Onorevoli di Calabria: Giacomo Mancini

  • Postato il 22 novembre 2025
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Onorevoli di Calabria: Giacomo Mancini

Onorevoli di Calabria, scopriamo le biografie dei parlamentari che dal 1946 ad oggi hanno rappresentato i calabresi in Parlamento o nell’Assemblea costituente, conosciamo GIacomo Mancini


Dopo il padre Pietro, è stato il leader indiscusso del PSI in Calabria, ma sarebbe sbagliato ridurlo al ruolo di dirigente socialista per quello che ha rappresentato per tutta la Regione. Giacomo Mancini Era nato nel 1916 a Cosenza, da Pietro e da Giuseppina de Matera, di famiglia antica e nobile. Con l’aria che respirava in casa, non poteva che crescere socialista e con l’attrazione fatale per la politica. E così è stato.

Nel 1938 si laurea in giurisprudenza a Torino, ma nel 1943 corre a Roma appena ricevuta la notizia dell’armistizio e si iscrive al Partito socialista appena rifondato, occupandosi della resistenza clandestina in città.

Riesce finalmente a tornare in Calabria nel 1944 e qui continua a dedicarsi all’attività politica, dimostrando fin da subito una particolare attenzione per la questione meridionale e una spiccata abilità pratica e organizzativa. Nel 1946, è segretario della federazione socialista di Cosenza e l’anno successivo, appena trentenne, entra nella direzione del partito dopo la scissione di Saragat che dà vita al Partito socialdemocratico.

L’ELEZIONE ALLA CAMERA

Nel 1948, è eletto alla Camera. Riconferma il seggio nel 1953 e in quegli anni assume due posizioni decisive. Abbandona l’idea della battaglia per la riforma agraria, iniziando a impegnarsi per una moderna industrializzazione del Mezzogiorno, e sposa la posizione del Segretario del partito, Pietro Nenni, per un’autonomia dal PCI a seguito della destalinizzazione e dell’invasione dell’Ungheria. Così, nel 1959, dopo la rielezione a deputato l’anno precedente, è nominato responsabile nazionale dell’organizzazione, un incarico perfettamente congeniale alle sue capacità e inclinazioni personali. La sfida era ambiziosa, perché il PSI doveva competere con le strutture ben più sviluppate e radicate sul territorio della DC e soprattutto del PCI, ma del resto non poteva fare a meno di potenziare le sedi periferiche per essere davvero competitivo.

ONOREVOLI DI CALABRIA: GIACOMO MANCINI SBARCA AL MINISTERO DELLA SANITÀ

Nel 1963, quando nasce il primo Governo di centrosinistra, per Mancini si aprono le porte del Ministero della Sanità. Qui compie un’opera di cui ancora oggi è riconosciuto il valore: la vaccinazione antipolio di massa, con il più moderno ed efficace metodo Sabin. Non fu affatto facile centrare il risultato, tuttavia raggiunto in pochi mesi, per la ferma opposizione dei medici e, soprattutto, delle case farmaceutiche, che avevano forti interessi a promuovere un metodo concorrente, ma Mancini dimostrò una fermezza senza precedenti.

Nei due Governi successivi, tra il 1964 e il 1968, passa ai Lavori pubblici e, al tempo dell’abusivismo dilagante, conduce un’altra grande battaglia. È Ministro da due anni, quando una grande frana ad Agrigento distrugge interi quartieri, costruiti in violazione delle norme edilizie. Mancini, allora, si fa promotore di drastiche sanzioni contro funzionari e imprenditori, che suscitano reazioni altrettanto violente da parte della DC, che voleva difendere i propri esponenti sul territorio. Vengono organizzati moti di protesta e a Roma lo scontro al Governo si fa durissimo. Ma Mancini ancora una volta tiene il punto, convinto che altrimenti avrebbe certificato la subalternità del PSI rispetto ai democrstiani, e cavalca l’ondata di sdegno popolare suscitata dai fatti di Agrigento.

Al momento della nascita del Partito socialista unificato, si schiera con decisione in favore della fusione tra socialisti e socialdemocratici, per creare un soggetto politico da contrapporre allo strapotere democristiano. Si arriva così alle elezioni del 1968, dalle quali esce primo eletto di tutta la Regione con oltre 109 mila preferenze e forte di un risultato del PSU decisamente migliore del dato nazionale.

LA FINE DEL PROGETTO DEL PARTITO UNITARIO DEL PSI

La fine del progetto del Partito unitario, naufragato nel 1969, non ne arresta però l’ascesa, tanto che nel 1970 viene eletto all’unanimità Segretario del PSI. Si preoccupa subito di potenziare le strutture locali e di schierare il partito su importanti battaglie riformiste, come l’aborto e i diritti civili.

Intanto, la rivolta di Reggio Calabria del 1970 ha in lui uno dei principali bersagli, così come la campagna giornalistica su presunte tangenti del settimanale “Candido”: episodi molto violenti, entrambi riconducibili all’estrema destra, che compromettono l’immagine di Mancini, che alle elezioni del 1972 scenderà a 64 mila preferenze e poco dopo perderà anche la segreteria del Partito.

Nel 1974 è per un’ultima volta Ministro (per il Mezzogiorno) e nel 1976, alla “Svolta del Midas”, sarà il principale artefice dell’elezione a Segretario di Bettino Craxi, che era stato suo vice. Convinto di poter esercitare un’influenza sul giovane deputato milanese, pagherà questo errore di valutazione con una netta emarginazione, pur continuando a confermare il suo seggio in Parlamento. In occasione del rapimento di Aldo Moro, sostiene la linea della trattativa di Craxi, ma sarà forse l’ultima volta che i due si ritroveranno sulle stesse posizioni.

Non rieletto in Parlamento nel 1992, riesce a rilanciarsi l’anno dopo come Sindaco di Cosenza, sostenuto da liste civiche. Sono anni di fermento per la città, che Mancini trasforma profondamente, ma anche di grande sofferenza per l’anziano leader, coinvolto in una vicenda giudiziaria per presunte collusioni con la mafia, poi risoltasi con la piena assoluzione. Rieletto Sindaco nel 1997, morirà quando era ancora in carica nel 2002.

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