Microlino, la citycar elettrica minaccia di abbandonare l’Italia: servono gli incentivi
- Postato il 10 novembre 2025
- Auto Elettriche
- Di Virgilio.it
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C’è qualcosa di profondamente simbolico nella parabola della Microlino, la piccola auto elettrica ispirata alla mitica Isetta degli anni Cinquanta. Nata come progetto italo-svizzero, costruita con cura artigianale nello stabilimento Cecomp di Torino, e celebrata come una delle soluzioni più intelligenti per la mobilità urbana sostenibile, oggi rischia di finire fuori dall’Europa per trasferirsi in Cina.
L’annuncio è arrivato dal fondatore Wim Ouboter, mente e anima del progetto insieme ai figli Oliver e Merlin. In un’intervista al quotidiano elvetico Aargauer Zeitung, l’imprenditore è stato lapidario: “Se l’Europa non agisce, la produzione non avrà più luogo qui in futuro”. Un avvertimento che suona come un ultimatum. Dopo 75 milioni di euro investiti e 4.800 Microlino prodotte, la famiglia Ouboter si trova ora di fronte a un bivio: o l’Unione Europea decide di riconoscere il valore dei micro-veicoli elettrici, o il progetto emigrerà verso lidi più accoglienti. In poche parole, servono gli incentivi.
Un’ingiustizia normativa
Alla base del problema non c’è la qualità del prodotto – che anzi, è considerata un piccolo gioiello di design e ingegneria – ma la mancanza di sostegno istituzionale. In Europa, infatti, i veicoli appartenenti alla categoria L7e, cioè i quadricicli leggeri e compatti, non beneficiano di incentivi, crediti di CO₂ o agevolazioni fiscali. Nulla di paragonabile, insomma, ai bonus concessi alle auto elettriche tradizionali, che in Italia arrivano fino a 11.000 euro.
Una disparità che penalizza chi prova a innovare dal basso, con soluzioni pensate per la città, dove l’auto leggera, efficiente e a zero emissioni avrebbe tutto il senso del mondo. Nel frattempo, però, modelli come Citroën Ami o Fiat Topolino, sostenuti da gruppi industriali più strutturati, riescono comunque a farsi spazio. Microlino, invece, pur avendo convinto gli appassionati, non è mai riuscita a sfondare nelle vendite.
Torino appesa a un filo
Lo stabilimento Cecomp di La Loggia, alle porte di Torino, rischia ora di restare senza futuro. La produzione, già sospesa a marzo, non è mai ripartita a pieno ritmo. L’azienda non ha rinnovato i contratti ai lavoratori temporanei, segno che la fiducia nel rilancio è sempre più fragile.
Eppure, la storia della Microlino sembrava destinata a un finale diverso. Un design compatto e accattivante, portiera anteriore come l’Isetta, due posti secchi, autonomia fino a 230 km e ricarica in poche ore da una normale presa domestica. Tutto confezionato in un’estetica vintage, ma con cuore tecnologico. In breve, una formula perfetta per le città europee. Solo che l’Europa, paradossalmente, non sembra credere in sé stessa.
La Cina chiama
Dall’altra parte del mondo, invece, la Cina spalanca le porte. Ouboter ha confermato di essere in contatto con investitori cinesi interessati al marchio, pronti a garantire incentivi e infrastrutture produttive già pronte. “Là – ha spiegato – esistono condizioni che rendono questo tipo di veicoli economicamente sostenibili. Se restiamo in Europa, rischiamo di chiudere”.
Nemmeno l’India, che pure era stata valutata come possibile alternativa, può competere con l’offerta cinese: costi più bassi, catene di fornitura già integrate e sostegno pubblico. Tutto quello che, in teoria, l’Europa dovrebbe offrire se davvero vuole guidare la transizione ecologica.
Bruxelles in ritardo
A dicembre la Commissione Europea dovrebbe presentare una proposta di legge per creare una nuova categoria intermedia di veicoli elettrici compatti, lunghi fino a 4,2 metri, con prezzi accessibili intorno ai 15.000 euro. Un passo nella direzione giusta, ma forse troppo tardi per Microlino.
Ouboter lo sa bene: i tempi della burocrazia non coincidono con quelli dell’impresa. Ogni mese che passa senza risposte è un mese in più in cui la piccola auto svizzera rimane ferma nei capannoni torinesi, mentre i concorrenti asiatici corrono.
Il paradosso europeo
Se davvero la Microlino dovesse spostare la produzione in Cina, sarebbe un paradosso perfetto: un simbolo della mobilità urbana europea, costruito in Italia e disegnato in Svizzera, costretto a emigrare per sopravvivere. Una storia che suona fin troppo familiare.
In fondo, la piccola auto con la portiera anteriore è sempre stata una metafora di leggerezza e ingegno, un invito a reinventare la città. Ma ora rischia di trasformarsi nell’ennesimo promemoria di come l’Europa sappia inventare, ma non sempre proteggere le proprie idee.