Pedagogia antimafia, i contributi degli studenti del liceo Pitagora di Crotone

  • Postato il 15 dicembre 2025
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Pedagogia antimafia, i contributi degli studenti del liceo Pitagora di Crotone

I contributi degli studenti del liceo classico Pitagora di Crotone nel ciclo di Pedagogia antimafia avviato con l’Università della Calabria


CROTONE – La pedagogia antimafia come didattica del cambiamento. Questo il senso del percorso educativo che il corso universitario di Pedagogia dell’Antimafia e il liceo classico Pitagora hanno intrapreso. Ne abbiamo parlato con il professor Giancarlo Costabile, docente e ricercatore UniCal, da anni impegnato, nelle scuole del Crotonese, insieme alla professoressa Rossella Frandina, docente del liceo classico Pitagora.

Quale valore formativo ricopre il percorso di pedagogia dell’antimafia all’interno delle scuole e in particolare di quelle crotonesi?

«Il percorso di pedagogia dell’antimafia nelle scuole, e in modo particolare nelle scuole crotonesi, riveste un valore formativo centrale perché permette agli studenti di sviluppare una coscienza civile critica, capace di riconoscere e contrastare le forme culturali, simboliche e quotidiane del potere mafioso. La pedagogia dell’antimafia non trasmette nozioni sulla mafia, ma fornisce strumenti per decodificare i meccanismi dell’illegalità e dell’omertà. È un’educazione alla lettura del territorio e delle sue contraddizioni. Nelle aree più esposte alla presenza mafiosa – come il Crotonese – la scuola diventa uno spazio di riconnessione sociale, dove si impara che la libertà individuale è inseparabile dalla libertà collettiva. In questi contesti territoriali, la scuola è uno dei pochi presìdi stabili di democrazia. Il percorso antimafia restituisce in definitiva alla scuola una funzione pubblica e politica: formare giovani che non si rassegnano alla normalità del dominio criminale».

Che ruolo ha oggi la cultura antimafia in Calabria?

«La cultura antimafia in Calabria svolge oggi un ruolo complesso, stratificato e profondamente strategico, soprattutto in un contesto segnato dalla presenza storica e pervasiva della ’ndrangheta. Non è più –  o non è solo – una cultura della denuncia o della memoria, ma un processo educativo, sociale e politico che tenta di ridefinire l’immaginario collettivo e il rapporto tra cittadini, istituzioni e territorio. La ’ndrangheta non domina attraverso la sola violenza, ma tramite un’egemonia culturale che normalizza paura, rassegnazione, silenzio. La cultura antimafia in Calabria ha il compito di rompere questa egemonia, formando uno sguardo critico, capace di riconoscere i dispositivi del potere mafioso nella vita quotidiana (relazioni, linguaggi, consuetudini sociali)».

Quali aspetti educativi e valoriali mancano ancora nella nostra società affinché si generi una reale opposizione culturale e civile alla ‘ndrangheta?

«Per generare una reale opposizione culturale e civile alla ’ndrangheta, la società calabrese –  e italiana nel suo complesso – necessita ancora di un insieme di pratiche educative. Ma anche di strumenti simbolici e dispositivi valoriali che non sono ancora pienamente maturi o diffusi. La criminalità organizzata sopravvive non solo grazie alla violenza e al denaro, ma soprattutto grazie alla debolezza del capitale culturale e civico dei territori in cui opera. Ad esempio, molti giovani (e adulti) non sono stati educati alla capacità di dire “no”, di dissentire, di assumere posizioni scomode. Senza tutto ciò, la società resta vulnerabile alle logiche di intimidazione».

di GIORGIA ALLEVATO – Liceo classico Pitagora, classe IV, sezione B

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PEDAGOGIA ANTIMAFIA, BENI CONFISCATI

CROTONE – Oggi, finalmente, lo Stato risponde. “Trame di Rinascita – Ago e Filo nel Tempo” è la proposta progettuale approvata dal Comune di Crotone e con la quale l’associazione di promozione sociale Multitracce si è aggiudicata la concessione dell’utilizzo di un bene confiscato alla criminalità organizzata per essere destinato a finalità sociali. Ma non basta.  Il consiglio comunale di Crotone ha preso atto del decreto di assegnazione dell’Agenzia nazionale beni confiscati con cui è stata disposta l’acquisizione al patrimonio indisponibile dell’ente di un immobile abusivo confiscato alla criminalità organizzata che sarà destinato alla demolizione.

