Lo sciopero generale ferma l’Italia: “Due milioni nelle piazze”. Da Roma a Isernia, l’onda contro il silenzio sul genocidio a Gaza
- Postato il 3 ottobre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Lo sciopero generale ferma l’Italia per un giorno. Una risposta stentorea ai tentativi di inquadrarlo come “week end lungo”, copyright di Giorgia Meloni. Uno sciopero che parte da lontano e poggia i piedi in un’indignazione crescente per l’immobilismo dei governi, italiano ed europei, di fronte al massacro dentro la Striscia di Gaza. La scintilla in grado di ingrossare l’onda che ha travolto il Paese da Torino a Catania, passando per oltre cento città, alla fine è stato l’abbordaggio della Global Sumud Flotilla con 44 italiani arrestati da Israele in acque internazionali. I cortei spontanei di mercoledì sera e il bis di giovedì sono stati l’antipasto delle manifestazioni, imponenti e in larghissima parte pacifiche, che hanno invaso le strade del Paese.
Un’onda contro il silenzio sul genocidio
In testa Cgil, Usb e Cobas a scandire i tempi, dietro due milioni di persone – questi i numeri dei sindacati a fine giornata – per chiedere all’esecutivo una mossa, un sussulto, qualcosa di fronte al genocidio del popolo palestinese che non siano la difesa a oltranza delle mosse di Benjamin Netanyahu e la criminalizzazione di una carovana di barche. I freddi dati raccontano molto, ma forse a cristallizzare la situazione in maniera ancor più incisiva è un comunicato della questura di Roma, dove il serpentone ha raggiunto una lunghezza superiore ai 3 chilometri nel primo pomeriggio. Solitamente attenti a centellinare aggettivi e calibratissimi nel quantificare le migliaia di partecipanti, gli uffici della Polizia hanno scelto queste parole per comunicare la necessità di modificare il percorso: “Stante la straordinaria partecipazione, il corteo proseguirà in direzione stazione Tiburtina”.
Dai 300mila di Roma a Isernia, quante piazze
Centomila, duecentomila, trecentomila: chissà. Vien bene un termine inglese, alla fine, per descrivere la marea riversatasi per le strade di Roma: uncountable. Ed è così non solo nella Capitale, dove sabato si replica con la manifestazione del Global Movement to Gaza. A Milano, a un certo punto, il torpedone umano ha la sua testa lungo viale Romagna, in zona Politecnico, e la coda è ancora ferma in porta Venezia in attesa di partire: tragitto autorizzato alla mano, fanno circa 4 chilometri. “Siamo centomila”, detta la Cgil che ferma i propri in piazzale Leonardo mentre Usb e collettivi, insieme al grosso dei partecipanti, prosegue puntando la tangenziale per bloccarla, come già concordato con le forze dell’ordine. Anche a Bologna ne annunciano 100mila, a Torino si contano 70.000 persone, cinquantamila a Napoli, Genova dice 40.000, diverse decine di migliaia anche a Palermo, Bari, Brescia, Reggio Emilia e Ferrara. Ma le strade sono invase anche Livorno, Trieste, Ancona, Aosta, Parma, Pisa, Campobasso e Isernia e così via, fino a oltre cento città.
I blocchi e gli scontri (fatti da pochi)
Il grido è sempre lo stesso, quello lanciato dall’Usb che ha avuto la visione, avendo radici ben piantate nei porti da dove transitano i container di armi destinate a Israele, di intercettare la protesta mentre gonfiava dal basso: “Blocchiamo tutto”. E così alla fine è successo dopo la già riuscita mobilitazione del 22 settembre, quando dal sindacato si autodefinivano stupiti della riuscita dello sciopero. Le manifestazioni, molto spesso in maniera autorizzata, raggiungono grandi arterie stradali come tangenziali e autostrade, ma anche porti e stazioni. A Pisa tracima anche sulla pista dell’aeroporto, fermando il traffico aereo. Non mancano momenti di tensione quando dalla marea umana sbucano gruppuscoli di antagonisti, centri sociali e “maranza”. Accade principalmente nelle grandi città, ma non a Roma dove è alta l’allerta per il corteo di sabato perché convoleranno anche centinaia di esponenti di Askatasuna. Si registrano scontri e poliziotti feriti a Milano, Torino, Bologna, tuttavia gli attacchi agli uomini in divisa sono un rivolo di fango in mezzo all’onda che ferma il Paese e interroga il governo e la maggioranza.
Il duello governo-sindacati
Per giorni hanno tentato di screditare le ragioni della protesta e attaccare i sindacati, anche se operativamente – alla fine – le smanie di precettazione del vicepremier Matteo Salvini sono state sedate da Palazzo Chigi. Così, mentre i profili social di Fratelli d’Italia smazzavano post al vetriolo contro Maurizio Landini e le opposizioni in piazza, il leader della Lega ha tentato un’altra sortita: “I lavoratori rischiano sanzioni”, ha detto a piazze già piene. Un falsità che fa da rumore di fondo, alla quale rispondono le minoranze in coro difendendo il diritto allo sciopero e accusando Meloni e il suo governo di “giocare sporco”, nonché i manifestanti romani con un lancio di uova contro il suo ministero al grido di “dimissioni”.
La protesta che monta
Così a sera Salvini è tornato a schiumare puntando sugli agenti feriti: “Abbiamo voluto dare una chance alla Cgil di fermarsi, lo sciopero era stato dichiarato illegittimo, perché si dichiarano con 10 giorni d’anticipo e non due, ma hanno voluto tirar dritto. Siccome ci saranno altri 40 scioperi da qui a fine anno – ha minacciato – saprò, a questo punto, come tutelare milioni di italiani. Abbiamo dato una chance, hanno preferito fare guerra politica, parlando di pace, sapremo come comportarci”. Schermaglie, battaglie verbali, che il leader leghista continua a mettere in serie dal primo sciopero di due settimane fa, quando propose la boutade della cauzione per chi organizza una manifestazione, irritando Fdi e venendo subito scaricato da Forza Italia. L’onda è lunga, si è ingrossata e non ha veri referenti politici: abbraccia studenti e pensionati, lavoratori e attivisti. Meglio governarla, perché due milioni di persone nelle piazze, in maniera diffusa e frequente, non si vedevano da decenni. Con il moto profondo innescato dalla Flotilla potrebbe non essere l’ultima volta.
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