Nove artisti che, tra resistenza ed evoluzione, sono rimasti fedeli a ciò che li definisce

  • Postato il 12 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo aver passato in rassegna, nel post precedente, alcune rockstar che — a mio avviso — hanno smarrito la scintilla, mi è sembrato naturale fare il movimento opposto: provare a raccontare chi quella scintilla ha saputo mantenerla viva. Ancor prima, però, è giusto fare una precisazione, anche in risposta a ciò che mi avete scritto.

Il termine rockstar delimita un ambito specifico ed è inevitabilmente soggettivo. Per il sottoscritto, ad esempio, Chris Martin lo è (o meglio, lo era…); per altri, assolutamente no. Estendiamo allora il concetto: parliamo non solo di rockstar, ma di artisti — italiani e internazionali — che hanno attraversato il tempo mantenendo una direzione, una coerenza, una visione. Perché se è vero che molti si sono persi per strada, ce ne sono altrettanti che, pur tra cambiamenti, battute a vuoto o lunghi silenzi, non si sono mai davvero svenduti. Alcuni hanno resistito, altri si sono evoluti. Ma tutti, in modi diversi, hanno saputo restare fedeli a ciò che li definisce. Nei consueti nove punti di questo blog provo a raccontarvene nove in random. Volendo, potreste commentarli — oppure condividere anche i vostri: qui sotto nei commenti, oppure nel profilo Facebook collegato a questa pagina. Cominciamo!

1. Franco Battiato
La coerenza, per lui, non era rigidità ma consapevolezza. Battiato ha attraversato decenni, generi, sperimentazioni — sempre fedele a una visione alta e spirituale dell’arte. Ha saputo parlare al grande pubblico senza mai abbassare lo sguardo. Sacro e profano, Oriente e Occidente, elettronica e meditazione: tutto convive nella sua opera con equilibrio raro. Un maestro, non solo musicale ma di vita. La sua voce manca, ma il suo insegnamento resta vivo. Devozione assoluta.

2. Nick Cave
Nick Cave non ha mai avuto paura di mostrarsi fragile. La sua coerenza è fatta di carne, lutto, fede e parole che bruciano. Dal dolore ha tratto bellezza, senza chiedere perdono né cercare redenzione. Non tutto, però, è sempre all’altezza della sua intensità. Prendiamo l’ultimo disco: magari non convince del tutto. Eppure, tra testi, vocalità e composizioni, Cave è così potente che a un certo punto smetti persino di chiederti se ti sia davvero piaciuto.

3. Radiohead
La loro è una coerenza che sfugge alle definizioni. Mai compiaciuti, mai nostalgici, hanno scelto la via più incerta: quella dell’evoluzione continua. Forse non sappiamo nemmeno quanto ci piaccia davvero la loro musica. Ma ci piace sapere che non cercano il nostro consenso. Ed è forse proprio per questo che ci conquistano.

4. Depeche Mode
I Depeche Mode sono come fratelli: con loro siamo cresciuti, condividendo gioie e delusioni. A volte ci hanno lasciati perplessi, altre ci hanno riconquistati. Ma non se ne sono mai andati davvero. Hanno attraversato decenni, mode e tragedie personali, eppure sono ancora lì, riconoscibili, fedeli a un’estetica che non ha mai avuto bisogno di rincorrere il tempo. Con Memento Mori hanno dimostrato che si può invecchiare senza diventare una caricatura. Non sempre sorprendenti, ma sempre veri. E questo, oggi, vale più di qualsiasi hit.

5. Placebo
Trovatemi un’altra band che, nel 2025, si permette di essere in tour da tre anni suonando per intero l’ultimo disco. I Placebo non inseguono la nostalgia, non si rifugiano nel passato: scelgono, ostinatamente, il presente. Anche a costo di deludere chi si aspetta Pure Morning a ogni concerto. Fregandosene, e facendo bene. Possono non piacere, o essere ritenuti poco rilevanti — poco importa: loro non fanno sconti. E non chiedono permesso.

6. Gianni Maroccolo
Uno che, ovunque arrivi, porta luce. E quando se ne va, te ne accorgi: resta il buio. Maroccolo è la coerenza fatta musica: basso pulsante, visione lucida, rigore etico. Un signore della musica italiana, schivo e mai autoreferenziale, amato dagli addetti ai lavori e da chi vive la musica come una questione morale. Dai Litfiba ai Csi, dai progetti solisti alle collaborazioni, non ha mai tradito se stesso. Un esempio raro. E necessario.

7. Morrissey
Figura divisiva, spesso scomoda, ma mai accomodante. Morrissey ha scelto di esporsi, anche quando sarebbe stato più comodo tacere. Dal punto di vista artistico, ha mantenuto una linea riconoscibile, tra romanticismo decadente e sarcasmo feroce. I dischi non sono tutti all’altezza, ma anche nei meno riusciti è facile trovare la perla che ti rimette in pari — anche con le sue intemperanze. Non ha mai cercato di piacere a tutti. E forse è sempre stata questa la sua forma più pura di coerenza.

8. Paolo Benvegnù
Paolo non ha mai rincorso il consenso, né si è mai piegato alle logiche del mercato. Scriveva canzoni come si scrive un diario che non si ha paura di mostrare: con pudore, ma senza filtri. La sua voce raccontava ferite, visioni, domande. E lo faceva con una dedizione rara. Il legame con Il Rumore del Lutto Festival, di cui sono direttore artistico, non è mai stato solo professionale: era umano, profondo, autentico. Un amico. Un maestro gentile. Un resistente vero. Ci manca ogni giorno.

9. David Byrne
David Byrne è uno di quei rari artisti che hanno fatto della libertà una forma di coerenza. Ha attraversato decenni, generi, linguaggi, senza mai allinearsi o rincorrere il tempo. Ricordo quando fece suonare uno stabile dismesso: hai capito bene, i tasti di un piano collegati a cavi che facevano vibrare muri, porte, vetri. Un progetto assurdo? No. Un manifesto. Perché chi realizza opere così non cerca lo stupore: cerca una verità che somigli a sé stesso.

Ci siamo. In fondo. Come sempre, c’è anche una playlist Spotify, che puoi ascoltare gratuitamente sul mio canale personale. Vale il viaggio.
Buon ascolto.

9 canzoni 9 … fedeli a se stesse

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Il Fatto Quotidiano

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