Si tratta di un immobile di 670 metri quadrati in località Poggio Pudano. Il fabbricato, situato in un’area non edificabile e a rischio inondazione, è stato dichiarato abusivo e non sanabile, come confermato da un decreto del Tribunale di Crotone e dal successivo decreto definitivo della Corte di Appello di Catanzaro.

SPERIMENTAZIONE IN CALABRIA

«Non si tratta- come ha dichiarato l’assessora ai Beni Confiscati Filly Pollinzi- di un mero atto amministrativo ma rappresenta l’occasione per riaffermare i valori della legalità e del convinto contrasto alla criminalità organizzata colpendone il potere economico, per restituire valore alla comunità e rafforzare il sentimento di giustizia sociale».

La ‍Calabria si conferma, in questi ultimi anni,  in prima fila tra le regioni che si impegnano nel recupero dei beni confiscati alle mafie. Ha aperto, infatti,  un’importante fase di valorizzazione di questi beni, diventando la prima regione italiana a siglare un protocollo d’intesa con il Ministero dell’Interno e l’Anbsc. Nel protocollo sono coinvolti 140 Comuni calabresi su un totale di 404 . Al centro della nuova impresa c’è la costituzione di una cooperativa a cui possono aderire le Prefetture, il Forum del Terzo Settore, associazioni di volontariato e intervento e amministrazioni locali.

RIUSO SOCIALE

L’idea da realizzare non punta solo alla riqualificazione materiale degli immobili confiscati, ma tiene in conto anche il loro riuso attraverso attività sociali, culturali e didattiche che si svolgeranno in questi immobili. La Calabria sta sperimentando nuovi modelli di collaborazione tra enti pubblici e realtà locali per aumentare la capacità di gestione dei beni confiscati. In molti contesti sono stati attivati percorsi nei quali sono direttamente coinvolti cittadini, associazioni e scuole, nella prospettiva che si possa radicare in modo più forte e duraturo una cultura della legalità.

di ALICE BENINCASA – Liceo classico Pitagora, classe IV, sezione B

PEDAGOGIA ANTIMAFIA, LA CAPPA SUll’ECONOMIA

CROTONE – Essere imprenditori è impegnativo. Specie in Calabria. Non solo per gli ostacoli economici, ma soprattutto per quelli di stampo mafioso. Secondo un’indagine di Confcommercio sui fenomeni illegali al sud e nelle isole del 14 maggio 2025, il 29,3% degli imprenditori teme il rischio di essere esposto a fenomeni criminali. In particolare il 21,2% si preoccupa di racket e usura. Ma si registrano anche in gran numero furti, atti vandalici, rapine e spaccate. L’84,6% delle imprese ha investito in impianti di videosorveglianza e sistemi di sicurezza, dato superiore alla media nazionale.

RACKET E USURA

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, sostiene che le estorsioni siano anche un modo, da parte della mafia locale, di controllare il territorio. Dopo un aumento del 100% in Calabria di denunce per estorsione sono state messe in atto dalla Regione Calabria maggiori misure al fine di prevenire questi fenomeni criminali. La Commissione consiliare contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità diffusa, ha stilato una serie di provvedimenti tra cui l’istituzione di una Consulta regionale per la legalità, come organo di consulenza della Commissione; l’adozione di misure legali volte alla tutela dei diritti e degli interessi lesi dalla criminalità organizzata e mafiosa; la costituzione come parte civile nei procedimenti penali; la continuazione del progetto “Liberi di scegliere”, volto a rieducare minori e giovani adulti provenienti da contesti della criminalità organizzata; assistenza e aiuto alle vittime innocenti di reati connessi al crimine mafioso e ai testimoni di giustizia.

VOLUME D’AFFARI DA 3 MILIARDI

I rapporti di SOS Impresa stimano che il volume d’affari generato annualmente dalla criminalità in Calabria si aggiri intorno ai 3 miliardi di euro.

L’estorsione è considerata un’attività di controllo capillare del territorio da parte della ‘ndrangheta, con tassi di incidenza molto alti, soprattutto nelle province di Reggio Calabria, Cosenza e Vibo Valentia.

Le stime indicano che migliaia di imprese in Calabria si trovano in una situazione di sofferenza finanziaria tale da essere potenzialmente avvicinabili o già vittime di usura, spesso come conseguenza o alternativa al racket.

Questa oppressione non è solo una cronaca di violenza; è un ostacolo concreto allo sviluppo, una logica spietata che non può e non deve prevalere. Le iniziative regionali sono un passo fondamentale, ma la vera svolta risiede nel coraggio civico e nel sostegno concreto dello Stato.

di ANNA SQUILLACE – Liceo classico Pitagora classe IV, sezione C

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