L’Onu: “Sono le persone più vulnerabili a pagare il prezzo delle crisi globali. Servono 47 miliardi di fondi”

  • Postato il 8 dicembre 2025
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Tom Fletcher, Sottosegretario Generale Onu per gli Affari Umanitari e Coordinatore degli Aiuti d’Emergenza lancia il Global Humanitarian Overview 2025 in cui si sottolinea che “ il mondo è in fiamme” e per spegnerle non bastano più proclami di buona volontá, ma servono più fondi per aiutare le centinaia di milioni di persone che si trovano a vivere nelle tante aree di crisi sparse in tutto il pianeta.

La realtà, a detta del Sottosegretario, e dell’evidenza, è, di conseguenza, un intricato groviglio di crisi diverse che si alimentano a vicenda. Insomma una policrisi a livello globale. “E sono le persone più vulnerabili del mondo a pagarne il prezzo. Abbiamo a che fare con l’impatto di conflitti, conflitti multipli e crisi di più lunga durata e di più intensa ferocia. Abbiamo a che fare anche con gli impatti della crisi climatica. E sorvolando il Ciad la scorsa settimana, ho potuto constatare di persona come le popolazioni già esposte alla povertà siano ora esposte anche a inondazioni e siccità. In terzo luogo, stiamo affrontando anche l’impatto della crescente disuguaglianza”. Questa combinazione – conflitto, clima e disuguaglianza – crea la tempesta perfetta dentro cui ci troviamo.

Nel rapporto dell’Ocha vengono analizzati tre dati: Il primo numero è 305 milioni. Si tratta del numero di persone in grave difficoltà che l’agenzia ritiene abbiano bisogno di aiuto nel prossimo anno. Il secondo: 47 miliardi ovvero i fondi che è necessario raccogliere e il terzo è 190 milioni, il numero di persone da raggiungere con gli aiuti entro la fine dell’anno. “Credo che dobbiamo reimpostare il nostro rapporto con chi ha più bisogno sul pianeta. Credo che sia necessario un aumento della solidarietà globale, ed è per questo che mi vergogno di questi numeri che, come comunità mondiale, come comunità internazionale, abbiamo lasciato salire a questo livello. Ed è per questo che, francamente, ho paura – e voi in questa sala lo sapete molto meglio di me – di tornare l’anno prossimo su questa poltrona a dire le stesse cose, ma con numeri leggermente più grandi. E questo mi riempie davvero di paura, perché dietro ognuno di questi numeri c’è un individuo, una persona”, ha affermato in modo accorato Fletcher.

Ma c’è anche speranza, spiega il neo Sottosegretario Generale e ERC (Coordinatore degli Aiuti d’Emergenza): “ Speranza perché nell’ultimo anno abbiamo sostenuto 116 milioni di persone”. Una cifra grande ma piccola per la mole miliardaria di bisognosi. E la speranza, o l’illusione, il Sottosegretario dice di averla appena provata grazie alle persone che ha incontrato in Sudan nel corso della sua prima visita di ruolo nel luogo della più grande crisi umanitaria del mondo. “Persone come Mama Nour, di cui ho visitato il centro, che aiuta donne che hanno subito più volte le più orribili violenze sessuali e che pensano che il mondo le abbia dimenticate”

Il messaggio di questa gente, riportato a noi da Fletcher è: “Non arrendetevi con noi perché abbiamo ancora speranza”. Ma la loro attesa, per non appassire, deve tradursi in aiuti concreti. La loro speranza deve essere basata su numeri e su progetti. Non può essere puro idealismo e velleità. “Questa è la nostra stella polare per il prossimo anno. Questa sarà la guida del nostro lavoro, non solo come sistema umanitario, ma come movimento umanitario, come comunità umanitaria. Perché questo lavoro è troppo grande perché la famiglia delle Nazioni Unite possa affrontarlo da sola: abbiamo bisogno di una coalizione più ampia che ci aiuti a rispondere a chi ne ha più bisogno”, si legge al termine del rapporto.

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