Non solo Ucraina, da Gaza al Venezuela la Russia intralcia i piani di Trump: braccio di ferro su scala internazionale
- Postato il 14 novembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Su Gaza, un piano di Mosca alternativo a quello americano. Venezuela? Il Cremlino ammonisce Trump: stia accorto e non si faccia prendere la mano. I sorrisi, le pacche sulle spalle, la sintonia, sembra lontana. Il summit ad Anchorage tra il capo della Casa Bianca e l’omologo russo Vladimir Putin in veste di ospite, avvenuto il 15 agosto scorso, appare lontanissimo. E non solo perchè il Cremlino ha tirato dritto nella guerra all’Ucraina, continuando a bombardare e avanzare nonostante le ambizioni di Trump di giungere a una tregua. Nello spazio di 12 ore, Mosca ha messo i bastoni tra le ruote a Washington con dichiarazioni pubbliche su due aree delicate come Medio Oriente e America Latina.
Primo scenario. L’agenzia Reuters ieri intorno a mezzanotte rivela che la Russia ha presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu una propria bozza di risoluzione su Gaza, in opposizione a quella americana. Il testo, che è stato visionato anche dall’emittente israeliana Channel 12, sovverte il piano di Trump in 20 punti che ha portato ad una tregua, seppur fragile. Mosca non ritiene fondamentale che Hamas consegni le armi, dunque, niente smilitarizzazione della Striscia; inoltre, la Linea Gialla sulla quale si è attestato l’esercito israeliano – e che secondo alcuni analisti potrebbe costituire il nuovo confine tra la Striscia e lo Stato ebraico – deve essere cancellata; i russi invitano il Consiglio di sicurezza a respingere “qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale di Gaza, compresa qualsiasi azione che riduca l’area della Striscia di Gaza” e a mantenere “l’impegno nei confronti della visione di una soluzione a due Stati” con una “integrità territoriale della Striscia di Gaza e della Cisgiordania sotto l’Autorità palestinese”.
Infine, nessuna citazione al Board of Peace, quella che nelle intenzioni di Washington sarà l’amministrazione transitoria e la richiesta al segretario generale dell’Onu di valutare “opzioni per il dispiegamento della Forza internazionale di stabilizzazione”. Insomma, anche questo tentativo americano di convogliare una coalizione sul terreno di cui dovrebbero fare parte Egitto, Indonesia, Azerbajan, Qatar e (forse) Turchia, potrebbe essere annullato. La manovra di Mosca non stupisce: il 15 giugno scorso una rappresentanza di alto profilo di Hamas è stata ricevuta nella sede del ministero degli Esteri russo.
Il Palestinian Information Center fornisce dettagli sul dialogo tra il rappresentante speciale del presidente russo per il Medio Oriente, Bogdanov, e Mousa Abu Marzouk, capo delegazione degli islamisti: “Durante l’incontro, Hamas ha affermato il legittimo diritto di Teheran all’autodifesa e ha avvertito che consentire a Israele di prevalere in questo scontro rappresenterebbe una grave minaccia per la sicurezza e la stabilità della regione. Da parte sua, Bogdanov ha ribadito il sostegno della Russia ai diritti del popolo palestinese. Ha illustrato gli sforzi diplomatici della Russia con i principali attori internazionali per fermare l’aggressione, aprire corridoi umanitari e facilitare l’ingresso di aiuti nella Striscia di Gaza assediata, evidenziando l’attività russa nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Ed è proprio lì, al Consiglio di sicurezza, che Mosca ha presentato il suo piano, sottolineando che disarmare Hamas non è necessario.
Gli americani reagiscono: “I tentativi di seminare discordia ora, mentre l’accordo su questa risoluzione è in fase di negoziazione attiva, hanno conseguenze gravi, tangibili e del tutto evitabili per i palestinesi di Gaza. Il cessate il fuoco è fragile e sollecitiamo il Consiglio a unirsi e ad andare avanti per garantire la pace di cui c’è disperatamente bisogno”. Comprensibile la preoccupazione degli Stati Uniti, anche per non perdere la faccia con gli alleati disposti alla missione sul terreno: l’Indonesia, ad esempio, ha già comunicato di avere 20.000 soldati pronti ad entrare nella Striscia a scopo di sicurezza.
Ma non c’è solo Gaza. Da quando Trump ha dato il via alla guerra contro il Cartel de los Soles – l’organizzazione di trafficanti di droga che secondo il presidente fa capo ad alti ufficiali venezuelani e allo stesso leader chavista Maduro – Mosca si è preoccupata di rassicurare l’alleato caraibico, anche dal punto di vista tecnologico e militare. Il portavoce del Cremlino, Peskov, è tornato sulla questione auspicando che “non vengano intraprese azioni che possano portare a una destabilizzazione della situazione nel bacino dei Caraibi e intorno al Venezuela, e che tutto avvenga in conformità con il diritto internazionale. Diritto che si trova in uno stato pietoso in molte parti del mondo”, ha concluso Peskov. L’Ucraina resta sullo sfondo: nel frattempo Mosca e Washington si danno dei calci sugli stinchi sotto il tavolo, tanto le occasioni non mancano.
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