Non solo denti: perché una devitalizzazione potrebbe ridurre rischio di infarto, ictus e diabete
- Postato il 20 novembre 2025
- Lifestyle
- Di Blitz
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Per anni abbiamo considerato la devitalizzazione un semplice intervento odontoiatrico, utile a preservare un dente danneggiato ed evitare l’estrazione. Oggi, grazie a un nuovo studio internazionale, questa procedura si rivela molto più di un “salvataggio dentale”. I ricercatori hanno infatti osservato che, una volta trattate le infezioni profonde della polpa dentale, nel sangue compaiono miglioramenti misurabili nei parametri collegati a infarto, ictus e diabete di tipo 2.
Una scoperta che potrebbe rivoluzionare il modo in cui consideriamo la salute orale: non una parte isolata del nostro corpo, ma un vero indicatore del benessere sistemico.
Perché la salute orale è collegata al cuore e al metabolismo
Da anni la letteratura scientifica suggerisce un legame stretto tra malattie della bocca e malattie cardiovascolari. La ragione è biologicamente plausibile: infezioni, carie non trattate e parodontiti possono immettere batteri e mediatori infiammatori nel flusso sanguigno. Questo processo, chiamato “infiammazione sistemica di basso grado”, contribuisce a diversi meccanismi nocivi.
Quando i patogeni orali entrano in circolo, possono:
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alterare il controllo glicemico, predisponendo al diabete,
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favorire l’infiammazione vascolare,
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destabilizzare la placca aterosclerotica,
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raggiungere organi distanti, tra cui il cuore.
Numerosi studi hanno già trovato tracce di batteri del cavo orale in placche aterosclerotiche di pazienti cardiopatici. Alcuni ceppi, come Porphyromonas gingivalis, sono stati associati a fibrillazione atriale e aumento del rischio cardiovascolare. Altre ricerche hanno persino individuato un possibile collegamento tra scarsa igiene orale e incremento del rischio di tumore del pancreas, o un impatto negativo sulla salute cerebrale.
Alla luce di tutto questo, è comprensibile che prevenire e trattare le infezioni dentali non abbia un ruolo solo “localizzato”, ma possa influire sullo stato infiammatorio generale dell’organismo.
Lo studio
Il nuovo studio pubblicato sul Journal of Translational Medicine ha coinvolto un team di ricercatori del King’s College London e dell’Università di Helsinki. L’indagine ha preso in considerazione 65 persone affette da parodontite apicale, una delle patologie dentali più diffuse, spesso originata da un’infezione batterica che raggiunge il nervo e danneggia i tessuti circostanti.
La parodontite apicale è considerata una condizione a forte impatto sistemico: genera un’infiammazione cronica che può contribuire a peggiorare pressione, glicemia e profilo lipidico. È proprio per questo che i ricercatori hanno scelto di monitorare questi pazienti prima e dopo la devitalizzazione.
Utilizzando analisi del sangue avanzate tramite spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (RMN), gli scienziati hanno rilevato come i valori metabolici cambiassero nel tempo.
I risultati dopo 3 mesi dalla devitalizzazione
Sono state osservate variazioni significative nei livelli di aminoacidi a catena ramificata, noti indicatori del rischio metabolico. Una loro riduzione è interpretata come un miglioramento del metabolismo glucidico e lipidico.
I risultati dopo 2 anni
A distanza di tempo, i ricercatori hanno documentato: un decremento di glucosio e piruvato, una riduzione iniziale dei livelli di colesterolo, colina e acidi grassi, un aumento progressivo del triptofano.
Nel complesso, questi cambiamenti suggeriscono un miglioramento dello stato infiammatorio e un riequilibrio del metabolismo.
Secondo il team scientifico, tutto ciò “indica che il trattamento endodontico di successo può influire favorevolmente sui processi fisiologici che regolano il rischio cardiometabolico”.
Che cosa significa tutto questo per i pazienti?
La devitalizzazione, spesso considerata un intervento di routine, potrebbe avere implicazioni molto più ampie. Non si tratta semplicemente di prevenire dolore, infezioni e perdita dei denti, ma di ridurre un carico infiammatorio che può pesare sul cuore, sui vasi sanguigni e sul metabolismo.
La professoressa Sadia Ambreen Niazi, coordinatrice dello studio, ha spiegato che i risultati “ricordano quanto profondamente la salute orale sia legata alla salute dell’intero organismo”. In altre parole, curare un’infezione dentale non è un optional estetico o un semplice tema di benessere: può essere un atto di prevenzione sistemica.
Perché l’infiammazione dentale può influire su diabete e rischio cardiovascolare
L’infiammazione cronica generata da una patologia come la parodontite apicale è tutto fuorché innocua. Il nostro sistema immunitario risponde all’infezione locale producendo citochine e mediatori che finiscono nel circolo sanguigno.
Con il tempo, questo processo può:
- alterare la sensibilità all’insulina, favorendo il diabete,
- aumentare l’instabilità delle placche aterosclerotiche,
- peggiorare la funzionalità dei vasi, aumentando la pressione,
- influire sul metabolismo dei lipidi e del colesterolo.
Questi stessi meccanismi sono alla base dell’insorgenza di infarto, ictus e altre complicanze cardiometaboliche. Eliminare il focolaio infettivo attraverso la devitalizzazione significa interrompere il flusso costante di mediatori infiammatori.
Che cos’è davvero la devitalizzazione e perché funziona?
Dal punto di vista clinico, la devitalizzazione – o trattamento endodontico – ha un obiettivo preciso: rimuovere la polpa infetta all’interno della radice del dente e ripulire i canali radicolari. Dopo la detersione, il dente viene sigillato per prevenire nuove colonizzazioni batteriche.
La Mayo Clinic descrive la procedura come “un modo per salvare un dente gravemente danneggiato o infetto, evitando l’estrazione”. Ma i benefici osservati nello studio suggeriscono che questo intervento va oltre il semplice mantenimento del dente: eliminare il sito infettivo significa ridurre lo stress immunitario e metabolico dell’intero organismo.
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