tra le regioni con il minor numero di denunce, in rapporto alla popolazione, c’è la Calabria con 2,8 denunce ogni cento abitanti. Sono questi i dati drammatici, aggiornati al 2022, forniti dal Ministero dell’Interno. Il calo delle denunce non fa ben sperare e mette in evidenza una forma di disparità territoriale. Si registra, infatti, un aumento del numero di reati denunciati che è direttamente proporzionale rispetto al numero di abitanti di un comune. È nelle grandi città che si ha una maggiore concentrazione di attività economiche e quindi anche di denunce di attività illecite che, invece, fatta qualche rara eccezione, appare poco rilevante all’interno dei nostri territori, caratterizzati dalla presenza di piccoli comuni all’interno dei quali denunciare diventa sempre più difficile.

Il maggior numero di denunce, relative all’anno 2022, riguardava furti, truffe e frodi informatiche, eppure, secondo i dati forniti dal Ministero della giustizia, e aggiornati al 31 dicembre 2024, l’aumento del numero di detenuti si registra con il reato di associazione di stampo mafioso (416 bis) che passa dai 5257 detenuti del 2008 ai 9303 del 2024, con un incremento del 77%. Un forte aumento si registra anche nel numero di detenuti colpevoli di reati contro la pubblica amministrazione che passano dai 6151 del 2008 agli 11214 del 2024, segnando un aumento dell’82%. Secondo i dati del Servizio analisi della Direzione centrale della polizia criminale i reati spia, usura, estorsioni e riciclaggio hanno subìto in Calabria, nel biennio 2022-2023, un incremento del 18%. In particolare, la città con il maggior numero di reati spia nel 2023 è Cosenza che raggiunge quota 2636 e, con Crotone, segna un aumento percentuale pari al 5%.

Nello specifico i reati di usura nella provincia di Crotone passano da due, nel 2022, a 6 nel 2023, le truffe informatiche da 553 a 607, le segnalazioni sospette di riciclaggio da 608 a 674. Il forte incremento di questi reati, dalle associazioni di stampo mafioso alle truffe informatiche, conferma che la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione riguarda tutti, non solo il sistema giudiziario. E nessuno può tirarsene fuori. «Bisogna dire queste cose, scriveva Corrado Alvaro in “Un treno nel sud”, per non ridursi alle solite condoglianze d’ occasione».  Servono persone di buona coscienza. Ai calabresi è tempo di offrire un compito e una speranza.

Giorgia Megna

Maria Francesca Ribecco

Studentesse III sez. B, Liceo classico “Pitagora”, Crotone

Il profilo. Ciro Corona, un educatore che ha saputo trasformare il dolore in speranza

Brucia ancora la ferita per la morte di Gelsomina Verde a Scampia. Nel 2004, all’età di 22 anni, Gelsomina fu brutalmente uccisa dalla camorra. Non era una criminale, ma fu torturata e assassinata. La sua morte ha mostrato a tutti la crudeltà dei clan, capaci di colpire chiunque senza pietà, una vita spezzata che ha lasciato un vuoto profondo, ma la cui memoria è diventata anche motivo di cambiamento. A portarla avanti è Ciro Corona, un educatore che ha deciso di trasformare il dolore in speranza. Ciro è cresciuto nel quartiere di Scampia. Volendo offrire sempre più opportunità ai giovani del quartiere, ha deciso di reagire, di non arrendersi.

Nel 2007, con determinazione e coraggio, ha preso uno spazio confiscato alla camorra, una scuola abbandonata divenuta piazza di spaccio, trasformandolo completamente e dando vita all’Officina delle Culture “Gelsomina Verde”, un centro che oggi rappresenta un punto di riferimento a Scampia. Un luogo dove la cultura, l’arte e l’inclusione sociale sono diventati gli strumenti per combattere il degrado e la criminalità. Laboratori creativi, eventi culturali, corsi di formazione, la biblioteca sono solo alcune delle attività che permettono ai ragazzi di allontanarsi da ambienti violenti. Non si tratta, però, solo di un centro culturale, ma di un luogo dove si insegnano, prima di tutto, valori come il rispetto, la collaborazione e la legalità.

Ogni iniziativa è pensata per dare loro una possibilità di scelta, per insegnare che il futuro non deve essere segnato solo dalla camorra. «Vivendo in un quartiere così degradato e abbandonato, ha detto Ciro Corona, si impara presto a fare i conti con la follia e l’utopia, e si impara a farle diventare realtà». È stato essenziale l’aiuto di settecento ragazzi provenienti da tutta Italia, ma soprattutto quello degli ex detenuti del carcere di Secondigliano. La lotta alla mafia  non si fa a parole, ma offrendo lavoro e dando un’alternativa. Da qui l’importanza della scuola. Non basta la repressione: bisogna creare opportunità reali per i giovani. A Scampia, ribadisce Ciro Corona, «è nata una squadra del fare che quotidianamente si sporca le mani sui territori». Perché è possibile trasformare una terra di camorra in una terra di speranza. Ma per mettere le persone in condizione di scegliere c’è bisogno di educarle. Ecco «perché la scuola è fondamentale. Perché è una fabbrica di anticorpi».

Mariateresa Ceravolo

Matteo Lechiara

Anna Squillace

Studenti III sez. C Liceo classico “Pitagora”, Crotone

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