Nicaso su “Cartelli di sangue”: «Le mafie useranno l’IA per il narcotraffico»

  • Postato il 4 novembre 2025
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Nicaso su “Cartelli di sangue”: «Le mafie useranno l’IA per il narcotraffico»

«Le mafie useranno l’IA per il narcotraffico»: in un’intervista il professor Nicaso racconta di “Cartelli di sangue” scritto insieme al procuratore Gratteri


«Le organizzazioni criminali potrebbero presto usare l’IA per scegliere quale rotta o quale porto sia più conveniente per il narcotraffico». Lo dice al Quotidiano lo storico delle mafie Antonio Nicaso, che insieme al procuratore Nicola Gratteri ha appena pubblicato “Cartelli di sangue”, un nuovo libro che si addentra tra le reti criminali del narcotraffico che avvolgono il pianeta. Reti invisibili solo per chi si gira dall’altra parte, perché i proventi alimentano ormai l’economia globale. «Prima le mafie avevano bisogno di risorse umane, di facilitatori e faccendieri – spiega Nicaso – Ma, come confermano i vertici di Europol, nei nuovi scenari già si nota la sperimentazione di nuove tecnologie. Droneros sono stati utilizzati nella guerra russo-ucraina. I paramilitari colombiani che sono andati a combattere là sono tornati in America Latina. In Messico sono state sequestrate apparecchiature sofisticate, usate per smascherare coordinate Gps. L’evoluzione tecnologica delle mafie è preoccupante, se si pensa che organizzazioni come il Primeiro Comando da Capital gestiscono fondi di investimento e hanno banche fintech».

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Professore Nicaso, “Cartelli di sangue” segue le rotte del narcotraffico, dai Paesi produttori fino alla finanza criminale globale…

«La cosa più evidente, quando si va in America Latina, sono le disuguaglianze sociali e il contrasto tra la bellezza e la devastazione di interi territori in cui non è più possibile coltivare. Se si parla con gli indigeni, si scopre che mangiano pesce pur sapendo che è contaminato. L’estrazione mineraria inquina i fiumi che per molti è unica fonte di sostentamento, ma non hanno altro cibo. Intere popolazioni stanno scomparendo in seguito alle coltivazioni di coca e alle estrazioni. Parliamo di qualcosa che va oltre il denaro e il potere, oltre la cocaina».

La ‘ndrangheta è ancora la signora assoluta del narcotraffico?

«Non ne sarei così convinto. Registriamo una presenza sempre più strutturata delle organizzazioni balcaniche e albanesi in particolare. Gli albanesi ormai hanno rapporti diretti con i produttori di cocaina, sono infiltrati in ambienti economici e politici. Certo, la ‘ndrangheta ha sempre un suo peso specifico. Ma in Ecuador e Colombia si percepisce la presenza di broker di altre organizzazioni, probabilmente col benestare della ‘ndrangheta che si fa portare la cocaina a domicilio. Rispetto all’altro viaggio, documentato nel libro “Oro bianco”, è cambiato qualcosa. Prima le presenze albanesi non erano così rilevanti, oggi tutti gli investigatori ci dicono quanto siano temibili».

Il libro ripercorre anche le nuove rotte del narcotraffico e le nuove modalità di trasporto…

«C’è un mix di metodi vecchi e nuovi. E le rotte sono continuamente aggiornate. Quelle principali sono atlantiche e hanno due direzioni: verso l’Asia e l’Australia e verso il Canale di Panama dove si cambia imbarcazione per dirigersi verso l’Europa. La rotta pacifica sta raggiungendo sempre più spesso l’Europa passando per i porti del Nord. Ma anche la Galizia è tornata importante. Durante la pandemia sono stati scarcerati vecchi boss galiziani che hanno stretto alleanze con organizzazioni albanesi e serbo-montenegrine».

Desta allarme l’aumento di produzione di coca in Colombia…

«C’è un surplus di produzione che in Colombia non si registrava dai tempi di Escobar. La conseguenza potrebbe essere la riduzione del prezzo perché i trafficanti non sanno più come piazzare la coca. Questo contribuisce a rendere le organizzazioni criminali ancora più potenti, per gli accessi illimitati a scorte di cocaina. Nonostante le droghe sintetiche, il mercato della cocaina non ha subito cali a differenza dell’eroina».

Gioia Tauro conferma la sua centralità nelle rotte del narcotraffico?

«La conferma ma non con l’importanza che le abbiamo dato in passato. I controlli sono stati intensificati e i trafficanti preferiscono porti come Anversa, dove i container ispezionati non superano il due per cento. Si va verso la diversificazione delle rotte e dei porti. I carichi raggiungono la destinazione finale non più con quantità rilevanti come un tempo, prevale il frazionamento».

C’è una strategia globale per contrastare il narcotraffico?

«Le reti criminali sono favorite da giurisdizioni opache e asimmetrie normative. Vi sono Paesi in cui le reti del riciclaggio incontrano meno resistenze, perché alcuni soggetti non sono obbligati a segnalare transazioni sospette e non c’è limite all’uso del contante. Paesi che consentono di fare qualsiasi tipo di operazione col denaro sporco e le banche coinvolte rischiano sanzioni per cifre inferiori rispetto ai guadagni. Sono pochi i casi in cui vengono accertate responsabilità penali per dirigenti coinvolti in operazioni di riciclaggio. Così i soldi sporchi del narcotraffico entrano facilmente nell’economia globale. Il problema è proprio la mancanza di una strategia globale».

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