Meloni sulla spesa per la Difesa: Già nel 2025 il 2% del Pil
- Postato il 8 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Meloni sulla spesa per la Difesa: Già nel 2025 il 2% del Pil
L’annuncio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il Premier Time: la spesa per la difesa in Italia salirà al 2% già nel 2025
I generali hanno sempre un piano B. Nel caso non funzioni il Piano A. Diciamo la verità: il premier time di Giorgia Meloni al Senato, il secondo dopo due anni e sette mesi di legislatura, il primo dopo un anno e mezzo, era attesissimo. La premier abile nel dribblare le questioni ha tenuto il punto con il solito metodo: generica e elusiva. L’economia, ad esempio. Va bene perché abbiamo creato un milione di posti di lavoro, lo spread è molto basso e le agenzie di rating ci assegnano previsioni stabili.
«Siamo quindi affidabili e credibili». I costi dell’energia e il disaccoppiamento tra i costi di luce e gas? «Sapete una cosa, lo dico alle opposizioni: facciamo insieme in Europa una battaglia per il disaccoppiamento». Peccato che il prezzo oggi delle nostre bollette sia per metà dovuto al costo della materia prima e per l’altra metà a tasse e accise. Ma intervenire su queste, come già fece Mario Draghi, vorrebbe dire levare entrate alle case dello Stato. E su questo Giorgetti non transige.
Insomma, iniziato alle 13.30, sono bastati venti minuti per capire l’andazzo della giornata. Nella migliore delle ipotesi un pareggio tra maggioranza e opposizione. Magro bottino per le opposizioni che accusano la premier di fuggire il Parlamento e le questioni importanti. Così i “generali” hanno attivato il Piano B. Matteo Renzi – dopo un acceso faccia a faccia in aula con Meloni – si è piazzato nel salone Garibaldi, il Transatlantico di palazzo Madama, e a un capannello di giornalisti ha svelato la vera strategia della premier: consapevole di avere davanti molti passaggi stretti, sia nelle riforme e nei successivi referendum che in campo economico, Meloni sta pensando di cambiare la legge elettorale, l’attuale Rosatellum, con collegi proporzionali assegnati a chi ottiene il 40% dei voti grazie a un premio del 55%.
E poi andare dritta a votare, anticipando così la fine della legislatura. Giuseppe Conte, anche, ha attuato un piano B: si è presentato al Senato (lui è stato eletto alla Camera) e ha a lungo conversato con i giornalisti prima e dopo il premier time e l’intervento del suo capogruppo Patuanelli (uno dei più puntuali). «Sono venuto qui perché voglio cercare di capire se abbiamo una premier che scende da Marte o un ologramma visto che parla ormai solo con video autopromozionali» ha detto l’ex premier lasciando poi palazzo Madama.
«Ho visto una Meloni veramente irriconoscibile, scollata dalla realtà. L’Istat oggi certifica il calo dei consumi sui generi alimentari, gli italiani non riescono neppure a fare la spesa alimentare e lei risponde con i dati dello spread, con le valutazioni delle agenzie di rating. Ma sta fuori di testa? Ma cosa spalmano gli italiani sul pane, lo spread?».
Renzi e Conte, due interventi fuori campo che limitano l’effetto Meloni per cui il governo sta facendo tutto bene, dall’economia alla politica estera a quella per la difesa. «È stato un top-top-top premier time» dice il senatore De Carlo, eterno candidato dei Fratelli d’Italia alla guida della regione Veneto. «Se le fanno domande generiche lei va a nozze» ammette il senatore-fratello Lisei. «È stata elusiva, la solita propaganda sui temi concreti» è il commento del capogruppo Pd Francesco Boccia.
Erano 10 domande, una per ogni gruppo parlamentare. La maggioranza si è concentrata su immigrazione (Fratelli d’Italia) ed è stata l’unica a cui la premier ha risposto scandendo bene le parole ed elogiando i centri per i rimpatrio in Albania da cui però non è chiaro quanti siano stati rimpatriati. I Centri, anche nella versione Cpr, non stanno dando gli effetti sperati. Lega, Forza Italia, Noi moderati hanno interrogato sui temi economici e su quelli di politica estera elogiando gli sforzi del governo. Le opposizioni si sono divise i temi.
Le interrogazioni, per regolamento, devono essere depositate una settimana prima. E quindi non prevedono l’attualità più stretta. Calenda (Azione) ha chiesto lumi su risorse e materie prime del 2% della Difesa. Domanda facile per una «patriota convinta che Italia e Ue debbano rafforzare la difesa». Meno soddisfatto il leader di Azione: «Riteniamo ci sia una grande confusione su un argomento su cui non ci può essere confusione. Il ministro Crosetto ha detto che il 2% lo raggiungeremo attraverso lo spostamento di poste di bilancio. Questo è un gioco delle tre carte non accettabile per un paese della Nato».
Matteo Renzi ha puntato dritto sulle riforme, tema difficile per un question time ma oggi è questo il cuore del problema del governo e della maggioranza Meloni. «Su cosa la dobbiamo giudicare visto che cambia idea su tutto?» la domanda del leader di Iv. «La madre di tutte le riforme – ha continuato Renzi – è diventata una suocera che nessuno vuole, un premierato di cui faremo i referendum nella prossima legislatura. Il governo dei patrioti sta privatizzando e svendendo pezzi interi di Paese, era la prima giustizialista, ancora deve chiedere scusa su Bibbiano, adesso è la prima garantista ma gli effetti non si vedono».
La Presidente stizzita ha rassicurato su un punto: «Non faro mai nessuna delle cose che lei ha già fatto prima, ad esempio dimettermi se va male un referendum». Il Pd ha chiesto conto del caro vita, del costo del carrello della spesa, degli aumenti di tariffe, imposte e tributi, del peso fiscale passato dal 41,4 al 42,6, sull’aumento dei poveri, due pagine di dati e percentuali. La premier ha risposto di non aver capito la domanda e comunque ha sfoderato tute le cifre positive nell’occupazione, nello spread, negli indici di borsa. «Facciamo il possibile – ha rivendicato Meloni – in una situazione complicata e dopo aver ereditato vari disastri».
Più o meno la stessa risposta arrivata a Verdi e Sinistra che l’hanno interrogata sull’aumento di gas liquido e di armi promesso all’America di Trump. «Io continuo a differenziare, cosa che avete iniziato a fare voi e 40 miliardi di investimenti in Usa è un numero che vi siete inventati».
A Patuanelli (M5s) che le ha chiesto conto di 25 mesi di calo nella produzione industriale, la risposta è stata: «La Nazione oggi va meglio di quando governavate voi».
Incomunicabilità totale. Che non può durare troppo a lungo visti soprattutto gli scenari economici.
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Meloni sulla spesa per la Difesa: Già nel 2025 il 2% del Pil