Mala lucana, Mare Nostrum in 59 verso il processo per mafia

  • Postato il 24 novembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Mala lucana, Mare Nostrum in 59 verso il processo per mafia

Dopo il maxi blitz “Mare Nostrum” in 59 verso il processo per mafia, estorsioni ai pescatori, spaccio e coinvolgimento politico. Attese le richieste di rinvio a giudizio del processo bis sulla confederazione mafiosa Scarcia-Scarci. Il sindaco di Scanzano al centro dell’inchiesta per l’inchino al lido del clan


Si va verso il processo per altre 59 persone indagate nella maxi-inchiesta della Dda sulla confederazione mafiosa tra il presunto clan Scarcia di Policoro, e i cugini tarantini della famiglia Scarci, da anni di base a Scanzano Jonico. Incluso l’attuale primo cittadino di Scanzano, Pasquale Cariello.

MAXI INCHIESTA MARE NOSTRUM, IN 59 VERSO IL PROCESSO

L’avviso di chiusura delle indagini è stato notificato in estate. Al più tardi agli inizi del 2026, quindi, si attende l’avvio dell’udienza preliminare sulle richieste di rinvio a giudizio formulate a firma dei pm Marco Marano e Angela Continisio.
I capi d’imputazione sono un’ottantina, in larga parte sovrapponibili a quelli già finiti a dibattimento per i 19 destinatari delle ordinanze di misure cautelari spiccate a ottobre dell’anno scorso.

I CAPI DI IMPUTAZIONE

In 21 persone, in particolare, si sono visti contestare l’accusa di associazione mafiosa in concorso con i 17 già arrestati e a processo nella città dei Sassi.
Poi ci sono una serie di estorsioni ai danni di pescatori, spacciatori di droga che osavano mettersi a lavorare «al mare», e imprenditori di vario tipo. Dal giostraio costretto a far sedere nei posti migliori delle giostre le figlie di Damiano Manonio, cognato del boss Salvatore Scarcia, al proprietario del negozio di utensili forzati ad assumere due persone raccomandate dal suo autista.

MARE NOSTRUM, LE ESTORSIONI AI PESCATORI

Passando per i pescatori allontanati dallo specchio di mare tra Policoro e Scanzano, o costretti a cedere una quota del pescato, e i ristoratori obbligati a rifornirsi dai di prodotti ittici dai presunti clan confederati.
Nicola Stigliano e Grazia Ferrara, marito e moglie di Policoro, sono accusati di turbativa di gara per aver chiesto e ottenuto un intervento del boss degli Scarcia per scoraggiare un potenziale acquirente dei beni della madre di lui, finiti all’asta.

L’INDUZIONE A NON RENDERE DICHIARAZIONI

Al boss e a un avvocato di Taranto, Rosaria Trani, è contestata anche un’ipotesi di “induzione a non rendere dichiarazioni” aggravata dalle finalità mafiose. Per aver convinto un quasi affiliato diventato collaboratore di giustizia a ritrattare le dichiarazioni rese ai pm.
Poi c’è il caso del presunto “inchino” durante la processione di barche della Madonna del mare, che ogni anno, a Ferragosto, costeggia il litorale tra Scanzano e Policoro.

TURBAMENTO DI FUNZIONI RELIGIOSE

I pm ipotizzano l’accusa di turbamento di funzioni religiose, aggravato dalle finalità mafiose, a carico del sindaco di Scanzano Cariello, già consigliere regionale della Lega, che ha
Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, infatti, avrebbe fatto fare una sosta non prevista al corteo di barche, mettendosi al timone di quella con la statua della Madonna. Una sosta di un quarto d’ora giusto davanti al lido confiscato anni fa agli Scarcia. Lì dove sarebbero sostate tirate a secco, «senza autorizzazione alcuna», le barche «della famiglia», e a fine dicembre del 2023 risulta intercettato dai carabinieri un carico di 13 chili di esplosivo destinato, per scopi mai chiariti, ad Andrea Scarci.

LE ESTORSIONI

Tra le vicende oggetto di contestazioni dei pm c’è anche quella di una friggitoria realizzata «in totale assenza di titolo abitativo», in un lotto in via Lido Torre, a Scanzano, «in area sottoposta a vincoli paesaggistici». O l’occupazione di una struttura «adibita a porto, luogo di sbarco e riparo», realizzata dal Comune di Policoro con fondi europei, e allacciata abusivamente alla rete elettrica e alla rete idrica.
In quattro, inoltre, sono indagati per aver tentato di estorcere 10mila euro al un dipendente di Total impegnato nel programma di estrazioni di petrolio e gas di Tempa Rossa, nella Valle del Sauro. Tentativo fallito a causa del trasferimento all’estero della vittima.

MARE NOSTRUM A PROCESSO ANCHE IL PRESUNTO MONOPOLIO SULLA PESCA

L’inchiesta dei pm dell’Antimafia lucana, soprannominata operazione “Mare nostrum”, ruota attorno a un presunto monopolio sulla pesca nello specchio di mare antistante i comuni di Policoro e Scanzano Jonico, ripartiti tra il gruppo guidato da Salvatore Scarcia e i cugini Scarci.

Gli inquirenti hanno teorizzato anche l’esistenza di un «quadrato ambientale», ovvero «uno spazio sociale in cui alla collettività — operatori economici e cittadinanza tutta — sono note la presenza del sodalizio e le regole informali mafiose (spietatezza dei metodi, ineluttabilità delle reazioni sanzionatorie e codici di comunicazione)».

L’INCHINO DEL SINDACO DI SCANZANO

A ottobre dell’anno scorso, dopo l’ampio risalto giornalistico ricevuto dalla vicenda dell’ “inchino”, il sindaco di Scanzano aveva negato con forza ogni addebito.
Cariello aveva liquidato come «frutto di incomprensioni e ricordi sbiaditi», in particolare, le dichiarazioni del parroco che era con lui sulla barca con la statua della Madonna del mare durante la processione incriminata. Definendolo un «don Abbondio» lucano.
«Ribadisco di non essermi mai inchinato a nessuno né, tanto meno, alle persone oggetto di provvedimenti restrittivi, soggetti a me sconosciuti e mai incontrati». Queste erano state le parole, sdegnate, del sindaco di Scanzano, tendenti ad accreditare un complotto politico-giudiziario ai suoi danni.
Di «dichiarazioni del tutto travisate» aveva parlato anche il parroco della chiesa Maria Santissima Annunziata, don Francesco Lauciello.

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