Pedagogia antimafia, Costabile (UniCal): «15 anni di impegno contro le sudditanze»
- Postato il 24 settembre 2025
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Pedagogia antimafia, Costabile (UniCal): «15 anni di impegno contro le sudditanze»
Il prof. Costabile racconta 15 anni di Pedagogia antimafia all’UniCal e parla del valore formativo di “Lezioni di mafie” di Gratteri e Nicaso
RENDE – Approda al 15esimo anno accademico il corso di Pedagogia dell’Antimafia dell’UniCal. Una disciplina che non si insegna in nessun’altra università italiana. Un modo concreto di fare cultura antimafia, con aperture ai territori e laboratori. Le attività si svolgono in gran parte sul campo, con trasferte a Scampia, a Palermo, nella Piana di Gioia Tauro e nella Locride. Nei territori più difficili, in cui le mafie hanno lasciato segni devastanti ma in cui si trovano anche esempi emblematici di riscatto. Ne abbiamo parlato con il professor Giancarlo Costabile, ricercatore e docente dell’UniCal. A lui si deve questo innovativo laboratorio didattico, che si colloca nel corso di laurea in Scienze dell’educazione.
Professor Costabile, come è nato questo percorso didattico, a chi si rivolge e come si è articolato nel corso degli anni?
«Pedagogia dell’Antimafia nasce il 23 maggio 2011 come percorso seminariale nell’ambito di alcuni insegnamenti di area pedagogica attivi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia per diventare successivamente disciplina di base nel corso di studio in Scienze dell’Educazione a partire dall’anno accademico 2018-2019. Ciò dopo un biennio di cammino laboratoriale nel Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, oggi Culture, Educazione e Società. L’obiettivo educativo è la riterritorializzazione culturale di questa regione, intesa come processo di emancipazione civile e sociale. Il corso universitario e le attività didattiche svolte nelle scuole calabresi seguono uno schema pedagogico che, attraverso l’uso del registro della testimonianza e delle esperienze sul campo, mette in discussione la cultura delle sudditanze, sovrastruttura chiave di una società caratterizzata da dinamiche familistico-claniche sul piano economico-sociale. Tale cultura, che eccede i limiti della sfera di influenza delle organizzazioni criminali, possiede la capacità di esercitare un’influenza significativa sulla realtà circostante. Per rompere questa articolata trama di oppressione, è fondamentale partire dai giovani, ricostruendone il lessico sociale».
Cosa vuol dire costruire “parole ribelli”?
«Noi siamo il linguaggio che utilizziamo e pensiamo attraverso le parole che conosciamo. Pedagogia dell’Antimafia è uno strumento teorico-pratico di liberazione del linguaggio pedagogico dalla mera trasmissione accademica di una semantica di potere funzionale all’obbedienza servile verso ogni forma di autorità. In Calabria, tale approccio all’istruzione si manifesta nell’accettazione di pratiche clientelari di natura mafiosa, regolate da rituali (para)feudali e da inaccettabili forme di asservimento. L’alfabeto della giustizia sociale e della dignità umana può (e deve) generare in questo territorio una grammatica ribelle, al fine di sradicare definitivamente la narrazione della rassegnazione e della sottomissione come uniche forme di espressione sociale. Il riscatto emerge dall’adozione di un nuovo vocabolario, caratterizzato da un’indole ribelle e da un’inclinazione per la libertà».
È vero che le missioni si svolgono senza impiego di denaro pubblico?
«La parola che libera non può essere quella finanziata dal sistema che si intende mettere in discussione. L’alfabeto del cambiamento si fonda sulla militanza, che richiede comportamenti credibili e trasparenti. Come ci ha insegnato Padre Pino Puglisi, seguendo il magistero cristiano che fornisce il nostro orizzonte di senso e di azione. In tale contesto, è stata promossa l’università itinerante come un’azione educativa fondamentale, volta alla formazione critica e alla sensibilizzazione verso le realtà culturali e sociali che, nei diversi contesti territoriali, generano anticorpi educativi concreti per contrastare la società dell’indifferenza e dell’inginocchiatoio. Nel corso degli ultimi 15 anni di attività, sono state condotte più di 40 lezioni eretiche, successivamente trasformatesi in scuole di comunità, nel territorio calabrese e meridionale. Si è lottato per una didattica trasformativa, al di fuori degli ambiti accademici tradizionali, con l’obiettivo di dimostrare agli studenti il valore pedagogico delle “parole ribelli”, non convenzionali, caratterizzate da un approccio coraggioso all’eresia, intesa come ricerca di verità scomode e di testimonianze quotidiane».
A chi dà fastidio la Pedagogia dell’Antimafia?
«È del tutto evidente una connessione tra le azioni di gruppi di potere occulto e deviato, operanti al di fuori dei canali ufficiali, e le sfere cruciali della vita politica ed economico-sociale della nostra terra. Tale connessione si manifesta in risposta alla debolezza strutturale dello Stato della Costituzione, che favorisce l’emergere di queste forme di potere alternativo. L’articolazione familistico-clanica (a trazione massonica) del potere pubblico, che esercita un controllo assoluto sulla vita quotidiana a tutti i livelli e in ogni settore di questa regione, considera una minaccia ogni azione che mira alla disgregazione di tali perverse logiche di dominio, basate sul ricatto costante della popolazione. I diritti vengono ridotti a favori nell’ambito del clientelismo mafioso, esibito apertamente come stile di vita. La Calabria è stata oggetto di un’azione di deturpazione e sfruttamento sistematico da parte di una classe politico-intellettuale che ha utilizzato la ‘ndrangheta come forza di polizia territoriale per preservare il proprio status quo. La comunicazione rivolta ai giovani, alle loro famiglie, agli insegnanti e alla società attraverso i media, rappresenta un aspetto fondamentale della nostra missione. Questo approccio è caratterizzato da una determinazione risoluta, senza esitazioni o timore. La nostra azione pedagogica, che nasce dal basso, sta diventando sempre più problematica per numerosi ambienti di potere. Incluso il mondo accademico (tra i più sofferenti). Tuttavia, nonostante ciò, abbiamo motivazioni importanti per proseguire su questa strada».
Il programma di Gratteri e Nicaso su La7 si sta rivelando uno straordinario strumento di divulgazione. Come giudica “Lezioni di mafie” dal punto di vista formativo?
«Gratteri e Nicaso rappresentano le figure più credibili del riscatto calabrese in Italia e nel mondo. Hanno dedicato l’intera vita, sia privata che professionale, alla costruzione di percorsi di coscientizzazione e resistenza culturale nei confronti dei poteri criminali di matrice mafiosa. La vasta storiografia concernente le organizzazioni criminali fornisce informazioni essenziali per contrastare tali fenomeni e per analizzare le ragioni del loro successo, sia in Italia che all’estero. “Lezioni di mafie” rappresenta un format didattico di notevole pregio formativo e una ingegnosa strategia comunicativa. Oggi, si evidenzia un rischio concreto di “normalizzazione del male”. Numerosi cittadini sembrano abituarsi a una cultura mafiosa caratterizzata da prevaricazione, violenza e ricerca del profitto a ogni costo. Gratteri e Nicaso sono stati in grado di riportare al centro dell’attenzione educativa nazionale la necessità di continuare a combattere il lessico mafioso, prima ancora delle strutture criminali. È doveroso esprimere orgoglio nei confronti di questo lavoro e fornire (con determinazione) a entrambi pieno e pubblico sostegno».
Il Quotidiano del Sud.
Pedagogia antimafia, Costabile (UniCal): «15 anni di impegno contro le sudditanze»