Ma a che "serve" un direttore d'orchestra?

  • Postato il 7 ottobre 2025
  • Di Focus.it
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Le recenti notizie (e le relative polemiche!) sulla nomina della nuova direttrice musicale del Teatro La Fenice di Venezia hanno riportato in primo piano (tra l'altro) una domanda che da sempre anima soprattutto i profani che assistono a un concerto sinfonico: ma a cosa serve un direttore d'orchestra? Nella partitura (lo spartito) non sono contenute tutte le indicazioni per far suonare insieme decine di musicisti? Già, perché, pregiudizi a parte, molti pensano che il direttore d'orchestra sia una specie di metronomo umano, che semplicemente deve tenere il tempo per tutta l'orchestra agitando le braccia, e cogliendo magari l'occasione per fare pure "un po' scena"... In realtà le cose (ovviamente) non stanno così.. Il ruolo del direttore d'orchestra tra storia e metafore «Il direttore è come il cervello di un pianista» dice Enrico Melozzi, direttore d'orchestra e produttore discografico (nella foto). «Le dita sanno cosa fare, ma senza il cervello che le coordina regnerebbe il caos». Ma come, è la domanda comune, lo spartito non contiene tutte le indicazioni del compositore, necessarie per dare vita alla musica? «Lo spartito, di per sé, è carta morta: il direttore lo rende vivo, decide i fraseggi, i respiri, i colori. È lui a trasformare tante mani diverse in un unico corpo sonoro».

 Non è sempre stato così. «Con piccoli ensemble bastava il primo violino a dare il tempo», spiega Daniele Agiman, direttore d'orchestra e professore di Direzione d'Orchestra presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano (foto sotto), «ma quando le orchestre sono cresciute e le partiture si sono fatte più complesse, non era più possibile regolarsi a occhio. Così è nata la figura del direttore: prima come semplice battitore di tempo, poi come interprete con una visione d'insieme».. Tutto scritto? Non proprio Interprete, dunque, ma di cosa? In un concerto, si staranno chiedendo in molti, non basta che i musicisti seguano le note? In realtà no, ci sono diversi elementi interpretabili.
 «Se Beethoven (per esempio) ha scritto forte e poi piano, potrebbe sembrare in effetti tutto chiaro, definito», spiega Agiman. «Invece la domanda che ci si può porre è: quanto forte e quanto piano? Beethoven non ha certo fissato i decibel!». In altre parole, c'è un margine entro il quale il direttore dell'orchestra può muoversi. Ecco perché di una singola sinfonia è possibile trovare migliaia di versioni, che si distinguono tra loro per tempi e dinamiche.

 «Io per esempio amo le dinamiche estreme», ci spiega Melozzi, «con pianissimi impercettibili e fortissimi che travolgono, tempi lentissimi e tempi vertiginosi. Anche quando sembra tutto scritto, c'è uno spazio enorme per imprimere carattere. È lì che il direttore fa la differenza». Il linguaggio silenzioso del direttore E quindi come fa un direttore a dare la sua "impronta"? In che modo trasmette le sue indicazioni ai musicisti? Usa gesti, sguardi, respiri: quella che ai profani può sembrare "una messa in scena" è dunque un preciso linguaggio con cui il direttore comunica con decine di musicisti davanti a lui.

 «Sono movimenti tecnici codificati» dice Agiman. «Si imparano ovunque allo stesso modo: sono un esperanto dei gesti. Poi ogni corpo li personalizza. Bernstein per esempio saltava sul podio, Mravinskij muoveva appena appena le mani. Entrambi efficacissimi, ma con stili opposti». Quanto al metodo, Melozzi descrive il suo: «La bacchetta quasi non la uso, perché sono mancino e dunque la impugnerei con la mano sinistra, mentre per come è disposta l'orchestra andrebbe usata la mano destra. Così mi affido a mani, occhi, respiro… persino al mio ciuffo, che è diventato una bacchetta aggiuntiva: ogni gesto è un segnale, uno sguardo chiama un'entrata, un respiro segna l'inizio di una frase».
 A proposito di respiro, Agiman sottolinea l'importanza di quello collettivo: «La musica è inspirazione ed espirazione, vive di sistole e diastole, tensione e rilascio, come il cuore. Respirare insieme all'orchestra crea un senso di comunità: se respiriamo insieme, suoniamo insieme».. Il direttore in prova e in concerto Inoltre il compito" del direttore non si limita a ciò che gli vediamo fare in concerto. Anzi, la sua attività più rilevante si svolge lontano dagli sguardi (del pubblico), cioè durante le prove. «È nelle prove che nasce il 99% del risultato finale», spiega Melozzi. «Lì si stabiliscono tempi, colori, intenzioni». E ognuno lo fa con un suo stile: «Ogni direttore sviluppa un proprio modo», sottolinea Agiman, «c'è chi è più autoritario, chi più amichevole. Non c'è una ricetta unica: conta la capacità di guidare un gruppo umano verso un obiettivo comune».
 Melozzi rivela: «Io scherzo, faccio battute, alleggerisco la tensione, ma durante le prove so anche arrabbiarmi quando serve. In concerto invece non ci si ferma mai: il gesto diventa più teatrale, e tutta l'energia si concentra sull'interpretazione del momento». Come si capisce se un direttore è bravo E il risultato finale come si valuta? Come si fa a distinguere un direttore d'orchestra "bravo" da uno che non lo è? «Il direttore bravo», sottolinea Agiman, «è quello che fa crescere il gruppo o che almeno non lo danneggia. Quando c'è un nuovo direttore», prosegue, «i musicisti dopo ore di prova capiscono se il loro "livello" si è alzato, rimasto uguale o addirittura abbassato».
 Melozzi aggiunge anche considerazioni pratiche: «Il miglior direttore è quello che in meno tempo ottiene il miglior risultato. Un direttore strategico riduce i tempi di prova, fa risparmiare risorse e porta subito l'orchestra al livello giusto. E poi c'è l'elemento carisma: il migliore è anche quello che riesce a bucare il cuore del pubblico, a volte più di un cantante, pur non suonando né cantando». Bravo o meno, il direttore è il cuore dell'orchestra Il mito del direttore come "robot che tiene il tempo" è dunque da archiviare: il direttore è un traduttore e un leader, un interprete capace di fondere tecnica e sensibilità, disciplina e carisma. E come ogni guida, può essere giudicato bravo o meno, ma resta sempre il cuore pulsante che trasforma lo partitura in musica viva..
Autore
Focus.it

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