Lo sviluppo del lavoro va affrontato mettendo al centro i diritti, la legalità e il senso di giustizia
- Postato il 14 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Massimiliano Cannata*
Il lavoro è un fenomeno complesso, che si evolve continuamente. Presenta opportunità, sfide, drammi quotidiani, accelerazioni imprevedibili. Il suo sviluppo va affrontato con consapevolezza, visione del futuro, mettendo al centro i diritti della donna e dell’uomo, il senso di giustizia, il rispetto per la legalità. Questo il messaggio di fondo che è emerso nel dibattito “La nuova organizzazione del lavoro: tutele e diritti nell’era digitale” organizzato dallo Snfia (il Sindacato delle Professionalità Assicurative), che ha visto la partecipazione del filosofo Paolo Ercolani, della sociologa del lavoro Annalisa Dordoni, della giuslavorista Annalisa Rosiello e di Benedetta Cosmi, editorialista del Corsera.
“La potenza tecnologica – ha spiegato il segretario generale Saverio Murro – sta imponendo l’adozione di un nuovo paradigma, di nuovi assetti organizzativi, che devono misurarsi con le regole di un capitalismo che appare logorato da una crisi strutturale determinata dal naufragio del principio di solidarietà e dallo strapotere di pochi soggetti finanziari che orientano le scelte sul futuro del pianeta. Il ruolo dei corpi intermedi e del sindacato nell’ampio ventaglio di questa profonda trasformazione si rivela, perciò, decisivo per riequilibrare i guasti del sistema. La ricerca del profitto, legittimo obiettivo di chi fa impresa, deve coniugarsi con la responsabilità sociale, se si vorrà dare un percorso virtuoso all’evoluzione storica e politica”.
C’è bisogno di un’operazione verità che faccia comprendere le reali esigenze che attraversano l’universo produttivo. “Sta mutando il paesaggio ideologico e politico – ha ricordato Ercolani – lo stesso concetto di libertà sta subendo una metamorfosi, le grandi tradizioni filosofico-politiche, liberalismo, socialismo, pensiero cristiano-popolare che hanno guidato la storia dall’Ottocento al XX secolo sembrano appassite, tutto questo ci ha lasciato smarriti, privi di una bussola”. Se questo il quadro appare difficile capire dove il mondo sta andando, preoccupa una politica senza pensiero, insieme alla progressione di un’economia priva di valori.
Il tema salariale rimane l’urgenza più drammatica anche se non l’unica, come dimostra il numero crescente di poor workers destinati a rimanere ai margini del sistema. Tanti i fenomeni che balzano agli occhi: dalle dimissioni di massa, realtà emergente non solo oltreoceano, al job hopping, che si traduce – ha commentato Annalisa Rosiello – “nel ‘salto’ schizofrenico da un lavoro all’altro; quiet quitting, una sorta di licenziamento silenzioso che fa comprendere il distacco tra datore e dipendente, che disvela una dimensione alienante che credevamo facesse parte di un vecchio retaggio tayloristico, evidentemente ancora difficile da estirpare”. Riavvicinare i tempi di vita e di lavoro adottando criteri organizzativi “virtuosi” potrebbe aiutare a superare la pericolosa equazione flessibilità-precarietà, che si è spesso tradotta in una grave percezione di insicurezza e di instabilità.
Molte aziende che pure si muovono nel terziario avanzato (settore analizzato da Annalisa Dordoni) sembrano non aver compreso che non serve il controllo pedante delle ore lavorative. Sarebbe invece più utile destinare maggiori risorse per consolidare delle modalità di smart working e di settimana corta, strumenti innovativi che possono aprire un terreno utile alla sperimentazione di forme avanzate di welfare aziendale, creando i presupposti perché l’azienda possa diventare uno “spazio di possibilità”, aperto alle sfide del tempo presente.
Amnesie e disfunzioni strutturali portano a chiedersi se esistono ancora le condizioni per ritrovare la strada tracciata dai padri Costituenti, che avevano tracciato un “doppio legame” tra l’iniziativa economica, utilità sociale, sicurezza e dignità della persona. Stiamo parlando di asset valoriali posti a fondamento di quella democrazia liberale che il “finanz-capitalismo” sta svuotando di contenuti, alimentando l’individualismo e la frammentazione del corpo collettivo che ci sta proiettando nel baratro di una democrazia senza cittadini.
Sanare questa deriva sarà un compito molto preciso del sindacato se vogliamo tentare di gettare le basi di quella “età dei diritti” che, come sosteneva Norberto Bobbio, rivendica una posizione di centralità dell’uomo nel mondo.
*Filosofo e giornalista, si occupa di cultura d’impresa e innovazione sociale
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