Natanz brucia: nel mirino di Tel Aviv i centri di sviluppo dell’atomo iraniano
- Postato il 14 giugno 2025
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Il Quotidiano del Sud
Natanz brucia: nel mirino di Tel Aviv i centri di sviluppo dell’atomo iraniano
Nel mirino di Tel Aviv: i centri di sviluppo dell’atomo iraniano, colpita in profondità Natanz e l’élite scientifica del Paese ma il programma di sviluppo ha radici e basi profonde.
Natanz brucia. Il simbolo più famoso del programma di arricchimento nucleare iraniano è stato colpito. E questa volta in profondità e con una potenza tale da far rabbrividire. L’Idf, sull’onda del successo dell’operazione condotta contro l’Iran, ha dichiarato di aver distrutto «una sala di arricchimento a più livelli che ospita centrifughe, locali elettrici e altre infrastrutture di supporto». A loro dire, i missili e le bombe sganciate dall’aviazione contro l’impianto nucleare Shahid Ahmadi Roshan, meglio noto semplicemente come “Natanz”, sarebbero stati molto precisi e si sarebbero concentrati in un singolo punto specifico. Per questo, sebbene insufficienti singolarmente a penetrare le protezioni della struttura, gli ordigni sarebbero riusciti a colpire a fondo, superando le schermature.
Tramite una tattica innovativa e decisamente ingegnosa, dunque, i caccia israeliani sarebbero riusciti a penetrare una delle protezioni più avanzate a disposizione di Teheran, 7.6 metri di scudo in cemento armato pensato proprio per evitare situazioni di questo tipo. I danni sarebbero ingenti, tali da mettere fuori uso quella che gli israeliani definiscono «l’infrastruttura critica che consente il funzionamento continuo del sito e l’avanzamento del progetto di armi nucleari del regime iraniano». Le autorità di Teheran riportano, in tal senso, di perdite di materiale pericoloso all’interno della struttura e di contaminazione da radiazioni, sebbene sembri ancora un fenomeno limitato e circoscritto all’impianto.
Non ci sono state, infatti, segnalazioni inerenti la dispersione nell’aria o al di fuori della struttura di materiale radioattivo o comunque letale. Si tratta, comunque, del più pericolo attacco mai condotto contro una struttura nucleare. Il primo caso di offensiva specificatamente lanciata per danneggiare e distruggere un sito di sviluppo atomico.
NEL MIRINO DI TEL AVIV: NATANZ, GLI ALTRI SITI NUCLEARI E LA LORO RESILIENZA
Anche altri importanti centri per lo sviluppo nucleare iraniano sono stati colpiti nei raid. È il caso, tra gli altri, del sito di arricchimento di Fordow e del centro di ricerca di Arak, alcune delle più importanti strutture in Iran. In questo caso, però, i danni sono stati relativamente lievi e poco preoccupanti. In tal senso, l’impianto ad acqua pesante di Arak, che pure poteva essere un potenziale bersaglio per un attacco in luce del fatto che i componenti chiave dell’impianto sono alte colonne costruite a cielo aperto, non sembra sia stato preso di mira. Stesso discorso per l’impianto di Fordow, costruito 60 metri all’interno di una montagna e dunque pressoché invulnerabile agli attacchi, che ha visto risparmiati i suoi sistemi di alimentazione esterna, i quali potevano essere facilmente bersagliati dall’aviazione.
Dunque, contrariamente a Natanz, queste strutture sono uscite pressoché illese, forse proprio grazie al fatto di essere relativamente più moderne e meglio attrezzate per resistere agli attacchi e di non esser state fatte oggetto di raid pesanti come quelli di Natanz. In nessuno dei due siti sono stati segnalati danni significativi né sono stati riportati incidenti inerenti il materiale radioattivo stoccato negli impianti. Anche per quanto riguarda l’altro importante sito nucleare, la centrale di Bushehr, la Iaea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha confermato che «la centrale nucleare di Bushehr non è stata presa di mira e non è stato osservato alcun aumento dei livelli di radiazioni», una notizia che ha immediatamente rassicurato gli osservatori internazionali.
LE PERDITE UMANE E LE IMPLICAZIONI PER IL PROGRAMMA
È anche sul versante umano, comunque, che l’attacco israeliano ha inferto danni gravi al programma nucleare iraniano. Nella notte sono infatti stati uccisi non meno di sei ricercatori e ingegneri attivi nel programma di sviluppo e di arricchimento. Tra questi, anche Fereydoon Abbasi-Davani, ex membro del Majles, il parlamento iraniano, ex capo dell’Agenzia Iraniana dell’Energia Atomica e importantissimo pilastro della comunità di sviluppo nucleare del Paese; e Mohammad Mehdi Tehranchi, fisico teorico molto influente, attivo e molto famoso nel mondo accademico iraniano e in particolare della capitale.
Oltre a questi due “pezzi da novanta” del nucleare persiano hanno perso la vita negli attacchi anche gli scienziati Abdolhamid Manouchehr, Ahmad Reza Zolfaghari, Amirhossein Feghi e Amirhossein Motalibizadeh, tutti individui a vario titolo collegati con lo sviluppo militare del Paese. Il quadro complessivo, dunque, è piuttosto negativo per l’Iran sul piano dello sviluppo nucleare. Anche non avendo riportato danni significativi ad Arak, Fordow, Isfahan e Bushehr il Paese ha chiaramente dimostrato di non poter difendere effettivamente i suoi impianti, i quali possono contare solo sulla resistenza passiva, ovvero la profondità nel terreno, per sopravvivere agli attacchi israeliani.
IL FUTURO DEL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO
Né l’esercito né i Pasdaran si sono infatti dimostrati in grado di difendere questi siti strategici per mezzo dei propri sistemi anti-aerei. Tuttavia, quanto successo durante i raid non deve essere interpretato troppo ottimisticamente da parte dei nemici di Teheran. Il programma nucleare è stato, del resto, tutt’altro che smantellato. Negli ultimi sessant’anni, l’Iran ha sviluppato e costruito autonomamente un programma nucleare altamente avanzato e completo, che comprende impianti di arricchimento dell’uranio, impianto cosiddetti ad “acqua pesante” e reattori di ricerca all’avanguardia, distribuendoli in una dozzina di strutture di ricerca sparse per tutto il Paese.
Il risultato finale è stato quello di dotare Teheran di altissime competenze in materia di energia nucleare e di fornire al regime le capacità necessarie a produrre e sviluppare testate atomiche da impiegare per mezzo dei vettori missilistici già in suo possesso come lo Shahab-3. Proprio per questo, gli attacchi dei giorni scorsi non possono essere considerati risolutivi. Il Paese ha oggi solide basi tecniche, un know-how consolidato e dozzine di ottimi scienziati attivi nella ricerca e sviluppo in campo nucleare. E tutto questo non può esser spazzato via neanche dal più letale degli attacchi aerei. Più che distrutto, il programma è semmai ridimensionato nelle sue aspirazioni strategiche. Un risultato importante per Israele ma che non pone la parola fine alla lunga e sanguinosa storia del nucleare iraniano.
Il Quotidiano del Sud.
Natanz brucia: nel mirino di Tel Aviv i centri di sviluppo dell’atomo iraniano