Netanyahu: “Con Trump non ho accettato uno Stato di Palestina. Le truppe restano nella maggior parte di Gaza”
- Postato il 30 settembre 2025
- Politica
- Di Blitz
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“Con Trump non ho accettato nessuno Stato di Palestina”. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu chiarisce di non aver riconosciuto la nascita di una nazione palestinese nei colloqui con Donald Trump ieri alla Casa Bianca. All’indomani dell’annuncio del piano del tycoon per porre fine alla guerra a Gaza, che prevede il ritiro graduale dell’Idf, Netanyahu ha anche affermato che l’esercito “rimarrà nella maggior parte della Striscia”.
Le scuse al Qatar e l’ultimatum ad Hamas
Trump ha costretto Netanyahu a chiedere scusa al premier qatarino per i raid a Doha contro i leader di Hamas e ad accettare una proposta in 20 punti per mettere fine alla guerra nella Striscia, anche se ‘annacquata’ rispetto alle bozze circolate finora. Poi il lancio dell’ultimatum all’organizzazione, avvisandolo che se rifiuterà il piano di pace – che secondo alcune fonti diplomatiche è stato trasmesso ad Hamas da Qatare ed Egitto – Israele avrà il “pieno appoggio degli Stati Uniti” e il “diritto” di “completare il lavoro” per annientare il gruppo estremista. Ma da Hamas sono arrivate subito risposte negative che sembrano allontanare la speranza della pace e, per Trump, anche del Nobel.
Cosa prevede il piano Usa
Il piano Usa prevede che, se entrambe le parti accettano, la guerra finisca immediatamente. Entro 72 ore (non più 48) dall’accettazione da parte di Israele tutti gli ostaggi devono essere restituiti, sia quelli vivi che quelli morti. Una volta rilasciati tutti gli ostaggi, Israele rilascerà 250 ergastolani e 1.700 cittadini di Gaza detenuti dopo il 7 ottobre 2023, comprese tutte le donne e i bambini detenuti in tale contesto. Per ogni ostaggio israeliano i cui resti saranno rilasciati, Israele rilascerà i resti di 15 cittadini di Gaza deceduti. Il ritiro delle forze israeliane sarà graduale e concordato dalle parti. Gaza “sarà governata sotto l’amministrazione transitoria temporanea di un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, responsabile della gestione quotidiana dei servizi pubblici e delle municipalità per la popolazione di Gaza. Questo comitato sarà composto da palestinesi qualificati e da esperti internazionali”: la novità è che avrà “la supervisione e il controllo di un nuovo organismo transitorio internazionale, il ‘Board of Peace’, che sarà presieduto e guidato dal presidente Trump, insieme ad altri membri e capi di Stato che saranno annunciati, incluso l’ex primo ministro Tony Blair”.
Gli altri punti del piano per Gaza
I punti 10 e 11 parlano di “un piano di sviluppo economico di Trump per ricostruire e rivitalizzare Gaza” elaborato con “un gruppo di esperti che hanno contribuito alla nascita di alcune delle fiorenti città moderne del Medio Oriente”. Si citano “molte proposte di investimento” e “idee di sviluppo entusiasmanti” che “saranno prese in considerazione”. Sarà inoltre “istituita una zona economica speciale con tariffe di accesso preferenziali da negoziare con i paesi partecipanti”. “Nessuno sarà costretto a lasciare Gaza, e coloro che desiderano andarsene saranno liberi di farlo e liberi di tornare. Incoraggeremo le persone a rimanere e offriremo loro l’opportunità di costruire una Gaza migliore”, si legge nel punto 12. Mentre i paragrafi 13 e 14 ribadiscono che Hamas “non avrà alcun ruolo, né direttamente né indirettamente”, Gaza sarà “smilitarizzata” e “i partner regionali forniranno la garanzia” per assicurare che la “Nuova Gaza” non rappresenti più “una minaccia”.
Il punto 15 prevede che “gli Stati Uniti collaboreranno con i partner arabi e internazionali per sviluppare una Forza di Stabilizzazione Internazionale (Isf) temporanea da dispiegare immediatamente a Gaza”, che addestrerà le future forze di polizia palestinesi: “Questa forza rappresenterà la soluzione di sicurezza interna a lungo termine”. Al punto 16 Israele si impegna a “non occupare né annettere Gaza”, ma non si fa più menzione al veto americano di annessione della Cisgiordania, che lo stesso Trump aveva invece garantito ai leader arabi. Il piano parla inoltre (18) di “dialogo interreligioso”, “valori della tolleranza e della coesistenza pacifica, per cambiare la mentalità e le narrazioni di palestinesi e israeliani”. Negli ultimi due paragrafi si prevede infine, con molti condizionali, “un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la sovranità” di uno Stato palestinese, ma solo “una volta che la riqualificazione di Gaza sarà stata portata avanti e il programma di riforma dell’Anp sarà stato fedelmente implementato”.
Tony Blair “bocciato” da Hamas e la rivendicazione dello Stato palestinese
Pensare a un meccanismo di transizione che coinvolga anche politici di altri Paesi come l’ex premier britannico Tony Blair non è però qualcosa di ben visto da Hamas che lo considera “una figura inaccettabile per il nostro popolo”, come spiegato in una dichiarazione alla Reuters dall’alto funzionario dell’organizzazione Taher al-Nunu. “Abbiamo accettato la formazione di un comitato che non rappresenti alcuna fazione palestinese per gestire gli affari di Gaza dopo la guerra, ma non accetteremo l’imposizione di una tutela straniera sul nostro popolo”, ha aggiunto. Quindi la rivendicazione di uno stato palestinese, per il quale nel piano Usa è evocato solo un possibile “percorso credibile”. “La resistenza armata – ha detto al-Nunu – è un diritto del popolo palestinese finché esiste l’occupazione. Se il popolo palestinese sarà liberato e verrà creato uno Stato palestinese, allora non ci sarà più bisogno né di resistenza né di armi, e ciò farà parte dell’entità palestinese”.
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