Pasolini, il Sud e la Calabria, cinquant’anni dopo la morte

  • Postato il 27 ottobre 2025
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Pasolini, il Sud e la Calabria, cinquant’anni dopo la morte

Lo sguardo antropologico sulla Calabria e sul Sud tra le tante anime di Pasolini. Intervista al professore Carlo Fanelli, direttore scientifico dell’evento “Pasolini e…” a 50 anni dall’uccisione del poliedrico intellettuale. Due mesi di iniziative a Lamezia Terme organizzate dal Sistema bibliotecario lametino.


Questo paese ha vissuto e vive lunghe notti su cui non si fa mai giorno. Notti che nascondono le sue luci più forti. Una di quelle notti fu quella fra l’1 ed il 2 novembre del 1975.

L’ALBA LIVIDA CHE VIDE LA MORTE

In un’alba livida, sulla spiaggia di Ostia, viene ritrovato il corpo di Pier Paolo Pasolini. Sul suo corpo ci sono evidenti segni di percosse e quelli della sua stessa auto da cui fu probabilmente investito.
Un nome che, nonostante i cinquant’anni trascorsi, ancora provoca fortissimi schieramenti e dissenso. Eppure, quella notte noi abbiamo perso, come dirà Alberto Moravia, suo grande amico, nell’elegia funebre. Pasolini era ammirato in tutto il mondo, pensiamo all’inteso rapporto con Julian Beck, fondatore del Living Theatre o alla profonda ammirazione che ha verso di lui Patti Smith, la poetessa del rock che ha musicato alcune sue poesie, o al regista Abel Ferrara che ha realizzato un film sul suo delitto.

CINQUANTENARIO DELLA MORTE DI PASOLINI, LE INIZIATIVE


Nel cinquantenario da quell’omicidio che ci ha privato di un genio di caratura mondiale moltissime sono le iniziative. Il Sistema bibliotecario lametino ha presentato in una conferenza stampa i due mesi di iniziative dal titolo “Pasolini e…”, emblematico perché c’è la chiara e profonda intenzione di vivere Pasolini e non solo di celebrarne la scomparsa. Gli appuntamenti sono tantissimi con studiosi, amici, registi, ammiratori, che interverranno da ogni parte per vivere l’immensa ed enorme eredità che Pasolini ci ha lasciato.
Abbiamo avuto l’opportunità di fare una lunga conversazione con il professor Carlo Fanelli, direttore scientifico dell’iniziativa e curatore del libro Pasolini e la Calabria, che racchiude gli atti del convegno di Acri del 2023.

Siamo di fronte ad un anniversario importante. Quali sono le intenzioni che muovono le tante iniziative che avete preparato?

«L’idea è quella di non indulgere a un tono memoriale e celebrativo, ma piuttosto riportare attenzione sulla figura e l’opera di Pasolini in un modo particolare, proprio per questo per ciascun incontro noi mettiamo Pasolini in relazione ad un autore di riferimento, un tema legato alla sua attività che sono state davvero tantissime. Vogliamo far vivere il Pasolini giornalista, pensatore, intellettuale, regista, politico, critico, insieme all’amico e all’uomo. Ci saranno moltissimi incontri per esplorare a fondo tutte le sue attività, credo fra i 20 ed i 30, con approfondimenti, presentazioni di libri, proiezioni e molto altro. Si terrà tutto al Sistema bibliotecario lametino che, oltre che a ospitare la iniziativa, l’ha finanziata con fondi regionali sulla cultura del 2023. Abbiamo voluto far convivere in questa ampia iniziativa tutte le anime di Pasolini, anche raccontare quello privato, chiamando a testimoniare l’uomo oltre che l’intellettuale e l’artista, molti dei suoi amici.»

Che rapporto ha avuto Pasolini con il sud e con la Calabria?

«Pasolini ha avuto un rapporto veramente interessante e attualissimo con il sud e con la Calabria. Verso il sud ha uno sguardo votato fondamentalmente ad una dimensione antropologica, che è quello del Vangelo secondo Matteo che gira tra la Basilicata e la Calabria. In un paesino della Basilicata si imbatte nella cultura arbereshe e la definisce un miracolo antropologico. Ha voluto conoscere a fondo il Sud. In quella bellissima opera che è La lunga strada di sabbia, nella quale, a bordo di una 1100, Pasolini fece qualche migliaio di chilometri partendo da Ventimiglia e arrivando quasi in Sicilia, passò dalla Calabria per Cutro, dove si ritrovò tra i calanchi e le dune gialle di quel paesaggio».

