Nel termovalorizzatore in Liguria anche rifiuti pericolosi e speciali, Giampedrone: “Solo la quota prevista per legge”
- Postato il 3 giugno 2025
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- Di Genova24
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Genova. Nell’impianto di chiusura del ciclo dei rifiuti (termovalorizzatore o waste to chemical) che vuole realizzare la Regione Liguria confluiranno anche rifiuti pericolosi e rifiuti speciali, come avviene negli analoghi impianti in tutta Italia. Lo ha confermato oggi l’assessore regionale all’Ambiente Giacomo Giampedrone rispondendo in aula a un’interrogazione della capogruppo di Avs Selena Candia che chiedeva “quali siano i dati quantitativi e le proiezioni relative all’andamento della raccolta differenziata sui quali si fonda la determinazione della capacità minima di 320mila tonnellate annue“.
Giampedrone ha fatto riferimento al piano regionale dei rifiuti che fissa al 67% gli obiettivi regionali per la raccolta differenziata e prevede una riduzione del rifiuto urbano prodotto nell’ordine del 4% rispetto al 2019. Con questi criteri si arriva a una stima di circa 260mila tonnellate annue di volume da gestire.
“A questo volume – ha spiegato l’assessore – sono state aggiunte quote rilevanti di scarti della raccolta differenziata, energicamente valorizzati, stimati a poco meno di 30mila tonnellate annue, purché siano rispettate le migliori condizioni possibili. A fronte di una produzione di 800mila tonnellate di rifiuti urbani, la Liguria produce 2,6 milioni di tonnellate annue di rifiuti speciali di cui 10-15% di rifiuto speciale inerte e circa 200mila tonnellate annue di rifiuti pericolosi, flussi che in quota parte (con particolare riferimento ai rifiuti sanitari, di cui 20mila tonnellate a rischio infettivo – come siringhe, garze o altri presidi ospedalieri che per legge devono essere smaltiti tramite termodistruzione, attualmente inviati ad impianti di altre regioni – e 40mila all’anno dei fanghi di depurazione, oggi destinati alle discariche) potranno trovare opportune sinergie nel trattamento e recupero in un impianto di ambito regionale di chiusura del ciclo, diminuendo quindi il ricorso a discariche regionali o l’invio in altre regioni, con benefici ambientali ed economici“. Così si arriva alle 320mila tonnellate annue stabilite dalla Regione.
“Finalmente si è fatta chiarezza: questa giunta regionale vuole mettere i rifiuti speciali e pericolosi nel termovalorizzatore che sta cercando di realizzare – ha attaccato Candia -. I nostri sospetti sono stati confermati. Un impianto piccolo non avrebbe avuto una sostenibilità economica e quindi si è scelto di realizzare una struttura enorme, dove andranno, purtroppo, anche rifiuti speciali e pericolosi. Finora, l’unica alternativa ipotizzata è quella di mettere i rifiuti speciali e pericolosi nei cassoni del porto. È un’idea che ci vede fortemente contrari, ma temiamo che ormai le possibilità indicate da Bucci siano solo due: bruciarli nel termovalorizzatore oppure stiparli nella diga foranea“.
“Attualmente la Liguria produce 320mila tonnellate di rifiuti indifferenziati urbani – ha ricordato Candia -. Realizzare un impianto esattamente di quella portata significa metterci altri tipi di rifiuti oppure non aumentare la raccolta differenziata e la Liguria, soprattutto a Genova, ha percentuali molto basse. Il nostro timore è che alla fine entrambe le nostre paure si avvereranno: si bruceranno rifiuti pericolosi e ci saranno meno investimenti per aumentare la differenziata”.
“Comprendiamo che la materia di cui si parla sia particolarmente complessa. Ma vogliamo comunque rassicurare l’opposizione: la scelta della dimensione dell’impianto finale del ciclo dei rifiuti in Liguria è stata tecnica, sulla base del piano regionale approvato nel 2022, per ridurre al minimo l’utilizzo delle discariche, su cui, va ricordato, si basava il sistema ligure fino a dieci anni fa, quando l’abbiamo ereditato dal centrosinistra – contrattacca Giampedrone in una nota -. Chi oggi solleva polemiche sulla possibilità di smaltire nel futuro impianto di chiusura del ciclo anche una quota di rifiuti speciali, compatibili per legge, forse non sa che questo avviene in tutti gli impianti italiani. Senza dimenticare che rappresenta le stesse forze politiche che oggi stanno realizzando il più grande termovalorizzatore del Paese a Roma”.
“La taglia individuata come indicativa negli indirizzi forniti all’agenzia regionale Arlir – prosegue Giampedrone – è legata alla necessità di assicurare migliori prestazioni sinergiche dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico con economie di scala rispetto ai costi di costruzione e gestione. La scelta dell’impianto, non solo rispetto alla taglia ma anche alla tecnologia (valorizzazione energetica o waste to chemical), influenzerà anche le future decisioni sul trattamento dell’indifferenziato, oltre che sulla possibilità di smaltimento nell’impianto di alcune tipologie di rifiuti speciali compatibili. Questo consentirà un’ulteriore diminuzione del ricorso alle discariche regionali o dell’invio ad impianti extraregionali, con benefici ambientali oltre che economici a vantaggio di tariffe più sostenibili per le comunità locali”.
In piena campagna elettorale per le comunali a Genova il governatore Marco Bucci aveva annunciato che a giugno sarebbe partito il bando per costruire l’impianto. A proporre la localizzazione e la tecnologia saranno le aziende interessate a realizzarlo (tra queste c’è Amiu, su mandato del Comune), ma prima servirà l’accordo col sindaco (o i sindaci) del territorio coinvolto. Silvia Salis aveva precisato che per lei non sarebbe stata una “soluzione ideale fare un impianto sovradimensionato in una discarica che sta per chiudere“, cioè Scarpino (una delle aree individuate come idonee dallo studio del Rina per l’agenzia regionale Arlir), però non ha mai escluso la possibilità di collocarlo altrove.
L’avvio del bando, in ogni caso, sarebbe stato posticipato perché il presidente della provincia di Savona ha chiesto maggiori tempi, secondo quanto riferito da Giampedrone. “Questo cosa vuol dire? Che il presidente della provincia ha individuato sul suo territorio un sito dove realizzarlo? Se sì, Olivieri può dire ai cittadini dove sarebbe – incalza il consigliere del Pd Roberto Arboscello insieme al segretario regionale Davide Natale – anche se parliamo dello stesso presidente che pochi mesi fa ha firmato un documento in cui dichiarava di non volere il termovalorizzatore in Val Bormida. Non è vietato cambiare idea, però i cittadini devono sapere con chiarezza da chi sono amministrati che intenzioni hanno. Noi rimaniamo della nostra idea, cioè che la chiusura del ciclo dei rifiuti è necessaria, che per chiudere bisogna fare un ragionamento con i territori vicini ma che la Val Bormida, come già ribadito da tutti gli amministratori locali, non è il sito territorialmente, ambientalmente e finanziariamente corretto”.