Milano, la piccola Doha. Che c’entra il quartiere Isola con la città che conoscevo io negli anni 80?

  • Postato il 31 luglio 2025
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di Pietro Francesco Maria De Sarlo

La mia dimora avita, come si diceva una volta, si trova in Basilicata in un piccolo borgo dell’Appennino lucano all’interno del Parco della Val D’Agri, che circonda il Centro Oli di Viggiano. Quasi quattromila anime alla mia nascita, oggi poco meno di mille superstiti.

Difficile spostare anche una pietra. Parere paesaggistico della Regione, di impatto ambientale dell’Ente Parco, da cui è escluso tutto ciò che avviene in area petrolieri, e alla fine ti prescrivono anche il colore e il materiale degli infissi. Non gratis, ogni pratica un obolo. Danè in milanese. Poi c’è la Direttiva Uccelli, emanata dall’Europa che non trova il tempo di discutere ed emanare disgusto e sanzioni per Gaza ma che lo trova per occuparsi del benessere di rondini, rondinoni e persino delle taccole dagli occhi di ghiaccio, tanto amate da Lorenz. Che peste li colga! Come direbbe Ubaldo Lay a margine di una famosa pubblicità del Biancosarti.

E quindi intonaci ruvidi e impalcature da montare in periodi in cui le specie volatili non nidificano e se proprio ti scappa di gettare un poco di calce qua e là occorre fare dei nidi provvisori sulle impalcature. Tutto ciò in un posto dove di muri e case vuote è pieno zeppo e dove c’è abbondanza di scelta per gli impavidi nidificatori. Fatto questo di farmi un bel terrazzino in parte del tetto neanche per sogno! La casa è in pieno centro storico e quindi niet.

Invece a Milano basta una SCIA per fare un grattacielo. Operosità ed efficienza lombarda, versus la burocrazia borbonica del malefico Sud. Poi mi viene in mente che i Borbone non determinano un belin da 165 anni e che il Bel Paese, suo malgrado, fu unito da inglesi e francesi per mano di Garibaldi e Cavour e quindi le regole dovrebbero essere uguali dal Manzanarre al Reno e dalle Alpi alle Piramidi.

Prima che l’arguto Polito se ne esca nuovamente con la schadenfreude, gioia dei terroni per le sfortune dei nordici, devo dire che a me il quartiere Isola con i suoi grattacieli piace. Pedibus calcantibus si procede da Piazza della Repubblica fino a Corso Como senza incrociare un motorino costeggiando il Bosco in Città. Insomma una Doha, o Dubai dei poveri, per chi non può pagarsi il biglietto o non è un emiro e fatta con i fondi del Qatar in pieno stile qataregno.

Ho lavorato a Milano dagli anni Ottanta in poi per una quarantina di anni. A via Giovanni da Procida c’erano le case di ringhiera vicino alla palazzina dove abitava Mike Bongiorno. Poco lontano via Paolo Sarpi e il mercatino di via Fauchet il sabato. Lo ricordo con amore e mi chiedo quale abbrutimento culturale abbia spinto i ricchi milanesi ad abitare nei grattacieli. Che fine ha fatto la vita di quartiere e la vicinanza e che c’entra il quartiere Isola con Milano? E poi, la mia cultura contadina, mi spinge a ritenere che le piante vadano tenute lontane della mura delle case per evitare formiche e insetti. Ma forse anche gli insetti trovano troppo caro l’habitat. E dove nidificheranno le rondini sulle superfici lisce dei grattacieli? Forse la meneghina tecnologia ha reso ruvide le enormi vetrate?

Nella Milano che ricordo c’erano Gaber e Jannacci. Alla Palazzina Liberty, nei pressi di Viale Corsica, dove c’era l’Alemagna, recitavano Dario Fo e Franca Rame. Non credo si sognassero nemmeno lontanamente di abitare in un grattacielo. Dario Fo l’ho incontrato a Porta Romana una volta. Abitava in zona. Ora però è il tempo di Fedez e Ferragni, amen. All’epoca sindaco di Milano era Tognoli. Poi venne Formentini e sua moglie, la sciura Vittoria, e la gestione strapaesana della città.

Poco interessa ai politici meneghini se gli studenti trovino cari gli alloggi. Ci sono ottime università anche al centro Sud. Che rimangano lì. È da troppo tempo che Milano ha rinunciato al ruolo di Capitale Morale o almeno economica del Bel Paese. Milano pensava di assomigliare a Londra o New York. Mio padre, terrone come me, diceva sempre: Milan l’è un gran Milan. Ora, a furia di guardarsi l’ombelico, è solo una piccola Doha.

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Il Fatto Quotidiano

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