“Non possiamo essere così distratti continuamente dalle caz**te perché è finita la pace”: Marracash in concerto a Torino
- Postato il 15 giugno 2025
- Musica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo il debutto il 6 giugno da Bibione il Marra Stadi25 e la tappa il 10 giugno allo Stadio Armando Maradona di Napoli, Marracash ieri sera, 14 giugno, ha segnato il sold out allo Stadio Olimpico Grande di Torino. È il primo rapper in Italia a esibirsi in un tour negli stadi e ha regalato un “concept show” – come definito dall’artista in un rapido incontro con la stampa prima dell’esibizione – che ha visto come protagonista da un lato Marracash artista e, dall’altro, Marracash uomo (Fabio Rizzo, così all’anagrafe). Una dicotomia, come il sole e la notte. Quegli opposti, a tratti agli antipodi che, nonostante i perenni conflitti interiori, si attraggono l’un l’altro. E, nonostante Marracash cerchi di far prevalere uno dei due lati della personalità, alla fine, finirà per convivere con entrambi..
“Anche se affrontare questo futuro fa paura, è arrivato il momento in cui non possiamo essere tutti così continuamente distratti dalle cazz**e. Perché ‘È Finita La Pace’”. Così Marracash davanti a 37mila persone presenti.
L’esibizione, durata più di due ore, è articolata in sei capitoli. Si parte con “Power Slap”, uno schiaffo morale nei confronti dei rapper, omologati con “Le stesse marche, stessi designer, stessi orologi, stesse vacanze, stessi producer e stesse guest, stessi argomenti, le stesse reference (riferimenti culturali, ndr)”. Sul palco, oltre all’artista, presenti otto ballerini diretti dal coreografo Carlos Kahunga Kamizele, una band e una serie di performer e personaggi scenici. Centrali, nella messa in scena, lo sono stati cinque robot – alti dai tre ai sei metri – posizionati sul palco ideato a mo’ di laboratorio, suddiviso in aree. Ogni zona rappresentava ideologicamente – o forse sarebbe meglio dire “virtualmente” – una parte del sé interiore di Marracash.
Da “Vittima” in poi, il rapper di Barona ha interagito con Mati, un’intelligenza artificiale proiettata su uno schermo secondario sotto forma di un grande occhio che seguiva e giudicava con lo sguardo Marracash. Quindi il lato della personalità in cui emerge soprattutto l’ego. Mati – che in greco significa “occhio” – durante “GOAT” rileva un’interferenza. Se Marracash è sul palco, l’altra sua personalità (ovvero Fabio, quella da uomo comune), è metaforicamente intrappolata all’interno di una capsula mostrata sul led di sfondo. Mati, allora, pronuncia l’intro del brano “Evitare la sofferenza è una sofferenza. Negare un fallimento è di per sé un fallimento. Nascondere la vergogna, è una forma di vergogna”. Oltre alla trilogia “Persona”, “Noi, loro, gli altri” ed “È Finita La Pace”, c’è stato spazio per “Bastavano le briciole”.
Un brano molto intimo in cui Marracash, nell’allora 2008, aveva raccontato le differenze e le iniziali difficoltà di ambientamento di tutta la sua famiglia che, in cerca di maggiore fortuna, si era trasferita dalla Sicilia a Milano. Ma “Stavamo in centro, casa di ringhiera, piena di immigrati. Senza i sanitari, uscivo per andare al cesso”, canta Marracash. In “Penthotal”, il rapper ha dimostrato che vocalmente ci sa fare eccome. Così come ottima parte del suo ultimo progetto discografico “È Finita La Pace”, dove sono presenti molti pezzi che, per la loro
apertura vocale nei ritornelli, sono adatti per gli stadi. E ieri, live, ne è stata la conferma. Marracash non esisterebbe senza Fabio. Quella vocina costantemente impressa nella mente che cerca di riportare la razionalità e, soprattutto, i “Dubbi, martellanti dubbi”. Da un lato l’enorme successo nella musica. Date, concerti, centinaia di migliaia di persone che urlano il nome d’arte. E poi, a sipario calato, cosa resta? È proprio questo che si chiede Marracash, toccando anche e soprattutto il delicato tema dell’amore: “Cioè stringere una cosa forte fino a soffocarla? Un gioco in cui mi faccio male o faccio male a un’altra. Ho quarant’anni e mai visto un legame che rimanga”, rappa l’artista.
Ospiti, eccetto Madame che è presente ai fini della narrazione in tutte le date del tour, non ce ne sono. In “Loro”, l’AI Mati è andata in tilt: “Quanto vale la realtà e quanto costa mentire? Fai sognare gli italiani, io li vorrei svegliare. Sale chi è senza talento, senza morale. Nessuno fa niente se si sente impotente, ma è così facendo che lo rende reale”, dice il rapper in “Loro”. In “Cosplayer”, Marracash se la prende con chi “sceglie solo le proteste monetizzabili” (l’attivismo solo social, un po’ fine a sé stesso) e contro i valori societari. “Perché tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi, no? Oggi che tutti lottiamo così tanto per difendere le nostre identità, abbiamo perso di vista quella collettiva. L’abbiamo frammentata”.
Nel sesto ed ultimo atto c’è la tanto ricercata riconnessione tra Fabio e Marracash. Con “Nulla accade”, “LOVE” e “Happy End”, il rapper sembra aver fatto pace con sé stesso, prima di scendere trionfante dal palco. Lo show è stato senz’altro innovativo. Un allestimento così massiccio – tra robot, occhi meccanici e laboratori – non si era mai visto. L’unica incognita era se tutto potesse risultare ben amalgamabile e, soprattutto, fluido nella realizzazione. Marracash interagisce molto con l’AI ma il risultato finale è più che soddisfacente. I dialoghi non stonano e, alla lunga, non risultano prolissi. Per presenza sul palco, vocalità e capacità di rappare una barra dietro l’altra, Marracash – ancora una volta – si è dimostrato uno dei migliori performer. E non per altro viene chiamato “King (non solo) del rap”.
I prossimi appuntamenti saranno allo Stadio San Siro di Milano mercoledì 25 giugno, anch’essa sold out, e giovedì 26 giugno, lunedì 30 giugno allo Stadio Olimpico di Roma e si concluderà sabato 5 luglio allo Stadio San Filippo di Messina. Oltre 270mila i biglietti venduti per tutte e sette le date.









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