Pasolini a Cutro, tra polemiche e querele

«Ebbe a esprimersi in un modo che fu accolto assolutamente in modo negativo dall’allora sindaco Mancuso di Cutro, perché parlò dei “banditi di Cutro”, termine fortemente pasoliniano, che faceva parte del suo universo, che stava ad indicare i ragazzi di vita, i ragazzi ai margini, quasi dei cowboy visto lo scenario western, e non i delinquenti.

Un termine assolutamente pasoliniano che noi troviamo in altre sue opere, lo troviamo in questa famosa poesia, nella “profezia” che sta nelle Ceneri di Gramsci. Naturalmente il sindaco ebbe modo di querelarlo. Questa querela precedette l’arrivo di Pasolini qualche mese dopo per ritirare il premio Crotone che gli fu assegnato per il romanzo Una vita violenta. Lì ci furono degli scontri, poiché i giovani dell’MSI del luogo cercano di bloccarlo, di osteggiare il suo arrivo. A quanto pare, ci fu addirittura una sassaiola. Ma Pasolini fu protetto dal comunista Saverio Migale e dai suoi ragazzi del PCI che lo scortano dentro al cinema Ariston, dove appunto poi ritirò questo premio.

Pasolini antropologo e il Vangelo Secondo Matteo

«Naturalmente fondamentale è stato il lungo periodo in cui girò Il Vangelo Secondo Matteo, utilizzando moltissime persone del luogo come attori, come Margherita Caruso, che sarà nostra ospite, e che fu il volto di Maria dodicenne. Lo stesso Migale interpretò San Pietro. Tutta la regia di quel film mostra come Pasolini sia un grandissimo antropologo quando realizza un film e lo vediamo per la Calabria proprio in questo film. Questa riconsiderazione del sacro e della figura di Cristo come ritorno alle origini del sacro, non fondamentalmente legato a una questione cristologica, a una questione cattolica, ma il sacro nel senso proprio delle origini, delle origini, della necessità di recuperare una sorta di sacralità nel pensiero contemporaneo, in opposizione a quello che invece era l’ascesa del consumismo e della cultura borghese.

Infatti, la figura di Cristo viene interpretata da questo meraviglioso ragazzo che sembra bizantino, molto lontano dall’iconografia di stampo zeffirelliano, Enrique Irazoqui, ragazzo spagnolo che era arrivato in Italia in cerca di Pasolini per svolgere un lavoro su di lui ma era un dissidente antifranchista.»

Abbiamo bisogno di Pasolini oggi?

«La figura di Pasolini, il suo pensiero, le sue opere cinematografiche, teatrali, letterarie, poetiche sono necessarie. Si pensi alla profetica poesia, che lui scrive nel ‘64, dove vede già quello che è accaduto a Steccato di Cutro, quello che accade continuamente sulle nostre coste, all’arrivo di queste povere persone che scappano con niente dalla guerra, dalla distruzione in cerca di un futuro, approdano in Calabria, in Italia meridionale e poi si diffondono per tutta Europa. E in questa poesia, profezia o conosciuta anche come Alì dagli occhi azzurri, Pasolini nel ‘64 parla proprio di questo.»

Pasolini scrisse che “il moralista dice no agli altri, l’uomo morale solo a sé stesso.” Quanto ha cambiato la nostra visione della morale, visto che Pasolini ha subito 33 processi da cui è sempre uscito assolto?

«Ha inciso molto e lo ha fatto in un modo particolare, attraverso le sue contraddizioni, cioè nel corso del suo vivere, della sua esistenza, del suo operare, del suo modo di essere, ha messo in piedi, ha rappresentato delle forti contraddizioni che devono essere comunque tenute in considerazione nella vita e nell’esistenza di ciascuna persona, soprattutto quando si tratta di intellettuali. Tutti quanti noi credo che abbiamo il diritto a professare un pensiero e volendo anche a contraddirci. E credo che in questo ci sia anche stata, come dire, la presenza della traccia, ecco, di Pasolini in questa dimensione della contraddizione.

Ma anche della coerenza verso le proprie idee, verso il proprio modo di essere. Nonostante, come dire, il contesto culturale e sociale nel quale lui ha vissuto nei suoi anni. Sono anni molto particolari per la società italiana, per il costume italiano. Sono gli anni ‘50, ‘60 e ‘70. Non dimentichiamo che nel ‘49 è cacciato dal partito comunista perché omosessuale. Questo la dice lunga sul contesto nel quale si muove il suo pensiero e si muovono le sue opere nelle quali non ha mai fatto passi indietro».

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