Nagel lascia Mediobanca: incassati 44 milioni in azioni, ora si apre la corsa al successore
- Postato il 18 settembre 2025
- Di Panorama
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Era il 2003 quando Alberto Nagel prese il timone di Mediobanca, guidando la nave attraverso le tempeste finanziarie e i mari agitatissimi dei mercati globali. Oggi, ventidue anni dopo la nomina ad amministratore delegato e 34 dal momento dell’assunzione, il supermanager si congeda con una lettera dai toni affettuosi, ma che non lascia spazio a troppi rimpianti. C’è chi si attendeva un discorso da Nobel per la Pace, ma, come dirà più tardi uno degli analisti, il cuore infranto si consola sempre con un bel portafoglio gonfiato.
La vendita lampo delle azioni
Infatti, mentre il consiglio di amministrazione discuteva il suo passo indietro a seguito dell’Opas di Montepaschi, l’amministratore delegato non si è limitato a fare il saluto ufficiale: ha anche provveduto a far rotolare l’oro. In soli tre giorni, Nagel ha ceduto ben 2 milioni di azioni Mediobanca per un incasso complessivo di circa 44 milioni di euro.
Ma non è stato il solo. Con lui, tra vendite e dismissioni, anche l’intero top management ha svuotato i cassetti del portafoglio, incassando miliardi e miliardi. Il presidente Renato Pagliaro ha venduto ieri 100.000 azioni a 21,1743 euro, per un totale di circa 2,1 milioni, portando il totale incassato nei tre giorni a circa 6,5 milioni di euro. Il direttore generale Francesco Saverio Vinci ha ceduto ieri 400.000 azioni a 21,3293 euro per oltre 8,5 milioni, con un totale cumulato di oltre 18 milioni. Una festa con ricchi premi e cotillons.
L’eredità di Cuccia e Maranghi
Nella sua lettera Nagel ricorda di essersi mosso nella scia di Enrico Cuccia e del delfino Vincenzo Maranghi. “Uno stile che ti resta cucito addosso”. Dimentica di aggiungere che l’eredità di Cuccia dopo la morte ammontava a circa un milione mentre Maranghi, al momento di andar via perché licenziato dagli azionisti, rifiutò qualunque bonus. Si fece pagare solo la liquidazione che gli spettava come dipendente della banca.
Il “Darwinismo bancario” e i successi di Mediobanca
In effetti, Nagel non è nuovo a questi numeri da capogiro. Racconta nella lettera che la sua carriera in Mediobanca è stata caratterizzata da una serie di operazioni finanziarie ispirate dal “Darwinismo bancario”, un bel termine coniato per spiegare come le banche, se non si adattassero al cambiamento, sarebbero destinate a “estinguersi”.
Un concetto che sicuramente i dirigenti di Mediobanca hanno fatto proprio, adattando la banca ai nuovi tempi con acquisizioni strategiche e investimenti accorti, tanto da riuscire a quadruplicare i ricavi nel corso di due decenni. «Nell’ultimo ventennio – scrive – la banca ha sempre investito in talento umano, triplicando il personale sino a raggiungere gli attuali 6.200 colleghi, a differenza di molti intermediari che hanno dovuto effettuare forti ristrutturazioni; ha distribuito agli azionisti circa 8,5 miliardi, senza mai fare aumenti di capitale ed ha conseguito un rendimento totale per gli azionisti del +500%».
Infine una citazione Orazio: «Graecia capta ferum victorem cepit». Tradotto: “La Grecia vinta conquistò il feroce vincitore”. Mps prenderà il controllo di Mediobanca ma sarà contaminata dalla sua anima.
La corsa alla successione
Ora si apre la corsa per la poltrona più ambita di Piazzetta Cuccia. La posta in gioco è alta e, ovviamente, il portafoglio gonfio delle vendite non farà che alimentare ulteriormente l’attesa. La successione verrà decisa all’assemblea del 28 ottobre.
Tra i nomi più caldi ci sono Giorgio Cocini, managing director di Pimco per Italia, Francia e Penisola Iberica, e Francesco Pascuzzi, country head Italia di Goldman Sachs. Ma c’è anche chi mormora che la banca potrebbe puntare su qualche volto “esterno”, come Flavio Valeri, presidente di Lazard, che per quanto non faccia parte del club dei “fedelissimi” di Mediobanca, potrebbe avere la caratura giusta per guidare il gruppo nei prossimi anni.