Noi, gli attempati spettatori di Sanremo
- Postato il 11 febbraio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Noi, gli attempati spettatori di Sanremo
L’edizione 75 del Festival di Sanremo è pronta a partire con tutto il suo bagaglio di nostrano tifo per Dario Brunori
IL festival di Sanremo è il mio bicchiere di vino con il panino, il sogno delle Hawaii. È Albano e Romina, Toto Cutugno e i Ricchi e Poveri, le schedine del Totip. Carlo Massarini in quel tendone a notte fonda con gli ospiti internazionali, io e Natalia a scuola il giorno dopo con gli occhi gonfi di sonno e l’emozione in gola per aver visto Simon Le Bon. Che poi quarant’anni dopo tornano ed è tutto un imbolsito friccicore.
SANREMO E LOREDANA BERTÈ CON IL PANCIONE
È cavallo pazzo sulla balaustra che tenta il suicidio e Pippo Baudo che lo salva. Gli operai che protestano fuori dall’Ariston. I fiori. Loredana Berté con la trippa finta, Anna Oxa diafana e scheletrica, bionda fino al midollo. È il trash innocente della nostra adolescenza, quando si era ancora ingenui e una mezza zinna di Patsy Kensit mandava in tilt gli ascolti. Vasco Rossi era un ragazzo come noi, voleva una vita spericolata e chiudeva le classifiche. Eros Ramazzotti arrivava dai bordi di periferia e ci batteva il cuore per Luis Miguel, il fuoco sotto la cenere in smoking bianco.
Nilla Pizzi che torna come ospite. Benigni prima della conversione dantesca quando l’irriverenza era ancora la sua cifra stilistica e i suoi interventi creavano scandalo. Gli anni del Wojtilaccio. La fretta che non c’era nella maledetta primavera di Loretta Goggi. Loredana stupenda con il pancione finto, che tra l’altro portava Re scritta da Mango, a chiudere il cerchio sudista. I Blur che fanno suonare un cartonato e una guardia del corpo. Il finto suicidio sventato dal presentatore dei presentatori Pippo Baudo.
Poi sono arrivati gli anni bui dei presentatori anonimi, dove l’eccesso era poco attraente e le canzoni non solo brutte, tutte le canzoni del festival sono brutte, ma anonime. Nessun cult, niente che ancora oggi si canti tra vergogna e nostalgia. Il colpo di reni con il ritorno di Pippo Baudo, re indiscusso delle serate sanremesi. Mike Buongiorno. Fazio, l’Amadeus dei miracoli, e l’era Conti con cui entriamo nel tempo presente.
All’improvviso sono arrivati i social e vedere il festival è diventato cool. Guardarlo è ganzo, commentarlo un rito a cui è difficile sottrarsi.
LE ORCHESTRE CHE LANCIANO SPARTITI
Entriamo negli anni di Morgan vs Bugo, delle orchestre che gridano vergogna e lanciano spartiti, di Blanchito bebe che prende a calci i fior (m’han fatto male ma li ho riconosciuti)
Questo, poi, oltre ad attendere al varco Carlo Conti, appunto, che subentra al megadirettore dagli ascolti stellari, Amadeus, è l’anno della chiamata alle armi, made in Calabria, delle truppe a sostegno di Dario Brunori – decisamente più mainstream di quanto non siano mai state Loredana Bertè o Mia Martini – delle sue noci su albero, di mammarella Sas, della scirubetta e del nostro riscatto regionale in note e musica. (Votate, votate e fate votare)
Sanremo social è un bagno di sangue, il fight club delle trasmissioni tv, un gabbie aperte e animali feroci liberi in città. Qualunque cosa si muova sullo schermo viene impallinata in un tweet. Si guarda solo per dire quanto tutto faccia schifo. Canzoni, sketch, mise, ospiti.
UN COLLETTIVO RITO DI ESPIAZIONE SOCIAL
Una Quaresima laica nazionalpopolare. Un collettivo rito di espiazione, da cui uscire rinnovati.
Perché Sanremo è Sanremo bellezza.
Il Quotidiano del Sud.
Noi, gli attempati spettatori di Sanremo